Sviluppato da Flying Wild Hog e pubblicato da Devolver Digital, Trek To Yomi è un originale videogioco d’azione a scorrimento prettamente orizzontale che punta moltissimo sullo stile e sull’impatto visivo, offrendo una trama lenta ma efficace. Noi abbiamo vissuto il percorso del samurai sulla nostra Xbox e siamo pronti a regalarti una recensione approfondita. Sei pronto a intraprendere un viaggio di vendetta, perdono… e dolore? Tanto dolore.
Trek To Yomi: Hiroki e i suoi dolori
Il protagonista indiscusso di Trek To Yomi è Hiroki. Un samurai che si ritrova, suo malgrado, a vivere profondi dolori già in tenera età. Facciamo la sua conoscenza proprio durante un allenamento col suo maestro. Un maestro severo ma punto di riferimento dell’intero villaggio. Questi oltre a insegnare l’importanza dei legami e dell’onore, è anche colui che addestra Hiroki nella via della spada e che ci insegnerà i comandi in un tutorial breve ma utile. Purtroppo il maestro uscirà presto di scena e il prologo ci vedrà impegnati a seguirlo per strade e stradine, tra cittadini incuriositi e soprattutto ignari di quello che sta succedendo fuori dalle porte…
Briganti. Sono loro i primi che bagneranno con il loro sangue la nostra lama. Sono i primi che riempiranno il cuore di Hiroki di un dolore destinato a crescere di capitolo in capitolo, in un crescendo di rabbia che porrà il nostro protagonista ad affrontare persino se stesso (i propri ideali, le proprie promesse, il proprio percorso). Saranno molteplici le situazioni che lo vedranno percorrere e spesso correre, lungo una via di morte e distruzione, incontrando innumerevoli personaggi destinati quasi sempre a un ruolo di mera comparsa salvo Aiko, figlia del maestro e sua compagna.
E ci fermiamo qui, lasciamo a te svelare l’intreccio di Trek To Yomi che non brilla certo di originalità ma riesce a catturare l’interesse e a trascinarti lungo quello che sembra essere un vero e proprio film giapponese d’altri tempi – non per niente è evidente l’omaggio e la passione per i film di Akira Kurosawa.
Ti anticipiamo che il gioco presenta più finali nonostante una struttura ludica apparentemente molto lineare. Non mancheranno alcune sorprese ma quello che riesce a catturare è la riproduzione fedele di quel mondo fatto di onore, dolore e disciplina che da sempre caratterizzano i samurai. Riuscirà Hiroki a rispettare le sue promesse o il destino lo porterà oltre i propri limiti?
Gameplay: è questione di riflessi
Il gameplay di Trek To Yomi è abbastanza classico, rientrando negli standard del genere action orizzontale. Banalmente, si procederà spesso lungo un unico percorso, affrontando un nemico alla volta (uno per lato almeno, ma su questo ci torneremo tra poco) in scontri che premiano prevalentemente i riflessi e le combo.
Queste ultime non sono molto complesse e gran parte verranno sbloccate trovandole negli ambienti o sconfiggendo determinati nemici. E anche i nemici sono dotati di combo e pattern d’attacco prestabiliti. Il gioco infatti, non cela una lieve vena da “soulslike” con picchi di frustrazione notevoli soprattutto nelle modalità difficili.
A nostra disposizione avremo la katana, con cui a seconda della direzione e di quante volte si premerà il tasto d’attacco, si realizzeranno determinate mosse, più o meno veloci. Mosse che potrai concatenare per portare il nemico alla morte o semplicemente per stordirlo e poi finirlo. In quest’ultimo caso, con un tasto dedicato, potrai attivare brevi e brutali mosse automatiche che porteranno il tuo avversario allo Yomi (la terra dei morti) in modo definitivo.
Oltre alla katana, avremo a disposizione anche armi a distanza, i cui “proiettili” possono essere trovati lungo i percorsi (sempre se li vedremo…). L’arma a distanza non è un orpello inutile ma anzi, può essere utilissima per rallentare un nemico. Siamo ben lontani dall’efficacia della nostra spada (che può eliminare un nemico anche con un solo affondo) ma non è da sottovalutare, soprattutto in caso di nemici numerosi.
Hiroki può anche parare determinati colpi ma gli costerà fatica (sempre ben visibile grazie alla barra della stamina) o schivare. Schivando, sarà possibile effettuare dei contrattacchi, utilissimi per ribaltare le sorti di alcuni duelli. Infine, c’è un tasto dedicato al cambio di “direzione”. Praticamente ci permette di voltarci ora a destra, ora a sinistra. Questa possibilità che all’inizio potrebbe sembrare quasi accessoria, diventerà fondamentale con l’avanzata dell’avventura in quanto i nemici arriveranno a colpirci da entrambi i lati e starà a noi decidere dove dare la priorità per evitare di soccombere.
Da segnalare che alcune volte questi episodi sono difficili in modo gratuito e richiedono più tentativi per riuscire a comprendere chi colpire prima e come. Da segnalare inoltre un limite “logico” e tecnico (essendo sviluppato in orizzontale) che vede gruppi copiosi di nemici aspettare su sfondo il loro turno per poi affrontarci… laddove la coerenza realistica li vedrebbe caricarci tutti insieme per eliminarci facilmente.
Lo sviluppo orizzontale comunque non è onnipresente, anzi. Nelle fasi di esplorazioni, quelle dove la nostra katana riposerà dolcemente nel suo fodero, il gioco azzarda movimenti tridimensionali, offrendo profondità ad alcune location e sviluppandosi timidamente anche in verticale. Ma è in queste fasi che il gioco presta il fianco a diverse problematiche dovute principalmente alla scelta stilistica.
Da segnalare un utilizzo quasi sempre perfetto dei checkpoint che oltre a essere un vero e proprio punto di salvataggio, ci ricaricheranno l’energia. Questa va tenuta costantemente d’occhio. Può essere potenziata con alcuni oggetti ben nascosti ma basteranno davvero pochi colpi (specialmente nelle modalità più difficili) per scaraventarci brutalmente contro il game over. E durante la seppur breve avventura… il game over lo incontreremo eccome.
Grafica: bianco e nero, bello ma non sempre comodo
La scelta stilistica di realizzare l’intera opera in bianco e nero è d’impatto. Può non piacere a tutti ma funziona, fornisce un’identità propria e copre anche la povertà o il riciclo di alcuni ambienti. Il problema è che il bianco e nero sono un ostacolo al gioco stesso. Questo perché il percorso in cui muoversi, soprattutto nelle fasi d’esplorazione, non è sempre visibile e ti capiterà di finire contro pareti invisibili.
Sempre per lo stesso motivo, la ricerca dei collezionabili (molto interessanti grazie alle loro descrizioni) non è gradevole e va quasi completamente alla cieca. Ogni collezionabile, infatti, si autoevidenzia con una piccola nuvoletta bianca ma questa appare solo se ci si avvicina abbastanza.
Da segnalare anche qualche calo di frame rate, soprattutto con molti nemici su schermo ma niente di troppo grave. Nota molto positiva invece il sonoro. Tra grida strazianti, pianti ed effetti ambientali, oltre a musiche idonee al racconto, c’è da evidenziare un utilizzo attento di alcuni suoni. Ad esempio, seguire determinate urla potrebbe portarci in un edificio invaso dal nemico e aiutare così gli abitanti, liberandoli da un destino infame.