Sviluppato da Steelkrill Studio e pubblicato in sinergia con Ratalaika Games, Trenches è un survival horror game in prima persona che ti abbandona, da solo, in un labirintico sistema di trincee ambientato nella prima guerra mondiale. Noi abbiamo affrontato gli orrori sulla nostra PlayStation 4 e questa è la nostra recensione. Pronto a perderti tra le trincee?
Trenches: gli orrori della grande guerra
In Trenches indossiamo i panni di un soldato, tale James, che si risveglia, da solo, in una trincea buia e piena di orrori indicibili. Siamo nel periodo della prima guerra mondiale, nel 1917, e ora dobbiamo fare i conti con quanto fatto e vissuto.
Trenches è impostato in prima persona e ci impone scopo quello di raggiungere la famiglia del povero soldato. Il primo oggetto che vediamo, infatti, è proprio la foto di una famiglia, la nostra. Il problema è che fuggire dalla trincea non è così facile. Il luogo, infatti, è un labirinto buio dai confini stretti e quasi tutti uguali tra loro. E, come se non bastasse, non siamo da soli.
Quel dedalo in legno sporco di sangue, e costantemente flagellato dalla pioggia incessante, è infatti pieno di orrori. Reali o immaginari? Sta a te scoprirlo. Possiamo però anticipare che sarai braccato da una creatura oscura che farà di tutto per eliminarti. La storia di Trenches è spalmata in una serie di oggetti che potrai trovare in giro per il labirinto e che compongono l’esperienza in guerra e il passato del nostro protagonista e del suo battaglione.
Trenches è un gioco dall’animo brutale che non fa sconti con foto, immagini descrizioni. Parliamo di un vero e proprio strapiombo negli orrori della guerra, nella mente di un uomo afflitto dalla sofferenza. Un qualcosa che non dovrebbe mai più accadere e che lascia segni indelebili tanto sul corpo quanto nella mente.
Trova l’uscita e scappa!
Trenches è un survival horror in prima persona che si avvicina in gran parte al genere dei walking simulator. Infatti, non faremo altro che camminare, nasconderci e raccogliere oggetti.
Interamente vissuto in prima persona, noi potremo camminare, correre (ma ciò creerà rumore), accovacciarci (creando molto meno rumore) e suonare un particolare fischietto. Questo è uno strumento essenziale di cui però, non dobbiamo abusare. Suonandolo, infatti, sentiremo un pianto di un bambino. Seguire quel pianto, è uno dei nostri pochi indizi verso la salvezza. Purtroppo, allo stesso tempo, suonare il fischietto allerterà l’orrenda bestia che verrà quindi a cercarci.
Inoltre, c’è da segnalare, ed è il gioco stesso a ricordarlo più volte, che la stessa creatura può simulare il pianto del bambino. Sta al nostro udito decidere a quale suono affidarsi.
Sfuggire alla bestia non è facile: una volta scoperti, questa ci inseguirà con molta tenacia. Dovremo quindi utilizzare con saggezza i nascondigli a disposizione e memorizzare l’intricato labirinto a nostra disposizione. Se veniamo beccati, è game over e si ricomincia dal principio. Trenches, infatti, propone un’esperienza relativamente breve che può durare circa mezz’ora se si trovano subito gli indizi e la relativa via di fuga.
Inoltre, se sfuggire dal mostro non è tanto facile, allertarlo è abbastanza complesso. Il mostro non spicca d’intelligenza e almeno che non gli corri davanti o ti metti a suonare il fischietto a ripetizione, dovresti riuscire a sopravvivere senza problemi.
Ma Trenches non finisce qui. Per arricchire l’esperienza di orrori, gli sviluppatori hanno deciso di inserire un gran numero di jumpscare. Devi veri e propri micro eventi che sbucheranno a caso durante la tua avanzata.
Saremo onesti, l’idea di essere travolti da qualsiasi cosa all’improvviso crea una certa ansia e i jumpscare, soprattutto all’inizio, funzionano. Purtroppo però, sono decisamente troppi e tendono a ripetersi tra loro.
No Jumpscare Mode
Questo porta un evento potenzialmente spaventoso a diventare semplicemente un fastidio, noioso e perfino prevedibile. E il gioco ne è consapevole, non per niente oltre alla modalità principale, potrai decidere di vivere l’esperienza con la modalità denominata “No Jumpscare mode”. Purtroppo, la suddetta modalità porta il gioco a essere quasi del tutto vuoto, tolto gli eventi base e il mostro. Questo perché il titolo è dotato di un’ambientazione terribilmente monotona e spoglia che crea sì un senso di smarrimento ma che alla lunga stanca.
A tal proposito, perdersi fra le trincee è facilissimo se non fosse per la mappa che potrai localizzare in determinati punti. Per non parlare di alcune particolari scritte o oggetti posizionati in giro. Nel corso delle diverse run, dovrai quindi sopravvivere all’orrore e cercare di memorizzare il percorso e l’ordine delle cose da fare per poter conquistare l’agognata libertà.
Grafica e sonoro
Graficamente, Trenches presta il fianco a diverse critiche. L’impatto generale ci riporta almeno a una generazione e mezza fa, con effetti visivi non sempre ben riusciti. La luce, ad esempio, ogni tanto si spezza e rimane in fondo allo schermo senza alcun reale motivo scenico. C’è anche un eccessivo riciclo di elementi che rendono il labirinto estremamente uguale e monotono. Anche i dettagli dei pochi oggetti a disposizione non brillano. Perfino il mostro non crea il giusto orrore visivo, tutt’altro.
I jumpscare sono quelli classici e funzionano soprattutto quelli ad “apparizione e scomparsa” dove non puoi focalizzare bene ciò che appare a schermo.
E il “vedo-non vedo” è uno degli elementi grafici più riusciti del titolo. Questo, infatti, oltre ad agevolare il titolo nel caricare man mano il percorso (senza alcun caricamento) evita al giocatore di poter guardare il fondo del percorso non sapendo mai cosa gli aspetta davanti.
Se graficamente il titolo ha molto da recuperare, il sonoro è molto ben fatto. Bisbigli, passi, respiro agitato, bombe che esplodono, lo scroscio incessante della pioggia, questi e tanti altri accorgimenti creano un’atmosfera di futuro impatto. Lo ammettiamo, fa più paura il sonoro che la grafica e ci saranno un paio di momenti “sonori” che veramente vi faranno fermare di colpo. Da segnalare però che alcune volte il pianto del bambino, nostro principale segno per procedere nel gioco, non viene sempre ben indirizzato acusticamente.
Da segnalare anche che il soldato apre e chiude gli occhi di continuo e questo porta a perdere per pochi secondi la visuale di ciò che avviene a schermo. Questo aiuta ulteriormente a creare una buona dose di ansia.
Infine da segnalare che il gioco è unicamente in inglese (assenti i sottotitoli in italiano) ma niente di troppo complesso anche considerando la mole, non esagerata, di testi da scoprire.