Triangle Strategy, l’ultimo RPG HD-2D di Square Enix, ha colpito molti fan per la sua componente choice-based; in altre parole, durante il gioco dovremo prendere determinate scelte che andranno a cambiare non solo i finali, ma anche tutta l’esperienza di gioco.
La scelta più drastica da compiere è sicuramente quella del capitolo 17: in base al personaggio che sceglieremo di seguire (Benedict, Roland o Frederica) il finale di gioco cambierà completamente, e uno dei tre lascerà il nostro party.
Il quarto finale è invece la cosiddetta Golden Route, ovvero il finale “perfetto” in cui nessuno viene sacrificato e si raggiunge l’esito più pacifico possibile; tuttavia, per sbloccare questo scenario dovremo prendere determinate scelte nel corso del gioco.
In questo articolo analizzerò quindi i tre finali dei personaggi, quelli che inevitabilmente portano anche a conseguenze negative e tragiche.
La strada di Frederica
Se per Roland e Benedict si parla di “piano” o “strategia”, quelli di Frederica vengono definiti “ideali”. La principessa di Aesglast, infatti, incarna la libertà, il senso di appartenenza a qualcosa di più profondo, che va al di là degli intrighi politici o dei guadagni personali.
L’obiettivo di Frederica è infatti quello di fuggire da tutto e da tutti, liberando i roseliani tenuti prigionieri a Sabulos e approdando così verso la fantastica terra del sud, Centralia.
Una promessa di libertà, uguaglianza e pace, lontano da tutto il sangue sparso per decenni a Nortelia. Triangle Strategy ci offre insomma la possibilità di una scelta radicalmente diversa da tutte le altre.
Il finale di Frederica sembra essere quello verso cui il gioco ci spinge naturalmente: più volte nel corso dell’avventura la voce narrante non fa che sottolineare quanto sangue e quanta violenza abbiano affollato la storia di Nortelia.
Ci viene continuamente detto quante persone siano morte per prestigio e potere, quanto sia eterno il cerchio di morte che opprime tutto il continente. A tratti io stesso ho percepito la pesantezza di vivere in un tale mondo.
Nessuna battaglia è mai definitiva, ogni volta nascono nuove alleanze, e quelli che prima consideravi alleati ti si rivoltano contro come nemici. Il tradimento è continuamente dietro l’angolo, e proprio come Serenoa anche noi giocatori siamo continuamente all’erta, ma allo stesso tempo percepiamo una grande stanchezza.
Non è allora del tutto sbagliato seguire gli ideali di Frederica. Quest’ultima vuole spezzare la spirale infinita di violenza fuggendo da tutti gli intrighi, cercando una nuova terra in cui creare un nuovo regno, fondato sui principi umani di libertà e uguaglianza.
Spinta dal coraggio di sua madre Orlaya, Frederica è il personaggio più idealistico di Triangle Strategy, forse a tratti ingenuo, ma sicuramente pieno di determinazione e volontà di fare valere la propria opinione.
In tutto questo spicca il rapporto con Serenoa: personalmente, ho adorato il modo in cui il protagonista di Triangle Strategy e la sua promessa sposa hanno costruito la loro relazione amorosa. Entrambi timidi e impacciati, hanno poi lentamente imparato a lasciarsi andare.
Frederica ha trovato nel proprio sposo un uomo in grado di sostenerla, proteggerla, valorizzarla nella sua persona; nella sua amata, Serenoa è riuscito a trovare un supporto costante, un dolce porto sicuro presso cui sfogare tutte le proprie insicurezze.
Il sacrificio finale di Serenoa e lo sguardo pieno di lacrime di Frederica all’orizzonte simboleggiano il significato di questo finale: Serenoa diventa il martire del cambiamento, la persona che col proprio sacrificio riesce a creare un nuovo futuro per gli abitanti oppressi di Nortelia.
Convinto della propria scelta fino alla fine, il protagonista di Triangle Strategy abbraccia fino alla morte le parole di Frederica, in modo da garantire alla propria famiglia (l’intera casa Wolfhort) una realtà pacifica e felice, lontana dalla guerra e dalla sofferenza.
Dal canto suo, Frederica costudirà per sempre nel proprio cuore il sacrifico della persona amata: “Farewell, my love”, pronuncia la principessa di Aesglast, stringendo tra le mani il ciondolo appartenuto a sua madre e poi a Serenoa.
Un finale drammatico, poetico, emozionante, che conferma ancora una volta quanto Square Enix sia abile nel rappresentare l’emotività dei personaggi: nonostante la grafica sia “pixellata”, le musiche, la trama e il doppiaggio sono realizzati talmente bene da farci dimenticare ogni tipo di limitazione tecnica.
La strada di Benedict
Benedict è sicuramente uno dei personaggi più complessi di tutto il titolo. Un astuto calcolatore dalla mente freddissima, che non si fa scrupoli ad esprimere la propria opinione anche se sembra andare conto il buon senso.
Non è un caso che il braccio destro di Serenoa rappresenti il pragmatismo: per tutto il gioco ci viene detto che l’obiettivo alla base di tutte le decisioni di Benedict è mantenere alto l’onore dei Wolfhort.
Questa idea viene mantenuta anche durante il finale dedicato a questo personaggio: fare in modo che Serenoa venga incoronato re di tutta Nortelia significa rendere il Signore dei Wolfhort l’uomo più potente di tutto il continente.
Di fronte alla tomba di Lord Simon e di Lady Destré, Benedict giura che farà di tutto per rimediare agli errori del proprio passato: egli vuole raggiungere un’espiazione per i propri peccati, per non essere riuscito a rinsaldare l’onore del casato Wolfhort.
Diventa allora chiara una cosa: quella di Benedict non è altro che un’ossessione. Egli vive rinchiuso nel passato, nell’amarezza di antiche decisioni non prese o non compiute, in un eterno rimpianto che non gli porterà mai alcun tipo di felicità.
Per questo motivo nessuno lo ha mai visto sorridere: Benedict vive in una perenne tristezza. Persino Serenoa, dopo avere sentito il discorso sulla tomba, si chiede per quale motivo Benedict sia così ossessionato nel rendere i Wolfhort il più grande casato della terra.
Perché dovrebbe a tutti i costi volere vedere Serenoa incoronato re? Solo dopo la battaglia finale contro Sabulos le intenzioni di Benedict diventano chiare: egli voleva vendicarsi di Lord Simon e di Re Basil.
Secondo Benedict, i due uomini non erano riusciti a proteggere Lady Destré (la madre di Serenoa), per cui Benedict provava un’ammirazione vicina all’amore. Persino lui, l’astuto calcolatore, ha in realtà ceduto alla passione più umana di tutte: il desiderio di vendetta.
Lo stratega dei Wolfhort voleva rendere il nome di Serenoa il più importante di tutti così da rimediare al più grande errore della propria vita: non essere riuscito a salvare Lady Destré. Di fronte alla tomba di quest’ultima, Benedict è pronto a togliersi la vita.
Tuttavia, è proprio Serenoa a fermarlo: il re di Nortelia riconosce il valore di Benedict, e non mostra nessun tipo di rancore per il fatto che egli abbia ceduto a una passione così umana. Anche Serenoa, del resto, si è sentito in parte mosso dall’ambizione.
Serenoa e Benedict si impegnano insomma per realizzare il mondo da loro tanto sognato: una nuova Nortelia, dove la ricchezza di beni e materiali possa permettere a più persone possibili di vivere in una condizione di benessere.
Tuttavia, tutto questo non fa che creare un divario: i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Il finale di Benedict è diametralmente opposto rispetto a quello di Frederica: quest’ultimo è idealistico, insegue valori più alti di libertà e uguaglianza.
La scelta di Benedict, invece, porta a un finale che riflette pienamente il suo personaggio: un mondo in cui gli ideali si scontrano con la dura realtà, con i problemi sociali ed economici, con la povertà e la miseria. Un finale pragmatico insomma.
La scelta di Benedict è insomma la più dolceamara di Triangle Strategy: per quanto il suo finale sia pienamente umano e comprensibile, il risultato finale è un mondo di relativa stabilità, dove in realtà sono i più fragili e gli emarginati a farne le spese.
La strada di Roland
Se dovessi scegliere quale finale di Triangle Strategy mi è piaciuto di meno sceglierei sicuramente quello di Roland. Credo sia stato il personaggio che ho cominciato a odiare di più dopo l’ultima scelta della Bilancia Risolutrice.
Nel capitolo 17, infatti, Roland propone di consegnare il salgemma e il regno di Glenbrook all’Impero di Sabulos: una scelta, a mio parere, completamente priva di senso, che va a gettare al vento tutta la crescita psicologica del personaggio.
Roland ha visto le condizioni in cui vivono i roseliani, ha capito che Sabulos porta avanti una falsa idea di uguaglianza: chi è diverso o non vuole accettare la legge comune è considerato un rifiuto della società, costretto a vivere in schiavitù e isolamento.
Dopo avere appoggiato gli ideali di Frederica, come può Roland accettare di sottomettersi a Sabulos? Lui è il rappresentante del moralismo, delle scelte più giuste secondo la propria legge interiore.
Credo che dal capitolo 17 Roland sia letteralmente impazzito: fin dalla perdita della sua famiglia si è dimostrato essere un personaggio insicuro, non valorizzato dal proprio padre e costretto a vivere nell’ombra di persone più abili di lui.
Di fronte alla scelta finale Roland sceglie la strada che ritiene più sicura: arrendersi a Sabulos per evitare il conflitto e portare pace e uguaglianza all’intero continente. Peccato che i valori di Sabulos non siano altro che ipocrisia.
Specialmente dopo aver giocato il finale di Benedict ci si rende conto di quanto tutto sia fittizio: lo Ierofante non è altro che una marionetta nelle mani di Idus, il cui obiettivo è solamente ottenere potere. Gli insegnamenti della Dea sono falsi, e il monopolio del sale è solo una strategia politica.
Sabulos è insomma dominata dall’egoismo e dal tornaconto personale. La scelta di Roland porta effettivamente un’era di pace (Aesglast viene sconfitta e Glenbrook diventa provincia dell’Impero), ma a quale costo? Coloro che non vogliono sottomettersi al volere dei più forti sono destinati a soffrire.
Questa sarà infatti la strada di Frederica: alla fine del gioco veniamo a sapere che è diventata una predicatrice errante, in totale povertà e costretta a rasarsi i capelli. Frederica spera ancora di convincere la gente dell’esistenza di Centralia e della ribellione dei roseliani.
Tuttavia, in tutta risposta gli abitanti di Nortelia la insultano e le tirano pietre. Il significato è chiaro: il mondo sarà anche privo di conflitti, ma le voci dei più deboli e dei “diversi” non vengono minimamente ascoltate. Roland crede quindi di avere ottenuto ciò a cui aspiravano suo padre e suo fratello.
L’unico aspetto pienamente positivo di questo finale è la realizzazione di Roland di essere inadatto a ricoprire la carica di Re: nel corso del gioco ho cominciato a convincermi sempre di più di questa cosa, e il finale me l’ha confermato.
Roland sceglie di piegarsi a Sabulos anche perché sa di non essere in grado di governare. Persino Benedict, il più abile stratega, riconosce che a tratti il principe di Glenbrook è solo un ragazzino viziato e insicuro, totalmente privo di qualunque abilità politica e decisionale.
Insomma, ho apprezzato il fatto che Roland riconoscesse i propri limiti e accettasse di sottomettersi a qualcuno più abile di lui nel governare; tuttavia, ciò non toglie che tale scelta sia completamente in contrasto con gli ideali del personaggio.
Il suo moralismo incrollabile lo ha sempre portato a fare ciò che riteneva più giusto per il popolo, per la pace, per la sua gente; la scelta di allearsi con Sabulos è una contraddizione, in quanto porta a una tirannia che sottomette le persone a un pensiero unico.
Da questo punto di vista sono molto più comprensibili gli ideali di Gustadolv: quest’ultimo, infatti, combatte fino alla fine per difendere la propria libertà personale, per non essere sottomesso a nessun pensiero dispotico.
Si può dire che il finale di Roland è il più amaro di Triangle Strategy e, dal mio punto di vista, il più disastroso: per quanto Nortelia si ritrovi in un’era di pace, troppe persone ne pagano un caro prezzo, e sia Roland che Serenoa ne escono abbastanza snaturati.
Conclusioni sui finali di Triangle Strategy
Triangle Strategy è un titolo affascinante per la sua capacità di non guardare in faccia nessuno: ogni capitolo mette il giocatore di fronte a scelte nude e crude, che avranno inevitabilmente delle conseguenze drastiche.
A tratti ho provato la (fantastica) sensazione di atroce dubbio: cosa mi conviene scegliere? Meglio seguire la strada che rispecchia le mie convinzioni o quella che mi permette di salvare più personaggi possibili?
Nelle tre scelte finali (Golden Ruote a parte) tutto questo raggiunge l’apice, e diventa chiara una cosa: ogni scelta avrà delle conseguenze radicali, che porteranno a una rottura netta del gruppo.
Non importa cosa noi giocatori sceglieremo, in ogni caso uno dei nostri personaggi più amati ci lascerà e dovremo assistere a un dolorosissimo distacco. Pochi titoli sono riusciti a farmi vivere una tale situazione di tormento per non riuscire a percorrere la mia strada nel miglior modo possibile.
Non ho mai voluto così tanto raggiungere il finale perfetto, la tanto ambita Golden Route, per potere salvare tutti e provare un enorme senso di soddisfazione. Credo che questo sia uno dei motivi per cui Triangle Strategy è un’esperienza così unica e soddisfacente.
Il titolo Square Enix mette davvero alla prova le nostre convinzioni, portandoci al limite e facendoci interrogare su cosa siamo disposti a sacrificare per portare avanti ciò in cui crediamo. Un gioco choice-based non è mai stato così drammatico e ammirevole.