Se l’ambientazione scolastica ti fa pensare a Bully, beh diciamo che (come me all’inizio) sei fuori strada; il setting qui serve per fornire una giustificazione ad una trama a tratti esagerata e volutamente ridicola. Il dubbio continuo è se faccia ironia su certi meccanismi del paese d’origine degli sviluppatori, ma è un qualcosa che difficilmente potremo scoprire.
Prima regola del Fight Club
Il nostro protagonista si chiama Budi ed è un liceale fumantino e con la passione per le risse; proprio la sua voglia di fare a botte con chiunque fa sì che, dopo l’ennesima rissa, la madre in lacrime decida di farlo trasferire in un’altra città e in un’altra scuola, più pacifica. Il tutto con la promessa che non prenderà più parte a scontri con nessuno, come un Willy Smith qualunque prima di trasferirsi in una Bel-Air indonesiana.
Appena arrivato nella nuova scuola, Budi incontra Boby, Rani e Zaenial destinati a diventare i suoi amici più stretti e che appaiono come personaggi stereotipati da teen drama (ovvero l’amico divertente, ma un po’ scemo, il nerd e la ragazza affamata di popolarità). Soprattutto, scopre che sarà impossibile tenere fede alla promessa fatta alla madre: in questa scuola non solo le bande sono tollerate, ma sono persino incoraggiate a essere create e a combattere tra loro. Per motivi assurdi, e forse con intenti di denuncia\satira incomprensibili ai non indonesiani: visto che chi termina la scuola non trova lavoro, il governo locale incoraggia i teppisti per scontrarsi tra di loro, pagando i migliori, quelli cioè che battono tutti gli altri.
Si tratta di poco più di un pretesto per darci l’occasione di picchiare chiunque, o quasi, ci capiti a tiro, e in effetti nel corso dell’avventura nessuno ci spiegherà davvero quello che succede e perché. Ci limiteremo a seguire Budi che, non senza una certa riluttanza, deve mettere da parte la sua tendenza a combattere chiunque da solo, per formare una propria gang con cui dare battaglia ai vari rivali.
A un certo punto avremo anche una parvenza di libertà, ma sicuramente non siamo in presenza di un vero open world, in cui potremo interagire con i nostri compagni di scuola dando vita a conversazioni volutamente ridicole.
Il gameplay di Troublemaker
Anche se in Troublemaker avremo una bella dose di attività da portare avanti, come ad esempio minigiochi (non tutti riusciti bene) in cui far gareggiare dei corvi o correre con una sedia a rotelle, o simulare una parvenza di vita scolastica, è innegabile che la componente beat ‘em up la faccia da padrone.
Qui gli sviluppatori di Gamecom Team sono andati sul sicuro, proponendo un gameplay abbastanza classico simile a quello visto in tanti titoli come ad esempio la serie Yakuza. A disposizione di Budi, quindi nostra, abbiamo due pulsanti con cui effettuare un attacco leggero o pesante (X e Y sulla mia Steam Deck), il tasto per la parata (B) che, se premuto col giusto tempismo ci consentirà anche di rispondere all’attacco avversario, infine con LT potremo schivare i colpi nemici mentre RT verrà utilizzato per il blocco del bersaglio. Il sistema è semplice ed efficace, anche perchè i nemici non ci daranno particolare filo da torcere.
Gli scontri che affronteremo saranno sia in solitaria 1vs1 che contro gruppi di nemici; come già detto la IA avversaria non è particolarmente ostica e basterà evitare di farci circondare per avere la meglio sugli avversari isolandoli man mano. Nemmeno gli scontri con i boss si allontaneranno da questa routine, dal momento che, rispetto ai nemici standard, si limitano ad aggiungere una barra della vita più lunga.
Dal canto nostro potremo anche utilizzare degli oggetti presenti sul terreno di scontro o nel nostro inventario (come delle bottiglie) per colpire i nemici, con l’intento di farli finire a terra dove potremo continuare a colpirli senza farci troppi problemi. L’unico limite che abbiamo è dato dalla barra della resistenza, motivo per cui dovremo dosare i colpi in modo tale da non trovarci a corto di energia. Anche se va detto che questa influisce più che altro sulla forza dei nostri attacchi, perchè potremo continuare a dispensare mazzate anche se saremo sfiniti.
Vincere le battaglie e superare i minigiochi ci serve per guadagnare denaro da spendere per acquistare alcune migliorie dal nostro venditore di fiducia; particolarmente divertenti sono alcune mosse che, se eseguite correttamente, sembrano più dei glitch che delle mosse studiate.
Segnali di Stile
Il mondo di Troublemaker è incredibilmente ricco e variegato per essere un titolo low budget; questo però si traduce in una qualità grafica medio-bassa. Tanto Budi quando i modelli degli altri studenti sono molto scarni e poco dettagliati, lo stesso vale per l’ambiente scolastico. Va detto che il tutto non incide sulla fruizione del gioco, ma potremmo ritenerlo quasi una caratteristica peculiare del titolo, che sfrutta il più classico dei “less is more”.
Questo si vede anche nel corso delle cut scene, che per lo più consistono in disegni dei vari personaggi in stile anime, che si succedono statici e accompagnano i dialoghi. Soltanto in occasione di momenti, dunque combattimenti, più importanti vengono utilizzate brevi scene animate, per contribuire a dare maggior enfasi al momento.
Anche il comparto audio esemplifica questa scelta obbligata: soltanto Bundi e qualche altro personaggio è doppiato, ovviamente solo in lingua locale, mentre tutti gli altri emettono qualche suono nel corso del combattimento e basta. L’accompagnamento musicale è abbastanza generico e forse il gioco avrebbe meritato qualcosa di meglio, ma in fin dei conti ci basta il suono di un pugno ben assestato per essere soddisfatti.