Inutile negarlo: c’è un bel po’ di confusione nell’aria, questi giorni, per quanto riguarda la nota software house Ubisoft. Da sempre una garanzia di titoli e franchise di qualità e ricchi di fascino (possiamo citare Assassin’s Creed, Splinter Cell, Prince of Persia, Rayman, Beyond Good and Evil…) in questo ultimo periodo sta attraversando una preoccupante crisi.
Quello che vogliamo fare in questo nostro articolo è capire quali sono gli eventi che hanno portato l’azienda in questa complessa situazione e, sopratutto, quali sono gli aspetti al riguardo ancora da chiarire.
Partiamo dal principio
Il mercato dei videogiochi, purtroppo lo sappiamo bene, non naviga in acque particolarmente calme ormai da diverso tempo: prezzi troppo alti all’uscita dei giochi, l’introduzione degli svantaggiosi (almeno per gli sviluppatori) sistemi di gioco “in streaming” sono la principale causa dietro la chiusura di tanti team e la forzata conclusione di tanti interessanti progetti, come nel caso di Tango Gameworks.
L’azienda che prendiamo in considerazione in questo caso, così come le altre maggiori aziende del settore, ha avvertito naturali cali del proprio fatturato nel periodo post-lockdown, periodo che si è rivelato, nella sua durata, particolarmente ricco di soddisfazioni dato che il settore dei videogiochi è stato uno dei pochi a non andare in perdita.
Come osserviamo tramite questo grafico, però, le perdite di Ubisoft sono state davvero ingenti: avvertiamo un calo del valore del 60% in un anno e dell’80% negli ultimi 5. Cosa ha portato a questo crollo improvviso? Una serie di operazioni sbagliate, sia internamente che esternamente all’azienda.
Lanci software non all’altezza delle aspettative
Certamente, è questo il primo punto da cui partire: negli ultimi anni, Ubisoft ha collezionato una serie di pessime prestazioni sia sul lato della critica che su quello del pubblico, fallendo nell’intento di rilanciarsi grazie a grandi nomi esterni come quelli di Avatar e Star Wars.
Anche i progetti che includevano IP interne non hanno dato i frutti sperati: con una serie di punta, quella di Assassin’s Creed, che ha sempre minore appeal e sembra poco intenzionata a venire incontro alle esigenze dei giocatori moderni sul lato tecnico e ludico, menzioniamo anche il flop alle vendite del sesto capitolo della serie di Far Cry, oltre al recente flop di XDefiant, titolo FPS partito con i migliori auspici che, alla stessa velocità con cui è salito alla ribalta, è caduto nel dimenticatoio.
Uno sciopero che fa scalpore e crisi interne
Negli ultimi giorni, come se non bastasse, Ubisoft è finita nel mirino dei media in quanto, in varie sue sedi sparse per il mondo, l’azienda ha intimato i collaboratori a rientrare dallo smartworking per almeno 3 giorni a settimana, causando scioperi e disordini. Stando ad un’indagine compiuta dal Sole 24 Ore, questa mossa interna può essere vista come un tentativo di portare una parte dell’ingente staff alle dimissioni, visione concordata anche dai sindacati.
Internamente al consiglio di amministrazione, se possibile, la situazione è anche peggiore: un rappresentante di AJ Investments, investitore di minoranza della compagnia, ha recentemente rilasciato un’intervista al Wall Street Journal sostenendo di sentirsi ostaggio della famiglia Guillemot e di Tencent, soci di maggioranza, richiedendo esplicitamente la vendita di Ubisoft a dei privati con una migliore gestione delle risorse e delle IP, al fine di salvare i portafogli degli investitori.
Il disordine sul lato dei lanci e dei progetti in sviluppo
Questa situazione, ovviamente, porta l’azienda alla necessità di agire in “modalità risparmio”: per questo motivo, i progetti meno proficui (come lo sfortunato, per quanto idolatrato dalla critica, Prince of Persia: The Lost Crown) vengono cestinati al netto di inserire quante più menti possibili sulle strade ritenute più sicure e profittevoli.
Un nuovo report riporta, non a caso, che una corposa parte dell’ex-team di The Lost Crown, recentemente sciolto, si starebbe occupando di un remake di uno dei primi capitoli della fortunata e amata serie di Rayman, una delle mascotte di Ubisoft più importanti che, ormai da 10 anni, manca sul mercato.
Non c’è pace neppure per la serie di punta dell’azienda, ossia Assassin’s Creed che, di fronte alla già citata mancanza di elasticità della quale, purtroppo, soffrono i titoli della serie, ha portato gli sviluppatori a scegliere la rischiosa, ma a questo punto più sicura, strada del rinvio e del “nascondiglio”: il titolo, a sorpresa, non solo salta il 2024, ma non arriverà più in Early Access neppure per coloro che hanno acquistato la versione per collezionisti del titolo.
Un futuro tremandamente incerto
I dubbi che ci poniamo, in questa situazione, sono davvero tanti: Ubisoft fallirà? I progetti come Beyond Good and Evil 2 vedranno mai la luce? Sono tutte domande, queste, alle quali, ora come ora, non possiamo rispondere con alcuna certezza.
L’abbandono da parte di Davide Soliani di Ubisoft Milano, possiamo dire, è stata la prima dimostrazione che qualcosa, effettivamente, non andasse: ci auguriamo che l’azienda sappia riprendersi al meglio da questa situazione, atterrando su una balla di fieno dopo un delicato, ma inevitabile, Balzo della Fede.