Il team di sviluppo polacco Ultimate Games sembra amare davvero tanto i motori: ne abbiamo avuto una prova lampante con Car Mechanic Simulator: Pocket Edition di recente. Ora, i ragazzi dell’Europa orientale ci riprovano con Ultra Off-Road Simulator 2019: Alaska.
Come se la caveranno i fuoristrada di Ultimate Games, una volta riparati, nel più inospitale e glaciale stato americano? Allacciati le cinture, stiamo per scoprirlo.
Pipponi senza frontiere
Fare il verso al più americano dei programmi televisivi offerti da DMAX ci è inevitabile per delineare anche le premesse del titolo, perché di trama non si può proprio parlare. Una volta scelta la lingua tra le bandiere proposte dal gioco, tra le quali non figura il nostro tricolore, nello spoglio menù principale appaiono due tipi di selezione: una per la modalità di gioco, e una (utilissima) per l’immagine di sfondo per il menù principale. Brevissima digressione sul menù che appare a lato sulla sinistra: delle quattro icone, la silhouette della testa ci permette di selezionare il fuoristrada con cui affrontare il gioco. Non che le skin abbiano chissà quale influenza, ma la presenza di opzioni è sempre gradita; dal canto nostro, abbiamo recensito il titolo solo con la jeep di base, Tamrat Hulk.
Le tre modalità di gioco consistono in Nuovo Gioco (i caricamenti sono interni ad esso), Freeride Mode (la “guida libera”) e il Tutorial. La terza di queste si mostra come un approccio assai rudimentale e sbrigativo a una fase così fondamentale del gioco, sebbene le nozioni su come giocare siano praticamente essenziali. Al termine della rocambolesca lezione, abbandoniamo il nostro incorporeo mentore manifestatosi tramite finestre di dialogo per tuffarci nella campagna per il giocatore singolo: una traversata dell’Alaska da vivere armati solo del nostro “gippone”. Non ci è dato sapere altro, quindi vediamo come se la cava il gioco sullo sterrato.
Drive Souls
“Più specifico diventi riguardo a situazioni verosimili, più dovrai rifletterci sopra”. Questa precisazione fatta da Arin “Egoraptor” Hanson nel suo episodio di Sequelitis inerente a The Legend Of Zelda: Ocarina Of Time, disponibile in italiano su YouTube, è vitale per definire un elemento invasivo che fa inciampare rovinosamente il gameplay a più riprese.
Dobbiamo lodare l’idea originale dietro questo nuovo “simulator” di Ultimate Games: fondere il genere della sopravvivenza alla simulazione automobilistica. L’idea di base in sé è carina, almeno sulla carta. Per quanto riguarda l’esecuzione, dobbiamo invece tornare un attimo indietro, per la precisione al tutorial.
Dopo averci introdotto alle nozioni di base come accelerazione e sterzata, il gioco ci mostra le taniche di carburante da raccogliere, che una volta messe nel nostro inventario vanno selezionate nuovamente da quella schermata; ci sono altri due valori che vanno tenuti costantemente sopra lo zero: la fame dell’autista e la “salute” dell’auto. Ogni valore si può “riempire” con i relativi oggetti: taniche per la benzina, cassette degli attrezzi per l’auto e fette di pizza, hot dog e drink per chi occupa l’abitacolo. In base a queste premesse, dovremmo avere in teoria tra le mani una variazione sul tema intrigante sia a livello concettuale sia come gioco in sé.
Il problema più grande del gioco, però, si fa vivo già nel tutorial. A queste idee interessanti infatti si affianca un’ingombrante enfasi sul motore della fisica del gioco, tanto realistica da pararsi tra il giocatore e il divertimento che può trarre dal titolo. Ultra Off-Road Simulator 2019: Alaska non si fa alcuno scrupolo in tal senso: abbiamo un “gippone” più alto che largo, e se non stiamo attenti finiremo con il cappottarci di lato. Questo dovrebbe garantire un’esperienza realistica, ma in realtà si rivela solo fastidioso.
A non aiutare le cose ci si mette il level design, che persino nel tutorial si mostra apertamente malevolo e ostile nei confronti del giocatore. I pendii troppo ripidi per poter essere risaliti fanno parte del design stesso del gioco, e sempre per amor dell’immancabile realismo i cavalli del nostro fuoristrada si mettono a brucare con molta, molta facilità e con altrettanta frequenza. In aggiunta a ciò, un difetto gravissimo del level design consiste nella totale mancanza di indicazioni in merito ai confini della mappa: ritrovarsi al di fuori di essi viene prontamente punito con un messaggio “Do not leave the game area” che ci riporta senza troppe cerimonie all’inizio del livello, e non importa quanto vicino allo zero abbiamo portato la distanza tra noi e la fine del percorso. Le tracce delle ruote dovrebbero segnalare la presenza di un percorso consigliato, ma talvolta si rivelano anch’esse dei sibillini specchietti per le allodole che non ci garantiscono l’effettiva percorribilità della strada. Talvolta si presentano addirittura alberi inspiegabilmente piazzati in mezzo alle tracce in questione, silurando in toto la nostra sospensione di incredulità.
Per quanto abusati siano i confronti (fatti a sproposito) con Dark Souls, non riusciamo proprio a resistere: abbiamo a che fare con un vero e proprio titolo di From Software su ruote, solo senza un decimo del fascino e della cura riposti nel fenomeno di costume più citato nei confronti della difficoltà videoludica. Non dovremmo mai giudicare un libro dalla copertina, ma quello sfoggiato dalla schermata del titolo va ben oltre il minimalismo: siamo agli standard qualitativi di un titolo di Steam Greenlight.
Se non altro, la modalità “libera” viene in nostro soccorso, ma scopriamo che si tratta in realtà di una differenza del tutto artificiale: in realtà la Freeride Mode è un semplice segno di spunta da applicare alla modalità principale, che ora sappiamo essere l’unica vera modalità di un gioco già spoglio di suo. Una volta attivata la Freeride Mode, gli elementi survival vengono completamente sottratti dal gioco, lasciando il giocatore alla guida dura e pura. In fase di recensione, questa è stata una vera manna dal cielo: il gioco si è dimostrato relativamente più tollerabile in seguito all’attivazione di questa forma di “modalità facile”. Se negli screenshot riportati nell’articolo non figurano le barre in alto a destra, ora sai il perché; tieni conto che parleremo comunque dell’esperienza di gioco come se non avessimo fatto questa scoperta, attenendoci a come l’hanno intesa i ragazzi di Ultimate Games.
Il level design mostra un semplice “punto B” da raggiungere partendo dal punto A di partenza, e che sarebbe – in via prettamente teorica – più facilmente raggiungibile prendendo le scorciatoie. Il problema è che le risorse con cui venire incontro alle esigenze del “fattore survival” del gioco sono sparse solo lungo il percorso predefinito, ricchi di dislivelli che forse non ci faranno cappottare, costringendoci a premere “Restart Level” per l’ennesima volta nel menù di pausa. Ben presto le provviste sparse in giro per la mappa agiscono da vere e proprie trappole. Una volta capovolta, l’auto può anche occasionalmente riprendersi spegnendo il motore e lasciandola lì, o limitandosi anche solo a lasciar stare acceleratore e freno per qualche secondo. Tutto ciò manda bellamente l’immersione nell’esasperato approccio realistico del gioco a farsi benedire, ma è senza dubbio meglio questo che sottoporre il gioco a un inutile caricamento.
Quello che si doveva prospettare intrigante quanto una puntata del caciaronissimo Gipponi Senza Frontiere si dimostra invece divertente quanto può esserlo ritrovarsi concorrenti di quella trasmissione, tra un attentato al buco dell’ozono e l’altro. Facciamo la conta dei danni: quanto siamo rimasti impantanati, con questo fuoristrada che costa poco meno di Shovel Knight?
Diciotto euro al litro
Probabilmente, siamo al cospetto di una situazione non dissimile da Gun Gun Pixies, solo priva della professionalità artistica che rendeva salvabile quel titolo ma, almeno, con un rapporto qualità/prezzo più decente (18 euro). I difetti di Ultra Off Road Simulator 2019: Alaska sono la somma delle loro parti, iniziando dalla grafica. Potremmo definirla “decente”, un aggettivo però più adatto a giochi più ricchi di contenuto e di carne al fuoco di uno che si limita a una traversata da un punto A ad un punto B nella modalità di gioco principale. Al di là dell’occasionale dettaglio curato (come le fronde degli alberi che danzano al vento, un’aggiunta che non ci aspettavamo davvero), il gioco graficamente consiste in una mappa da esplorare assai poco ambiziosa (sia per poligoni che per texture), nelle icone da raccogliere per rimpolpare l’inventario e in una vettura semplice, quasi scarna di dettagli. La presenza di un motore fisico come punto di forza di un videogioco è un fad – una moda – morto da tempo; non è che ad ogni gioco che vanta “Havok” (per dirne uno) tra i loghi che appaiono prima della schermata del titolo corrisponda per forza il Quarto Potere videoludico. The Legend Of Zelda: Breath Of The Wild ha fatto di una fisica realistica una virtù, grazie alla scelta coraggiosa di creare un motore fisico ad hoc; qui, invece, il motore fisico è stato implementato in modo tanto grossolano e approssimativo da rappresentare, ironicamente, una fonte di frustrazione che contrasta l’esperienza del giocatore a piè sospinto. Aggiungiamo inoltre una telecamera atroce che possiamo muovere con la leva analogica secondaria, ma che rimane in quella posizione finché non viene rimessa a posto manualmente.
Discorso ancora peggiore per il comparto sonoro: al di fuori della schermata del titolo, non c’è alcun tipo di musica nel gioco. Gli unici effetti sonori ad accompagnarci sono il motore, l’occasionale acqua e gli oggetti raccolti. Non è stato fatto il benché minimo sforzo per complementare l’atmosfera creata dai (pochi) elementi messi su schermo. Potremmo cercare una nota positiva in un’ipotetica scelta stilistica mirata espressamente ad aumentare l’immersione, ma la realtà è che il country che possiamo apprezzare a inizio gioco avrebbe accentuato di molto l’atmosfera americanissima e “ignorante” in stile Gipponi Senza Frontiere.
La longevità, come sempre, è una componente quanto mai soggettiva e, come tale, dipendente dalle esigenze del singolo giocatore. Probabilmente, la modalità libera può bastare agli autentici patiti di motori e del loro abuso fine a sé stesso, ma la verità è che una difficoltà farlocca si frappone tra il giocatore e il compimento di livelli concettualmente basilari e brevi, generando una longevità effimera.
Il gameplay mira ad essere un Soul Searching in salsa automobilistica, senza però il suo fascino – nello stile artistico e nel design del gioco stesso – in favore di un’esperienza di gioco piatta e ripetitiva. Non siamo sicuri di come possa un gioco essere al contempo noioso e frustrante, ma Ultra Off-Road Simulator 2019: Alaska c’è in qualche modo riuscito, rispettando diligentemente tutti i crismi necessari a rientrare nella poco lusinghiera definizione di shovelware.