Unity è sicuramente uno dei motori grafici più utilizzati dai team di sviluppo per i propri titoli e anche tu ne avrai già sentito parlare. Al momento l’azienda si ritrova sulla bocca di tutti per via di un annuncio recente che riguardava un cambiamento delle proprie politiche interne: a quanto pare la compagnia aveva intenzione di far pagare gli sviluppatori per ogni singolo download dei propri giochi. Una richiesta a dir poco assurda e inaspettata, che ha sconvolto il settore e che risulta chiaramente insostenibile a lungo termine.
I pareri sul web si sono diffusi a macchia d’olio, sono molti coloro che si sono espressi sulla vicenda e che hanno riportato anche esperienze personali e dati effettivi riguardanti i propri titoli e non solo. Per fortuna il tutto sembrerebbe essersi calmato e forse l’azienda ha intenzione di fare un passo indietro, ma è ancora in tempo per riportare tutto a com’era prima?
Oggi voglio proprio andare ad analizzare la situazione Unity, vicenda dopo vicenda, approfondendo tutte le conseguenze negative che tutto ciò ha portato e porterà in futuro, ponendoti nel frattempo anche una domanda: l’azienda si è scavata la fossa da sola?
Unity: una mossa a dir poco azzardata
È il 12 settembre quando Unity decide di annunciare sulla sua pagina ufficiale una nuova tassa per gli sviluppatori, basata sui download. Il motivo? Perché ogni volta che un gioco viene installato, tra le altre varie componenti è presente anche Unity Runtime, un codice che viene eseguito sul device del player e che permette ai titoli sviluppati con Unity di girare.
Questo è il modo in cui l’azienda ha deciso di giustificare l’improvviso cambiamento, che si sarebbe dovuto applicare a tutti i titoli che riescono ad avere successo e farsi conoscere e apprezzare dal pubblico. Cambiamento che in realtà risulta perlopiù insostenibile, soprattutto per tutti gli studi di sviluppo indipendenti e piccoli, con pochi fondi a disposizione e solo tanta voglia di mettersi in gioco, ma in realtà inaccettabile anche per i grandi studi.
Con un prezzo da pagare di 20 centesimi per ogni download, la perdita di ricavi sarebbe troppo elevata e andrebbe a intaccare significativamente i guadagni degli sviluppatori e la loro possibilità di recuperare il budget speso e ottenerne un ricavo. Realizzare un titolo di successo diventa così quasi una punizione, ogni download in più invece che una vittoria diventa un problema.
A pensarla così sono stati moltissimi sviluppatori, che non si sono trattenuti e hanno provato a spiegare le conseguenze che questo può avere sull’intero settore. Innanzitutto, sicuramente i più colpiti sarebbero tutti coloro che decidono di non applicare tecniche di monetizzazione in-game aggressive.
Il risultato così sarebbe quello di incentivare uno sviluppo di giochi più incentrato sulle possibilità di guadagno che sulle meccaniche, sul gameplay e sul divertimento, perché altrimenti si rischia solo di incorrere in un taglio dei ricavi che supera in certi casi il 50%. Il tutto influirebbe inoltre soprattutto sugli studi che decidono di realizzare titoli in free-to-play, in particolare sul mondo mobile dove i titoli sono raramente a pagamento e che nonostante siano gratuiti a volte non puntano nemmeno sulle transazioni.
Insomma, una situazione pessima per l’intero settore (e anche per gli utenti stessi) e le critiche non sono mancate, anche quelle per nulla velate. In particolare, il fondatore di Nekki, studio famoso per Shadow Fight, ha rilasciato una riflessione molto profonda che preferisco riportarti con le sue stesse parole:
“La nuova politica di Unity ci ricorda con forza che quando il profitto diventa l’unico parametro del successo, rischiamo di perdere l’arte, l’innovazione e la diversità che hanno reso questa industria così vibrante fin dall’inizio. Questo è un momento cruciale, uno che richiede azioni collettive e tanto dialogo per evitare di diventare parte di un’industria irriconoscibile rispetto a quella che un tempo ammiravamo.”
Unity ha modificato la licenza dell’engine
Fin dal primo momento in cui la notizia ha iniziato a circolare in rete ed è arrivata fino a me, un grande dubbio ha iniziato a circolare nella mia mente: come mai anche i giochi già usciti o già in fase avanzata di sviluppo sarebbero soggetti a questa modifica?
In fin dei conti, per utilizzare l’engine si accettano come sempre i classici termini di servizio, che stabiliscono le regole per l’utilizzo del servizio stesso. Leggendoli, gli sviluppatori accettano tutto ciò che l’azienda ha posto come vincolo. Chiaramente, nei vecchi termini di servizio nessuna voce parlava della nuova tassa, anzi, l’esatto opposto.
Nel 2019 infatti, Unity aveva modificato i termini affermando che quando si ottiene una versione specifica del motore, si rimane vincolati ai termini di servizio di quella specifica versione a meno che non si decida di effettuare l’upgrade. Il che significa che tutti gli sviluppatori con versioni più datate rispetto all’ultima aggiornata avrebbero dovuto salvarsi dalla tassa.
Beh, Unity ha pensato proprio a tutto perché a quanto pare ci sono varie testimonianze che dimostrano come i termini siano stati modificati per far si che la novità si applicasse proprio a tutti i giochi sviluppati con l’engine. Inoltre l’azienda possedeva anche un repository pubblico su GitHub che teneva traccia di tutte le modifiche effettuate sulla licenza, proprio per una questione di trasparenza. Purtroppo però anche questo famoso repository è misteriosamente scomparso, come fa notare anche un utente Reddit.
Insomma, la compagnia le ha pensate proprio tutte per aggirare le sue stesse regole e riuscire a guadagnare il più possibile. Il problema è che tutto ciò non ha fatto altro che dimostrare ancora di più l’avidità che ha mosso questa decisione e far infuriare ancora di più utenza e developer.
Gli sviluppatori non sono stati con le mani in mano
Come anticipato, la nuova tassa ha fatto infuriare tutti gli studi di sviluppo che fin’ora hanno utilizzato Unity come motore grafico per i propri lavori. In men che non si dica, sono molti coloro che hanno deciso di schierarsi contro l’azienda minacciando di cambiare motore grafico o di addirittura rimuovere il proprio gioco.
In particolare, ti avevamo già parlato di Cult of the Lamb e di Among Us, ma non è mancato nemmeno l’annuncio relativo a Rust 2 nel quale si ribadisce con veemenza l’utilizzo di un altro motore grafico, che non sarà sicuramente Unity (mentre il primo capitolo era stato sviluppato proprio con esso). “La fiducia è ormai sparita”, ha dichiarato il CEO Garry Newman, “Rust 2 non sarà sicuramente un gioco Unity”.
E come non citare anche lo studio di sviluppo di Slay the Spire, che a quanto pare voleva abbandonare Unity per il suo prossimo gioco attualmente in lavorazione:
“La struttura retroattiva delle Runtime Fee non è solo una minaccia nei confronti degli sviluppatori, specie indie, ma anche una violazione del rapporto di fiducia fra le parti. Crediamo che Unity ne sia perfettamente consapevole, a giudicare da quanto oltre si sono spinti nel cancellare i loro termini di servizio da GitHub.”
Insomma, questi sono davvero solo alcuni dei moltissimi esempi che potrei portare, ma in realtà gli studi di sviluppo che si sono schierati duramente contro Unity sono moltissimi. Alcuni hanno deciso di minacciare di togliere le ads dell’azienda, come ti avevamo già riportato, mentre moltissimi altri hanno deciso di abbandonare il motore.
Sono decine e decine i progetti che l’azienda ha perso, tra cui non solo indie ma anche alcuni tripla A. Già dopo 24 ore dall’annuncio, una stima di Dario Visaggio (CEO di Desurius Games) aveva mostrato come ben 30 progetti erano passati ad altri motori (come Unreal che tra l’altro ha anche già rilasciato una guida dedicata, Godot, ecc) o addirittura fermati/cancellati per via della difficoltà.
Un crollo davvero sostenuto e che, nonostante la mancanza di dati, sono certo sia solo andato ad aumentare nel corso dei giorni successivi. Forse proprio per questo Unity ha iniziato a pentirsi della sua decisione.
Il passo indietro è stato fatto, ma sarà sufficiente?
Ora che abbiamo riassunto a dovere tutti gli avvenimenti spiacevoli dei primi giorni, è il momento però di parlare di qualcosa di positivo: Unity ha fatto un passo indietro. Le proteste non sono passate inosservate e i vari commenti sono serviti a far rinsavire la compagnia, che ha deciso di scusarsi anche tramite post su X per tutto il disagio causato e ha promesso di voler apportare modifiche alla sua proposta per andare incontro alle richieste e alle lamentele della comunità.
We have heard you. We apologize for the confusion and angst the runtime fee policy we announced on Tuesday caused. We are listening, talking to our team members, community, customers, and partners, and will be making changes to the policy. We will share an update in a couple of…
— Unity (@unity) September 17, 2023
Per essere più precisi, proprio un paio di giorni fa, il CEO ha annunciato di aver rivisto le regolamentazioni: le tasse si applicheranno solo ai titoli con un ricavo di almeno 1 milione di dollari in 12 mesi e solo per chi utilizza Unity Personal. Per le versioni Pro e Enterprise si avranno notizia in futuro.
Ma cosa più importante di tutte, i giochi che utilizzano le vecchie versioni dell’engine non ne saranno soggetti, in quanto queste nuove regolamentazioni si applicheranno solo a partire dalla prossima versione LTS in uscita nel 2024.
Insomma, tutto è bene quel che finisce bene, no? Beh, in linea generale si può dire così. Sicuramente i passi indietro sono stati fatti nel modo giusto e le lamentele sono state accolte. Ma se gli sviluppatori possono forse tirare un piccolo sospiro di sollievo, lo stesso non si può dire di Unity.
L’azienda ha fatto un passo falso, ha tradito la fiducia di tutti gli sviluppatori che utilizzavano il suo engine, proprio come una pugnalata alle spalle da un amico di vecchia data. Il clima di rabbia è tangibile e difficilmente un semplice passo indietro con una scusa potrà riportare tutto alla normalità.
Da qui la mia domanda: Unity si è scavata la fossa da sola? Probabilmente sì. Se prima l’engine della compagnia era sicuramente una delle prime opzioni che potevano venire in mente al momento della scelta, ora l’approccio non sarà più lo stesso in quanto è impossibile eliminare del tutto pregiudizi e paura.
Per non parlare poi di chi invece non prova rabbia, ma vera e propria delusione nei confronti di un CEO che si è dimostrato avido sulla carta, capace di prendere decisioni senza riflettere accuratamente sulle conseguenze che possono avere sul settore e mettendo il guadagno al primo posto. Delusione che non verrà spazzata via molto facilmente.
Ma in fin dei conti come biasimare gli sviluppatori? Io stesso probabilmente se dovessi decidere di realizzare un gioco oggi stesso, non opterei per Unity. In fin dei conti le valide alternative là fuori ci sono già!
E tutto questo per cosa? Per guadagnare qualche soldo in più? Certo, se l’obiettivo era quello di sfruttare le installazioni dei cataloghi dei servizi ad abbonamento come Xbox Game Pass e PlayStation Plus, l’idea era buona. Ma bisogna sempre pensare all’altra faccia della medaglia, e Unity in questo caso non l’ha fatto.