Ecco come League of Legends è approdato nell’Aula Magna del’Università di Milano
Per la gioia di molti sorprende sempre meno la volontà della Statale di Milano di avvicinarsi al mondo dei videogiochi. Quello a cui stiamo assistendo è infatti un processo inesorabile da cui continuano a nascere eventi, opportunità di studio e nuove attività dedicate agli appassionati di videogiochi che sognano di trasformare la loro dedizione in una vera e propria carriera.
L’ultima testimonianza di questo importante trend è stata l’University Esports Series Finals che si è tenuta il 6 Luglio nell’Aula Magna della sede di Via Festa del Perdono. PG Esports si è unita nell’organizzazione con PONG e il CUS permettendo alle due squadre finaliste del torneo di scontrarsi in questa storica sede. Le squadre che si sono date battaglia sul palco in una “Best-of-Five” sono quelle del Politecnico di Torino e dell’Università di Pisa.
In corso, presso l’Aula Magna @LaStatale, le finali delle #UniversityEsportsSeries, la competizione nazionale universitaria di @LeagueOfLegends. Chi vincerà tra la squadra del @PoliTOnews e @Unipisa? La twitcronaca sull’account di @PGEsportsIT pic.twitter.com/fGD8aYMrOV
— Università di Milano (@LaStatale) 6 luglio 2018
L’evento è stato curato nei minimi dettagli avvalendosi di tutti i mezzi tecnici necessari, di una diretta streaming seguita da oltre 1800 persone e della presenza di tre caster rinomati nell’ambito degli eSports (Lapo Raspanti alias “Terenas III”, Roberto Prampolini alias “KenRhen” e Adriano Milone alias “il Merlo” ). Oltre a loro nell’auditorium erano presenti anche tecnici e volontari necessari per lo svolgersi della manifestazione nonché i professori che hanno lavorato affinché questa potesse esistere.
A spuntarla sono stati i ragazzi del Politecnico di Torino: con uno schiacciante 3-0 la squadra si è aggiudicata di diritto la partecipazione all’ University Esports Masters che si terrà a Tenerife dal 16 al 19 luglio.
Com’è nata questa collaborazione?
Abbiamo avuto la possibiltà di partecipare all’evento e di fare quattro chiacchiere con chi l’evento l’ha organizzato. A rispondere alle nostre domande è stato infatti Dario Maggiorini professore associato dell’Università Statale di Milano, uno dei responsabili del percorso videogame per la laurea magistrale in informatica, che ha coordinato l’evento.
Che cos’è PONG?
“PONG, Playlab fOr inNovation in Games è un laboratorio di ricerca fondato nel 2011 da me e la collega Laura Ripamonti. Il PONG vuole essere uno spazio in cui si cerca di portare innovazione in campo videoludico attraverso la ricerca e le tesi.“
Come è nata la collaborazione tra la Statale e PG Esport?
“Siamo stati contattati da PG Esport, come laboratorio PONG, in occasione della gamesweek del 2017.
In quell’occasione Simone Gambardella, che si occupa del progetto UES, stava cercando interlocutori interni alle università per dare un qualche tipo di ufficialità alle squadre che già esistevano (e in qualche caso prosperavano) in seno ai vari atenei.
Dopo aver discusso i vari problemi associati a una operazione del genere io ho accettato di farmi da portavoce per questo all’interno dell’ateneo per cui lavoro.
La risposta dei nostri vertici fu particolarmente positiva e, in particolare, il CUS Statale si è dimostrato da subito estremamente aperto e propositivo nei confronti degli eSport. Tant’è vero che già a dicembre è stato annunciata l’apertura agli esport da parte della Statale.
La prima prova su strada è stata fatta allo Statale Sport Day il 10 maggio 2018, dove è stato dedicato uno spazio agli esport all’interno di quella che è la manifestazione universitaria di sport “classico” più grande d’Italia .”
Cosa consiglia a chi sogna di diventare sviluppatore di videogiochi? E a chi vuole diventare un pro-player?
“In realtà, parlare solo di sviluppo è un po’ riduttivo perché per fare videogiochi servono dei bravi sviluppatori ma anche dei bravi game designer.
Infatti, il percorso che proponiamo alla laurea specialistica in informatica vede entrambe queste anime.
Purtroppo, in questo momento storico, ci stiamo rendendo conto che la creazione di un videogioco di successo in maniera completamente obbistica “nella cameretta con 20 euro”, se vogliamo proprio fare una citazione, non è più cosa. Bisogna creare dei team di lavoro e all’interno del team ognuno deve avere il suo compito.
Per questo motivo, il primo passo è capire che tipo di compito si vuole avere: sviluppatore o designer? E poi, se uno vuole fare, ad esempio, lo sviluppatore, in che cosa vuole specializzarsi? Grafica? Intelligenza artificiale? Simulazione fisica? Rete? Audio?
È una domanda semplice con una risposta molto complessa, ma una volta trovato l’argomento che più ci stimola, o con cui più ci troviamo a nostro agio, diventa più facile studiare, esercitarsi e crescere. Comunque, per proporsi come un professionista del settore serve oggi una grande preparazione sia teorica che pratica.
Per capire quali sono i ruoli possibili all’interno dell’industria videoludica, una lettura interessante è la “Game Career Guide”.
Per quanto riguarda il diventare un pro-player, non essendo io uno di loro, non posso fornire suggerimenti tecnici.
Tuttavia, da educatore, la vedo come una carriera sportiva a tutti gli effetti: può dare grandi soddisfazioni ma, nel momento in cui non si è più in grado di competere per questioni di età, un titolo di studio torna molto utile per assicurarsi un’indipendenza economica.
UES è un progetto molto positivo in tal senso, perché non mette in contrapposizione il seguire le proprie passioni e l’essere uno studente a tempo pieno.“
Cosa pensa della situazione dello sviluppo di videogiochi in Italia? E di come viene percepito il videogioco?
“La situazione delle aziende che sviluppano videogiochi in Italia è, per fortuna, in crescita. Questo è stato evidenziato anche dall’ultimo rapporto di AESVI, l’associazione italiana degli editori e sviluppatori di videogiochi.
Molte startup stanno nascendo e aziende anche molto piccole riescono a creare prodotti che, in qualche occasione, riescono addirittura a catturare l’attenzione del mercato asiatico; cosa che alle produzioni occidentali è tendenzialmente preclusa.
La qualità c’è tutta, e nessuno lo mette in dubbio; ora però siamo chiamati a lavorare sul volume.
La percezione del videogioco risente, come per tutte le cose, di questioni generazionali. Nello stesso modo in cui la società del passato ha opposto resistenza all’introduzione della musica rock e della letteratura di fantascienza, la società moderna si dimostra un po’ refrattaria ad accogliere il videogioco come un artefatto digitale per veicolare emozioni.
La cosa che non mi vede d’accordo, è che questo sia un fenomeno solo italiano. Esiste, ed è visibile in molti altri paesi; si tratta solo di quanto lunga è stata l’esposizione. E questo spiega come mai in Korea e Giappone i videogiochi siano visti in maniera molto meno diffidente.“
Come mai un professore universitario dovrebbe interessarsi ad un evento come questo?
“Insieme ai miei due colleghi, Laura Ripamonti e Davide Gadia, ci occupiamo già da anni di videogiochi. Ovviamente, con una prospettiva piuttosto orientata agli aspetti informatici.
Tuttavia, il ruolo di una Università come la nostra non è solo quello di esplorare le scienze, la letteratura e la storia, ma anche di capire e interpretare le persone e la società. Gli esport, come fenomeno innegabile della società del nostro tempo, non possono quindi essere ignorati.“
Ultima domanda, qual è il suo gioco preferito?
“Dipende un po’ dal contesto:
“Ritorno alle origini” – Nethack
“Per le notti insonni” – Heroes of might and magic
“Quando voglio evadere” – World of Warcraft“
Un nuovo punto di incontro
E’ chiaro che la volontà dell’Università Statale di Milano di aprirsi alle nuove tendenze e ai gusti dei più giovani ha solidi basi nella passione e nella serietà di chi, fra volontari, tecnici e professori, si impegna giornalmente per la riuscita di eventi come UES. Vedere un torneo di League of Legends nell’Aula Magna della Statale di Milano non solo eleva il medium videoludico a nuova importanza, rendendo finalmente giustizia a chi il gioco lo affronta come vera competizione, ma avvicina l’università ai più giovani mostrando un fondamentale punto di apertura fra appassionati e istituzioni.
Il 6 Luglio hanno certamente vinto i ragazzi del Politecnico di Torino, ma hanno vinto anche i ragazzi della squadra di Pisa, i volontari, i tecnici, i professori, il pubblico e tutti gli appassionati di videogiochi.