Sviluppato da Orangutan Matter Games, Unleaving è un platform-puzzle game a scorrimento in 2D, ma la semplice definizione videoludica non gli rende giustizia. Unleaving è un’opera d’arte, una poesia interattiva che prende per mano il giocatore e lo trascina in un viaggio introspettivo. Nel mezzo di un mercato sempre più polarizzato verso sponde sicure, Unleaving cerca in tutti i modi di allontanarsi dalle certezze e fa ciò che i videogiochi dovrebbero fare: sperimenta.
Primavera e autunno
Per stessa ammissione degli autori, Unleaving si ispira alla poesia “Spring to Fall for a young Child” di Gerard Manley Hopkins, poeta inglese del 1800. La poesia racconta di come il passaggio da primavera ad autunno sia del tutto sovrapponibile alla natura umana. Se prima avevamo foglie verdi e rigogliose, col passare del tempo le stesse foglie cadranno, fino a spogliare completamente l’albero che ricoprivano. Ma in che modo un bambino vede questi cambiamenti? Questa è l’interrogazione a cui provano a rispondere Saif Jabur e Sura Karnawi, autori di Unleaving.
La scena iniziale inziale si apre con un bambino seduto su una scogliera, con lo sguardo abbassato e triste, osserva il vuoto che gli si para davanti. Sopra di lui, un’ultima foglia attaccata a un albero cerca disperatamente di rimanere aggrappata, ma una folata di vento la stacca e la porta via. Ma la sua vita non è finita. Proprio come un bozzolo, la foglia si trasforma in una farfalla davanti gli occhi del bambino, che incuriosito, la seguirà, dando vita ad un viaggio inaspettato.
Ogni livello è carico di una potenza simbolica vista raramente nel medium, a tal punto che ogni piccolo dettaglio potrà assumere significati diversi da giocatore a giocatore. Il riflesso che comparirà sotto i nostri piedi, ogni qual volta troveremo uno specchio d’acqua, è incerto, indefinito, proprio come la natura androgina del protagonista. Per un bambino è normale non avere definizioni per sé stesso, le stringenti categorie in cui ci rinchiudiamo non vengono neanche ponderate quando siamo piccoli, il periodo dove tutto è mutevole e lo scorrere del tempo è lento.
Unleaving ci riporta all’infanzia per farci cambiare prospettiva sugli eventi che caratterizzano le nostre vite, attraverso gli occhi di un bambino tutto appare più colorato e privo di quel cinismo tipico degli adulti. Tornando indietro siamo costretti a riportare a galla tutti quei ricordi che abbiamo deciso, consapevolmente o meno, di lasciare sepolti e così facendo dobbiamo affrontarli nuovamente. Ma non siamo più la stessa persona che ha vissuto quegli eventi, riscoprendo le cose che ci hanno ferito o le difficoltà che abbiamo vissuto, non potremo fare altro che imparare dal passato.
Questo è il macro-tema di Unleaving: imparare dagli errori del passato e insegnare alle nuove generazioni a non commetterli nuovamente, anche se la strada da percorrere è dolorosa e incerta, lo dobbiamo per il futuro di tutti. Non a caso, Il gioco intitola uno dei suoi capitoli “zugzwang”, un termine utilizzato negli scacchi, che identifica una situazione nella quale ogni nostra mossa porterà a subire danni irreparabili e perciò avremo solo due scelte davanti a noi: concedere la partita oppure muovere, consci del male che faremo a noi stessi.
In questo modo lo zugzwang diventa metafora del viaggio del nostro protagonista, che dovrà morire più e più volte per riuscire a proseguire nei puzzle proposti da Unleaving, un sacrificio dovuto se vogliamo arrivare alla fine del percorso.
Un gameplay alla Limbo
Come già detto, Unleaving è un puzzle game a scorrimento in 2D. Propone al giocatore una serie di puzzle e starà a noi risolverli sfruttando la meccanica, tipica dei giochi anni ’80, del “try and repeat”. La natura dei puzzle è ispirata a quel capolavoro di Limbo, dal quale Unleaving eredita la struttura ludica in generale. Molto spesso i rompicapi proposti saranno difficili e richiederanno una certa precisione nei comandi.
Se proprio vogliamo trovare un difetto al lavoro di Orangutan Matter Games, quello è proprio il rapporto tra i comandi e la difficoltà dei puzzle. Soprattutto con il joypad, le reazioni del protagonista avranno sempre un leggero ritardo rispetto alla pressione del tasto. Questo molte volte si traduce in una morte immeritata, figlia di una calibrazione inesatta piuttosto che di un’incomprensione del design del gioco.
La natura dei puzzle, invece, è molto ben fatta, con livelli ispirati e coerenti con la poetica mostrata in quel particolare frangente. Il lavoro di Orangutan Matter Games, oltre al lato artistico, è da premiare anche dal punto di vista ludico, visto il sapiente uso della fisica in-game e dell’originalità delle soluzioni.
Unleaving: poesia in movimento
Arriviamo al punto cardine dell’intera opera, volutamente tralasciato fino ad ora: la componente grafica e sonora. La potenza di Unleaving è da ricercare proprio nel mastodontico lavoro dietro l’estetica del gioco, infatti, ogni singolo elemento presente, è stato completamente disegnato a mano. Più che “disegnato” sarebbe giusto dire dipinto a mano: ogni sfondo, oggetto o personaggio è stato prima dipinto su tela e poi trasposto all’interno del videogioco.
I cieli di Van Gogh, i disegni a matita di Escher o il surrealismo di Dalì sono solo alcune tra le ispirazioni usate dagli autori di Unleaving, che hanno saputo creare una commistione di stili evocativa e mai banale, capace di trattenerti per minuti interi a osservare le varie sfumature impresse sullo schermo.
Questo incredibile lavoro è stato poi affiancato ad una colonna sonora minimale, ma piena di potenza, che riesce a rafforzare gli evocativi scenari che osserviamo su schermo, facendomi venire, non esagero, la pelle d’oca a più riprese. Non posso aggiungere altro senonché Unleaving è pura poesia in movimento, un’opera d’arte coraggiosa che arricchisce il medium e dalla quale le grandi software house dovrebbero imparare.