Tra le tante peculiarità del mondo indie c’è quella di vedere spesso titoli che omaggiano grandi classici del passato; questo perchè spesso gli sviluppatori sono prima di tutto appassionati con un solido background e con dei modelli che li ispirano da quando erano dall’altra parte della barricata.
Anche in questo caso non ci si può sottrarre alla regola per cui a titoli ben riusciti come i due Evoland o Shakedown Hawaii corrispondano schifezze come la saga Outbreak; ogni volta quindi che un titolo ci ricorda un capolavoro del passato, non possiamo fare a meno di avviare la partita con il timore di vedere svilito un grande classico.
Prima ancora di cominciare la recensione, voglio rassicurarti: non è questo il caso di UnMetal.
Lo spagnolo Unepic Fran, già conosciuto per i suoi precedenti Unepic e Ghost 1.0, con il suo terzo titolo ha deciso di puntare in alto tornando agli anni ’80, ai tempi di MSX e di uno dei suoi titoli più famosi: Metal Gear. L’inizio di una leggenda, anzi di due. La saga Metal Gear Solide Hideo Kojima.
Prick Snake
Avviato il gioco, entriamo subito nella storia di UnMetal senza troppi preamboli scoprendo che, con una scelta degna di plauso, Francisco Téllez de Meneses (questo il vero nome di Unepic Fran) ha scelto di abbandonare qualsiasi pretesto di trama realistica, tipica della saga di Metal Gear, in favore di una storia dai toni più umoristici e deliranti.
Vediamo quindi un elicottero russo, abbastanza simile agli Hind resi famosi dal gioco di Kojima, abbattuto da militari americani che ne arrestano il pilota, conducendolo da un superiore per un interrogatorio.
Una volta inquadrato scopriremo che Jesse Fox (cognome decisamente non casuale) è molto simile allo Snake del primo Metal Gear Solid con qualche richiamo anche al gemello Naked Snake, con tanto di voce roca che fa il verso a quella di David Hayter, da sempre voce del nostro serpente preferito.
Potremmo quindi definire Jesse Fox un ulteriore componente della famiglia Snake, il quarto, a cui ho dato il nome di battaglia di Prick; il perché è abbastanza semplice, se mi permetti una volgarità, Jesse è un grandissimo cazzone.
Per tutta la durata del gioco avremo sempre il dubbio se quanto narrato sia vero o se sia il frutto della mente malata di un cosplayer che si è spinto un po’ troppo oltre; per cui o è un tizio incredibilmente fortunato, con una base di sociopatia latente, oppure è uno psicopatico e basta.
Comunque, tornando alla storia del gioco, durante l’interrogatorio Jesse racconta di come dal nulla sia stato accusato per un crimine che non ha commesso e sbattuto in una prigione militare senza troppi complimenti. Prigione che ricorda, casualmente ovviamente, una certa base situata in un paese che conosciamo con il nome di Outer Heaven.
E ad un certo punto si troverà anche costretto ad affrontare l’Organizzazione X comandata dal Generale X, che non ha di certo piani bonari nei confronti del pianeta.
Il nostro “eroe” (ma lo sarà davvero?) non può sopportare in silenzio e, prendendo a pugni una tazza del gabinetto, si ricava una via per la libertà. Più o meno.
Inizia così una trama ricca di sorprese, omaggi divertenti e battute talvolta più riuscite di altre che non ci terrà mai con il fiato sospeso dal momento che ad un certo punto scopriremo che Jesse sta raccontando l’intera storia alla fidanzata, segno che comunque riuscirà a cavarsela in qualche modo.
La storia merita comunque di essere giocata e vissuta, e farne ulteriori spoiler rischia di rovinare l’esperienza di gioco anche se è il come ad avere il ruolo più importante in UnMetal; in fin dei conti più della storia e della meta, conta il viaggio e ancor di più il gameplay.
Il gameplay di UnMetal
Come già detto, il gameplay è l’elemento più importante nonchè quello meglio riuscito dell’intero gioco. In apparenza è molto semplice, richiama quello dei titoli anni ’80 ma non è esattamente così: potremo muoverci liberamente e rotolare ma non saltare (“non ho saltato dall’inizio e non comincerò ora”) e avremo a disposizione una manciata di tasti per ricaricare le armi e sparare (anche se non potremo permettere che i nostri nemici muoiano, non siamo assassini), utilizzare una radio che ricorda molto il codec tanto caro a Snake e infine prendere a pugni tutto quello che ci circonda, siano soldati o semplici casse sparse per i livelli.
Ad un gameplay tanto classico, vengono però aggiunti due livelli decisamente meno old school, il primo dei quali è la gestione dell’inventario.
A nostra disposizione abbiamo uno spazio in cui raccogliere tutto il materiale trovato in giro che, tranne qualche simpatica eccezione (una benda per occhio ad esempio), ci servirà per avanzare nel gioco; il punto è che difficilmente quello che troviamo va utilizzato così come è, spesso dovremo piuttosto ingegnarci per combinare gli oggetti e crearne man mano armi oppure elementi necessari per superare ostacoli e via discorrendo.
Insomma Jesse Fox oltre che con Snake parrebbe avere parecchio a che spartire anche con MacGyver!
L’elemento principale nel gameplay è in realtà un altro ed è una vera e propria peculiarità di UnMetal: l’ambiente di gioco, e conseguentemente anche il gameplay, mutano a seconda di quello che il protagonista ricorda.
Ce ne accorgiamo sin da subito, quando uscendo dalla cella l’ambiente viene creato man mano che Jesse lo descrive e diventa ancora più chiaro quando potremo scegliere il numero di guardie da affrontare dietro un angolo.
Attenzione però, questa prima scelta serve più o meno a mostrarci come funziona il sistema mentre nel resto del gioco dovremo essere più furbi del software, senza crederci troppo scaltri altrimenti sceglieremo sicuramente l’opzione che ci complicherà le cose.
E’ un sistema molto divertente, in grado di cambiare le carte in tavola rapidamente e rendere anche le situazioni più semplici sfide da superare con abilità o trasformare momenti noiosi in piccoli siparietti esilaranti. Hai mai visto il protagonista di un videogioco trasformarsi in una ghianda gigante, costretto a sfuggire da torme di scoiattoli assatanati con un sottofondo che ricorda Benny Hill?
Questi diversivi sono anche utili per evitare la noia che potrebbe venire da un titolo che, per ovvi motivi, ha uno schema abbastanza fisso che ci vede attraversare un livello, affrontare i boss di turno (anche più di uno) e proseguire fino al quadro successivo.
Segnali di Stile
Il comparto grafico di UnMetal è molto convincente con la sua pixel art che non lesina comunque nei dettagli e riproduce con buona approssimazione il feeling dato dal giocare su una tv a tubo catodico.
La palette di colori utilizzata si adatta alla perfezione al contesto in cui ci troviamo man mano e la pulizia complessiva lo rende un titolo godibile anche allo sguardo, pur mancando di grafica 3D o di alta definizione strictu sensu.
Il comparto sonoro è altrettanto buono, a partire dal doppiaggio (solo in inglese) per continuare con gli effetti sonori e l’accompagnamento musicale che aggiunge verve comica, e non solo, alle avventure di Jesse Fox.
Molto buono anche il lavoro di localizzazione in italiano, non scontato per questo tipo di prodotti.