Quando ci si ritrova con un pad alla mano per parecchi anni si impara un concetto tanto semplice quanto fondamentale: la perfezione tecnica ed estetica non sono tutto in un videogioco. I portabandiera per eccellenza di questo concetto sono i titoli indie, che spesso e volentieri puntano tutto su un’idea di gameplay vincente a discapito di un comparto tecnico e grafico più contenuto.
Until the Last Plane fa parte proprio di questa tipologia di videogiochi, infatti è stato sviluppato solo da un tale CarloC. Sarà riuscito però a far soprassedere sopra alcune pecche grazie al suo gameplay? Scoprilo nella nostra recensione!
Until the Last Plane: gestendo un campo d’aviazione nella seconda Guerra Mondiale
Until the Last Plane si presenta come un gestionale strategico nel quale si è chiamati a gestire un campo d’aviazione militare durante il periodo della seconda Guerra Mondiale. Dopo un paio di tutorial ben esplicativi, si può accedere a 3 campagne differenti, ognuna delle quali permette di vestire i panni di 3 nazioni, ossia USA, USSR e Germania.
Per ogni campagna saranno disponibili 3 missioni con ordine di difficoltà crescente nelle quali affronteremo delle battaglie cruciali per le nazioni che andremo a controllare. Per quanto riguarda la trama, in realtà il gioco non offre molto altro, ma c’è anche da dire che in generi simili la storia è più un pretesto per dare contesto a ciò che si sta giocando, quindi questo aspetto non è necessariamente un punto a sfavore per il titolo.
Gestisci il campo, perlustra le zone e sconfiggi i nemici, per sempre
Ogni missione di Until the Last Plane ha una durata di 5, 6 o 7 giorni (a seconda della missione) e in ogni giornata sarà necessario completare determinati obiettivi per poter proseguire, come sconfiggere 4 aerei nemici o bombardare 3 basi nemiche.
Una volta avviata una missione della campagna il gioco presenterà una visuale dall’alto con la quale è possibile gestire il proprio campo d’aviazione. Gli aspetti da tenere d’occhio non sono tantissimi, ma abbastanza da tenere all’erta costantemente il giocatore. Procurarsi carburante, pezzi di ricambio o munizioni, riparare eventuali aeroplani danneggiati grazie all’officina o gestire correttamente l’utilizzo degli aviatori saranno le basi dell’aspetto gestionale del titolo.
Tutto ciò che è stato menzionato sarà ottenibile grazie a una valuta, la quale è differente da nazione a nazione e non è necessarimente monetaria. Con gli USA, ad esempio, occorrerà utilizzare il denaro ottenuto al completamento di ognimissione, mentre con l’URRS basterà l’influenza politica ottenuta.
Ma in questo gioco non si gestisce solo il campo d’aviazione, ma bisogna anche passare all’azione. Gli obiettivi da completare si sbloccheranno grazie ad una fase precedente di perlustrazione, nella quale più cercherai di ottenere informazioni (che saranno poi gli obiettivi da completare, anzi da distruggere) più aumenta il rischio di essere colto in fragrante dai nemici, che danneggeranno il pilota e l’aereo utilizzato.
Questa fase è forse quella meno ispirata di tutto il titolo. Fondamentalmente ci sarà l’aereo che andrà dritto e non si potrà nemmeno cambiare direzione o perlomeno corsia: tutto ciò che sarà necessario fare è premere un tasto per fotografare basi o aerei nemici, tutto qui. Diciamo che non è esattamente il massimo del divertimento o dell’originalità, ma si tratta comunque sia di una fase preliminare obbligatoria prima di raggiungere l’obiettivo vero e proprio.
Una volta trovati gli obiettivi, se ne dovrà scegliere uno solo. Solitamente si tratta di “eliminare 4 aerei nemici” o “bombardare 3 navi nemiche”, niente di particolarmente complesso, comunque. Qui inizia però la vera anima del gameplay. Una volta scelti quanti piloti mandare a combattere (i quali hanno tutti delle statistiche ben precise) potranno avvenire 3 situazioni differenti. Attaccare i nemici, evadere i loro attacchi o bombardare basi o navi nemiche.
Quando si dovranno eliminare gli aerei nemici, si verrà schierati in una sorta di minigioco a turni insieme all’aereo avversario. Si avranno a disposizione tre tipi di virate eseguibili con un numero limitato di utilizzi, così come l’avversario. L’obiettivo sarà quindi quello di riuscire a posizionarsi in mod da colpire l’aereo nemico, per poi procedere con la missione.
Situazione simile avviene quando si tratta di dover evitare gli attacchi nemici, solo che, appunto, in questo caso si dovranno utilizzare le mosse a disposizione per allontanarsi il più possibile dalle bocche di fuoco del nemico.
Quest e due meccaniche di gameplay sono abbastanza originali e divertenti. L’unica pecca è che nemmeno alla massima difficoltà ci si trova seriamente in pericolo (che però richiede una buona dose di accortezza e strategia), tranne in alcuni momenti in cui sembra quasi si possa perdere e basta.
La sensazione di essere praticamente incontrastabili, o quella di essere totalmente impotenti, spezza molto facilmente l’immersione nel mondo di gioco per il giocatore. Ed è un vero peccato in quanto, come già detto, l’idea è veramente interessante.
Until the Last Plane offre anche una fase in cui sarà invece necessario bombardare basi nemiche. Qui il gameplay risulta poco ispirato, in quanto sarà necessario cliccare al momento giusto durante lo scorrimento di prima una linea orizzontale e poi una verticale, in prossimità dell’obiettivo per poterlo colpire. Sicuramente più divertente della fase del sopralluogo, ma comunque nulla di così entusiasmante, purtroppo.
Oltre a questo cosa offre il gioco? Beh, per quanto riguarda il gameplay poco e null’altro. Certo, si possono acquistare dei bonus passivi alla fine di ogni missione, occorre stare attenti a non sprecare troppe risorse, ad avere sempre i veicoli in buono stato, a non far strafare i piloti e così via, ma sono tutti accorgimenti che devi risolvere quasi per forza: è praticamente impossibile non notare il danneggiamento di un aereo, per esempio, perché da solo non ripartirà mai all’azione. Essendo quasi “imboccati” dal gioco, purtroppo c’è molto poco a cui stare veramente attenti e la componente gestionale viene meno.
Nel corso delle campagne per giunta non si sblocca mai nulla di così significativo o impattante da creare un senso di progressione, anche perché le statistiche raramente fanno chissà quanta differenza se tenute d’occhio o meno, anche a difficoltà massima (eccezion fatta per stanchezza e stress dei piloti, ma variabili come potenza del vento, temperatura esterna o robustezza degli aerei nemici sono pressappoco inutili da considerare).
Purtroppo quindi il gioco rischia di annoiare dopo neanche un’ora di gioco e diventa estremamente ripetitivo in un batter d’occhio.
Pixel Art che delizia, o forse non sempre
Graficamente il gioco si presenta in stile Pixel Art e la qualità in realtà è spesso altalenante.
Se da un lato vedere realizzati quasi 20 modelli di aeroplani fedeli a quelli storici con questo stile in modocosì dettagliato fa gioire gli occhi del videogiocatore, così come lo è vedere come lo sviluppatore abbia dedicato molto lavoro anche a piccoli dettagli, come l’ombra delle nuvole che si muove e così via, dall’altro il gioco propone una Pixel Art troppo banale e poco ispirata, soprattutto quando si visualizza il campo d’aviazione, che nel complesso offre un colpo d’occhio tutt’altro che eccelso.
Tecnicamente il gioco sembra impeccabile, questo c’è da dirlo. Per tutte le ore in cui ho provato il titolo, non ho mai avuto alcun tipo di problema, e tantomeno ho assistito a bug o glitch, quindi sotto questo aspetto il titolo è pienamente promosso.
Anche la colonna sonora di Until The Last Plane è di buona fattura: i brani si adattano abbastanza bene all’esperienza offerta, anche se la quantità è quasi ridotta all’osso. Per quanto possano risultare orecchiabili e di qualità infatti, così come il gameplay, iniziano a risultare stucchevoli dopo non troppo tempo di gioco per la loro continua ripetitività.