La storia
Evelia Lyric riceve, tramite testamento di suo padre, un guanto che è in realtà un potente artefatto magico: il Vambrace, e che, sempre secondo suo padre, avrebbe dovuto aiutarla a rompere la maledizione che attanaglia la regione di Icenaire, rinchiusa all’interno di un’enorme muro di ghiaccio, letale per chiunque lo tocchi.
Grazie al Vambrace, Lyric riuscirà ad oltrepassare l’invalicabile barriera e giungerà a Dalearch, cittadina in cui le varie razze intrappolate insieme, convivono nonostante rivalità e tensioni, pur di sopravvivere.
Tutto questo è semplicemente l’inizio di una storia ben narrata e articolata, che viene descritta sia attraverso dei filmati, sia grazie a molti documenti sparsi per il mondo di gioco.
Dispiace, però, non ritrovare la stessa cura nel background dei vari personaggi che potremo portare con noi durante il gioco, relegati a semplici oggetti da utilizzare, senza storia personale, ma su questo ci torneremo in seguito.
Se invece parliamo dei personaggi attinenti alla storia, il discorso cambia completamente, poiché questi sono stati realizzati in maniera interessante e completa, alcuni, addirittura, sembrano lanciare più di un riferimento a vari personaggi di Final Fantasy.
Il gameplay
Il gameplay di Vambrace: Could Soul si ispira in maniera palese ad una perla nell’ambito dei dungeon crawler come Darkest Dungeon, da cui riprende molte meccaniche.
La nostra avventura partirà proprio da Delearch, che fungerà da hub centrale in cui assoldare i membri del party, riposare e creare nuovi equipaggiamenti nella forgia.
Dopo aver ricevuto una missione da uno dei personaggi principali, il nostro primo compito sarà proprio quello di formare una squadra per intraprendere la prossima spedizione.
In Vambrace, infatti, non avremo dei compagni fissi che ci seguiranno durante la storia, ma li dovremo reclutare alla taverna dei guerrieri, generati dal gioco stesso in maniera casuale.
Ognuno di loro avrà delle caratteristiche che lo distingueranno dagli altri e che lo inquadreranno nei classici stereotipi di classe da GDR, come per esempio il ladro molto veloce in combattimento e capace di scassinare serrature, o il guerriero con il ruolo da tank, in grado di attirare su di sè l’attenzione dei nemici.
Come accennato prima, vista la qualità dello storytelling, dispiace che nessuno di questi personaggi abbia un approfondimento dedicato, anche solamente scritto, riducendo ogni membro del party ad essere unicamente un oggetto da utilizzare in combattimento, verso cui non proveremo mai nulla.
Una volta intraprese le missioni, verremo in contatto con il vero cuore del titolo, l’esplorazione dei vari dungeon che si struttura come il passaggio da un’area all’altra della mappa di gioco, incontrando sulla nostra strada nemici, tranelli e scrigni di tesori.
L’interfaccia di gioco è composta da barre da tenere sotto controllo per ognuno dei nostri personaggi: la prima è la barra della vita, di colore rosso, la seconda è la barra gialla del vigore, che rappresenta la stanchezza dei nostri personaggi: tanto più si svuoterà, tanto più questi saranno debilitati; il completo svuotamento di una delle due barre, anche di un solo personaggio, comporterà l’istantaneo game over, costringendoci a ricominciare l’intera spedizione da capo.
In più, la barra del vigore diminuirà di una unità in ogni stanza in cui entreremo, a rappresentare il freddo perenne che intacca il benessere dei nostri personaggi, anche se non è ben chiaro il motivo per il quale non si siano adeguatamente attrezzati per non patirlo.
Inoltre sarà presente anche un contatore di energia spettrale, che aumenterà con il passare delle stanze fino a quando non raggiungerà il livello massimo: nel momento in cui si verifica ciò non potremo più interagire con gli oggetti ambientali, le abilità di cura dei nostri personaggi non avranno effetto, e incontreremo dei nemici potenziati in ogni singola stanza in cui entreremo.
Il continuo aumento di questo contatore, unito al consumo perenne di vigore, costringe il giocatore ad andare all’obiettivo della missione attraverso la via più breve possibile, togliendo totalmente il gusto dell’esplorazione dei dungeon tipica del genere, e per questo risulta incomprensibile e frustrante.
La grafica
Da un punto di vista grafico il titolo è realizzato in maniera eccelsa, con una direzione artistica chiaramente molto ispirata e che si rifà in parte agli anime giapponesi.
Il design dei personaggi è molto curato e accattivante, e la reinterpetazione di alcuni classici canoni fantasy, come gli elfi guaritori con indosso le maschere con becco del 1600, sono semplicemente geniali.
I disegni delle ambientazioni e dei dungeon sono realizzate splendidamente e sono decisamente ricche di dettagli e ben caratterizzate.
Purtroppo a causa della realizzazione in 2D le animazioni risultano un po’ legnose ma comunque nel complesso sono ben fatte e risultano accettabili.
Longevità
Per gli avvezzi al genere, la longevità del titolo si attesta intorno alle otto ore, bisogna però sottolineare come Vambrace sia un titolo estremamente difficile, e a tratti frustrante, per cui molti giocatori ci metteranno decisamente di più a terminarlo; chi vi scrive ha ripetuto il primo dungeon almeno una decina di volte prima di capire come procedere in maniera più rilassata.
Purtroppo il gioco soffre di un grosso difetto, la difficoltà spesso non deriva dalla qualità della sfida proposta, ma unicamente da un’impostazione del gameplay che non permette nemmeno un errore ed eccessivamente punitiva.
In questo senso, la decisione di non creare dei checkpoint durante i dungeon risulta incomprensibile e avvilente se pensiamo che esistono percorsi in cui basta entrare in una stanza di troppo per non avere abbastanza vigore per terminare la spedizione, rendendo necessario calcolare sempre ogni minima mossa, senza la possibilità di godersi il titolo, lasciandosi circondare dalla storia e dall’esplorazione.
In conclusione
Vambrace Could Soul è un titolo che riesce a donare una profondità narrativa e artistica senza precedenti all’interno di un gameplay di dungeon crawling estremamente difficile e a tratti frustrante, che risulterà indigesto ai giocatori più casual.
Rimane il dispiacere per un titolo che avrebbe potuto essere bilanciato meglio, rendendo l’esperienza di gioco davvero divertente e unica.