Questo 2023 è ormai alle porte, e per noi videogiocatori è stato particolarmente movimentato e ricco di ottime uscite. Tirando le somme di un’annata così interessante, non può mancare qualche riflessione sullo stato attuale di quella che ormai da “next gen” è diventata “current gen”. Ma quanto “next” è davvero l’attuale generazione videoludica?
Vorrei mantenere questa provocazione come spunto di riflessione che faccia da sfondo alla recensione. Si perché giocare Vaudeville ci mette inevitabilmente di fronte alla parola “futuro” e a tutto ciò che questo concetto comporta nel panorama videoludico odierno. Ma procediamo con ordine.
“Stepped off the gameplay”: benvenuto a Vaudeville
Vaudeville è un gioco che appartiene al genere investigativo con tinte noir, da cui attinge a piene mani per quanto riguarda la scrittura dei personaggi e dell’ambientazione. Nei panni del detective Martini, dovremo indagare su 3 misteriosi omicidi avvenuti in città, tutti apparentemente scollegati tra loro. Il compito del giocatore è dunque fare luce sull’accaduto e assicurare alla giustizia l’assassino.
Detta così, potrebbe sembrare di trovarsi davanti all’ennesimo titolo investigativo, ma se hai già letto titolo e anteprima di questa recensione, sai che il vero elemento che rende interessante questo titolo è che basa interamente il suo gameplay sull’intelligenza artificiale generativa, anche se parlare di un gameplay vero e proprio è in realtà difficile.
L’intera fase di indagine, che non solo rappresenta il cuore del gioco, ma proprio tutto ciò che il gioco ha da offrire, si svolge mediante dialoghi con i vari NPC gestiti dall’intelligenza artificiale.
Tu domandi, l’interrogato risponde. Fine. Su come si svolge l’interrogatorio dedicheremo il prossimo paragrafo, dal momento che è l’anima vera e propria del gioco. Ciò che ci interessa per il momento è notare che, al di fuori di queste lunghe sessioni di domande e risposte, non esiste al momento altro da fare all’interno del gioco. L’esplorazione della città semplicemente non c’è; ci si limita infatti a scegliere sulla mappa generale tra i vari punti di interesse che ospitano gli NPC, con un semplice click del mouse.
Nel momento in cui scrivo, è in fase di testing una Story Mode che a detta degli sviluppatori dovrebbe offrire qualche elemento di gameplay in più, oltre che una sorta di progressione narrativa che “sblocchi” i personaggi con l’incedere dell’indagine (allo stato attuale infatti tutti i personaggi sono già da subito pronti ad essere interrogati).
Resta il fatto che al momento il gameplay si limita esclusivamente alla fase di dialogo, che è giunto il momento di approfondire.
Intelligenza artificiale a tribunale
Gli interrogatori sono il cuore pulsante di Vaudeville, e si sviluppano in maniera totalmente libera e procedurale. Sei infatti tu a porre le domande agli NPC, senza alcuna sorta di vincolo o limitazione. Puoi chiedere al sospettato di turno quello che vuoi, e con ogni probabilità, la prima mezz’ora di gioco la passerai importunando tutti gli NPC con domande assurde e proposte indecenti.
Finita questa fisiologica fase diciamo “sperimentale”, bisogna tuttavia rimboccarsi le maniche e andare avanti con l’indagine. Difficile qui aggiungere qualcosa di nuovo a quanto già detto: mancando qualsiasi articolazione di gameplay o anche solo un binario narrativo, come svolgere le indagini sta alla fantasia e all’intuito del giocatore. Detto in breve, devi ingegnarti in autonomia per capire cosa chiedere, a chi chiedere, come chiederlo. E cosa si prova a interrogare una intelligenza artificiale generativa?
Anzitutto va detto che possiamo interagire con gli NPC direttamente in italiano, modificando il linguaggio dal menu di gioco, e possiamo farlo sia testualmente, scrivendo le nostre domande sulla tastiera, che utilizzando il microfono per porre le nostre domande a voce.
Senza spoilerare nulla sulla trama e sull’indagine, il caso che ci si para davanti è abbastanza complesso e bisognerà stare attenti a come procedere. È molto facile infatti, se si insiste su una domanda sbagliata, che l’intelligenza artificiale arrivi a inciampare su sé stessa. È capitato ad esempio durante la mia run di torchiare un personaggio fino a strappargli una confessione del tutto fasulla e irrilevante ai fini dell’indagine.
Se ci atteniamo tuttavia alle informazioni che otteniamo dal gioco nella loro forma più semplice e diretta, possiamo riuscire a cavare il proverbiale ragno dal buco senza dare troppo di matto. Il problema è che non è così semplice farlo sempre. Mi spiego meglio.
Il vero punto debole di questo sistema rimane tuttavia rappresentato dai dialoghi generati proceduralmente dall’intelligenza artificiale: se la trama di fondo resta la stessa ad ogni run, il modo in cui le informazioni ci vengono fornite è “generato proceduralmente”, meccanica forse troppo abusata di questi tempi abusati, e ancora evidentemente acerba.
Il genere del giallo, o comunque un esperienza ludica di tipo investigativo, si basa molto su un tipo di logica deduttiva e induttiva che permette al giocatore di ricostruire gli elementi di un caso e trovare la soluzione, e questo è possibile solo se il creatore dell’esperienza ludica ha previsto un filo logico che sorregga il tutto ad hoc. Con dei dialoghi generati proceduralmente è chiaro che questa solidità logica è più difficile da ottenere.
Ciononostante, il tutto in qualche modo funziona, e come già ricordato in questa recensione, dobbiamo guardare a questo esperimento più come ad un punto di partenza che di arrivo.
Qualche cenno tecnico su grafica e gameplay
Qui non c’è da dilungarsi troppo: visivamente il gioco mostra il fianco a diverse critiche. I modelli degli Npc sono a esser buoni bruttini, e ricordano quelli dei primi titoli usciti su PlayStation 3 e Xbox 360. Insomma, i personaggi sono dei pupazzoni dall’aspetto “finto” e lo sguardo completamente vacuo. Anche il comparto sonoro non brilla particolarmente: la musica in sottofondo al menu e alla mappa è sì in tema, ma per nulla ispirata, mentre le voci dei personaggi generate dall’intelligenza artificiale risultano sì robotiche, ma comunque non sgradevoli da ascoltare. Se dal comparto grafico ci si poteva aspettare forse un po’ di più, il comparto sonoro fa il suo lavoro senza infamia e senza lode, anche se ovviamente va ricordato che non è certo su questi due aspetti che un gioco come Vaudeville vuole puntare.
E mi riallaccio qui alla provocazione con cui si apre questa recensione: il panorama videoludico odierno dei tripla A pare girare su sé stesso ormai da qualche tempo. Per quanto a livello grafico, tecnico ed artistico possiamo oggi giocare opere certamente di spessore (è il caso del recente Alan Wake 2), le innovazioni riguardanti il gameplay sembrano sempre più un miraggio.
Non voglio certo suggerire che l’IA debba un domani sostituire il lavoro dei game designer, ma rappresenta sicuramente uno strumento che in accoppiata al nostro medium preferito può forse essere uno spiraglio interessante per una nuova strada da percorrere. A Bumblebee Studio e Vaudeville il merito di avere iniziato a a farla intravedere; adesso c’è da provare a percorrerla con serietà.
Mi regalo una postilla per segnalare un piccolo bonus: consiglio caldamente di visitare la pagina ufficiale Steam del gioco. Oltre a trovarci ovviamente informazioni aggiuntive e aggiornamenti sul gioco stesso, leggere le varie recensioni degli utenti è un ottimo modo per farsi un’idea delle conseguenze che può causare un uso “creativo” dell’intelligenza artificiale all’interno del gioco, e farsi due risate.