Videogiochi tanto amati, quanto disprezzati da una buona fetta di popolazione mondiale. La disinformazione a riguardo, ovviamente sul mondo videoludico, è veramente ad una soglia altissima e spesso si preferisce rimanere nella cattiva consapevolezza, piuttosto che indagare sul problema dell’utente. I videogiochi fanno bene e questo è appurato dalla stessa OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), in quanto sono stati dei protagonisti alquanto importanti per questi anni di dura pandemia a causa del Covid-19.
Esistono tantissimi studi che riportano come giocare per alcuni minuti, o anche un paio d’ore, possa aiutare a debellare tantissime malattie mentali. Di questo, però, ne abbiamo parlato in diversi articoli a parte e che ti consigliamo di leggere per avere un quadro più chiaro della situazione. Ecco qua un piccolo elenco:
- Beyond Xbox: Therapeutic Play unisce i videogiochi con la medicina;
- Videogiochi di sport attivi: confermati i benefici;
- Videogiochi che influenzano il comportamento e le abilità;
- I videogiochi possono diagnosticare la depressione;
- Hikkikomori: un fenomeno sempre più frequente presentato da Michele Cocchi.
Videogiochi: sinonimo di dipendenza?
Come tutte le cose a questo mondo, i videogiochi possono avere una controparte alquanto fastidiosa e pericolosa: la dipendenza. Come possono far bene, al tempo stesso possono risultare un inghippo non indifferente per continuare a vivere serenamente la propria vita. Ne abbiamo parlato anche in passato, durante il periodo del Salone del Libro tenutosi a Torino, dove è stato presentato un libro tutto videoludico. Lo stesso articolo lo trovi nella lista presente nel paragrafo precedente. Recentemente, comunque, questo argomento è tornato alla ribalta anche grazie a un servizio tenutosi da Studio Aperto durante l’ora di pranzo. Precisamente è stato un servizio andato in onda il 5 aprile del 2022.
Non veniva detto niente di malvagio o troppo complesso; sono stati mostrati dei grafici in cui venivano dichiarate le percentuali di persone, divisi fra sesso anagrafico e disturbo dell’utente, che sono state inglobate dal vortice cattivo dei videogiochi. Solitamente sono utenti che già risultano avere problemi in casa o delle difficoltà a relazionarsi con il prossimo in maniera chiara e cristallina. C’è stata una cosa, però, che personalmente mi ha fatto storcere il naso: non hanno parlato bene di ciò che l’OMS ha dichiarato in fase pandemica. Il servizio si è praticamente concluso spiegando come in questi due anni i casi siano peggiorati, andando sempre più alla deriva.
Sì, è vero; in questi anni i problemi legati al mondo videoludico sono aumentati e tutto grazie all’isolamento forzato a causa di forza maggiore. Ma non è finita qui e, come spesso abbiamo dichiarato noi stessi in base alle interviste fatte da chi è più esperto di noi, al tempo stesso ha dato man forte a tutte quelle famiglie che non potevano fare altro che videogiocare insieme. In Italia esiste ancora un brutto stigma sui videogiochi e servizi del genere non aiutano, purtroppo.
Quali problemi possono dare i videogiochi?
Le dipendenze sono strane e tantissime, non si fermano solo al fattore videogioco in sé. Esiste la dipendenza da punteggio, più comunemente chiamata “raggiungimento dell’obiettivo”, o quella dove effettivamente l’utente si sente più a suo agio in un mondo completamente fittizio. La più comune, comunque, è la prima elencata; i problemi legati ai videogiochi, però, non sono finiti qui; giocare per lunghe ore consecutive, portando la passione a una vera e propria ossessione, può causare irritabilità nell’utente o irrequietezza tale da non permettergli di comunicare con persone esterne.
Questo è un vero e proprio problema, perché porta il giocatore a chiudersi ancora di più nel videogioco, sentendosi più a casa rispetto alle quattro mura domestiche. Non solo, perché questo fattore è anche la conseguenza alla carenza di sonno, a uno scollegamento dei propri pensieri e isolamento quasi totale dagli altri. Un videogiocatore che si lancia sulla cattiva strana è anche un giocatore che riesce a mentire ad amici o familiari, pur di tornare in partita. Tutto questo porta altrettante conseguenze, come il disturbo del sonno, tunnel carpale, cattiva igiene personale e risulterà difficile anche fare le minime cose quotidiane. Oltre alla fortissima emicrania, quasi perenne.
Durante il servizio fatto da Studio Aperto viene riportato come siano in maggioranza gli utenti maschili rispetto a quelli femminili e che sono il 15% di loro non ha videogiocato in questi anni di pandemia. Al contrario del gentilsesso che è arrivata a una percentuale del 43%. Per quanto si sia evidenziato il fatto che le ragazze siano ancora troppo poche nel mondo videoludico, le percentuali indicate sono altissime.
Le cure per la dipendenza dai videogiochi
Non tutto è perduto; se sei un utente che si rispecchia nelle problematiche descritte qua sopra, o se magari conosci qualcuno a cui serva una mano, sappi che esistono delle terapie utili allo scopo. Quelle più usate sono le terapie cognitive e comportamentali, che aiutano il giocatore a riprendere in mano la propria vita con piccoli traguardi nelle attività giornaliere. Uno schema da seguire per avere pensieri più sani, controllare le proprie emozioni e sono considerate proprio come terapie o trattamenti ideali.
C’è però un grandissimo “Ma”: non devi procedere da solo. La dipendenza dai videogiochi è a tutto tondo un vero e proprio problema psicologico, entrato a far parte nella lista dei disturbi mentali/dipendenza da gioco d’azzardo o ludopatia. Proprio per questo motivo è necessario l’intervento di un consulente e di uno psicologo in grado di stabilire gli step da effettuare per poter tornare a vivere serenamente e, perché no, videogiocando più tranquillamente rispetto a prima. Esistono anche delle organizzazioni no profit che si occupano proprio di questi problemi dal 2002.
Uno fra i tanti è proprio Online Gamers Anonymous, che crea un programma in 12 passi per l’utente in questione, in modo da ridargli la vita quotidiana che merita.