Chi ha qualche anno sulle spalle ricorda sicuramente con affetto i box cartonati in cui trovavano posto cd e manuali dei nostri giochi preferiti. Ancora prima in questi box si potevano trovare uno o più floppy disk, necessari per installare l’avventura che ci avrebbe tenuti attaccati ai nostri monitor 4/3. Quelli erano anni in cui il gioco era solo ciò che rappresentava, sostanzialmente slegato dall’aspetto grafico e da quello sonoro che, spesso, praticamente era assente. Ricordo la mia scatola boxata di LHX Attach Chopper, oppure di Nigel Mansell… ci giocavo nel 1994 su un Pentium 100mhz con 8 Mega di Ram e scheda video SIS da 1 Mega. Ricordo anche il tempo passato con Slipstream 5000 della Gremlin Interatctive, di cui vi lascio uno screen.
Insomma, acquistavo la scatola (che poi veniva conservata gelosamente) installavo il titolo e giocavo. Fine. Non c’erano patch, ne al day one ne successivamente. Allo stesso tempo, non erano presenti nemmeno bug significativi. Ancora a fine anni 2000 si potevano acquistare giochi effettivamente finiti, bastanti a se stessi e a fornire al giocatore ore e ore di gameplay. E’ inutile inoltre negare che, a parte rari casi, le migliori trame ed esperienze videoludiche siano da ricercare in quel lasso di tempo che va dal 1995 al 2000, grosso modo. Togliere remaster e sequel dall’assortimento titoli di oggi significa tagliare tranquillamente il 60% della scelta totale di videogiochi, progetti indipendenti esclusi. Senza uscire troppo dal tema oggetto dell’articolo, comunque, dispiace vedere la situazione odierna del mercato videoludico. Da una parte abbiamo la grande promessa non mantenuta della riduzione di costo legata all’acquisto digitale dei vari titoli: oggi un gioco boxato e uno digitale costano uguali al day one e spesso anche successivamente. Ricordo bene quando si diceva che, risparmiando su packaging e distribuzione, si sarebbe potuto scontare i titoli anche di un buon 20% al lancio. Decisamente non è andata così. Dall’altra parte della barricata, invece, abbiamo patch al day one di dimensioni sempre più colossali. Sostanzialmente compriamo giochi non finiti, facciamo da beta tester. Però questo stato d’incompletezza non si ripercuote sul costo finale, sempre uguale. Ci sarebbe anche da affrontare l’annosa questione delle microtransazioni ma, in realtà, trovo significativo il caso del nuovo Call of Duty: Black Ops 4: DLC inseparabili e acquistabili solo tramite il season pass che costa 49,90€. Credo che la situazione stia sfuggendo di mano, costringendo il giocatore a pagare per avere contenuti che spesso dovrebbero essere inclusi nel prezzo del gioco e sopratutto presenti al day one.
In sostanza, il timore è quello di vedere giochi sempre più poveri conditi da DLC a pagamento sempre più cari e con contenuti che dovrebbero essere inclusi nel gioco originale… corro a cercare la mia scatola di Splitstream 5000.
È innegabile che il cambiamento nei videogiochi è avvenuto. Era inevitabile, anche grazie alla tecnologia che ogni giorno fa passi da gigante e che ci pone sempre meno limiti all’immaginazione, frutto anche di un Hardware sempre più performante. Molti sviluppatori con il fatto del “Salvagente” DlC si permettono anche di far uscire dei giochi incompleti. La patch aggiuntiva se usata in modo corretta da più longevità al gioco e ne amplia meccanismi e competitività.