Tu che stai leggendo oggi sei ufficialmente autorizzato a darmi del boomer, potrai dirmi che sono un videogiocatore vecchio che si lamenta perché “Ai miei tempi i videogiochi erano migliori” e magari il “videogioco migliore” conta quattro pixel in croce e una trama che, a rileggerla oggi, farebbe ridere anche un bambino da quanto è infantile. Eppure io ho giocato, non solo videogiocato, ho letteralmente giocato e mi sono divertito nel giocare: mi sono sentito frustrato a volte (Zaffa Chocobo sto guardando te), ma la soddisfazione di raggiungere alcuni traguardi e ricompense a cui non tutti arrivavano, o a cui non tutti ambivano, è qualcosa che non possiamo dimenticare e occasionalmente tirare fuori durante cene e bevute coi fidati compagni d’avventura…
“Ehi, ti ricordi quando in Legend of Legaia abbiamo ottenuto l’evocazione del Juggernaut? Tutta la squadra doveva essere al livello 99 per avere il Gioiello Rosso”. Ho giocato questo splendido GDR risalente al 1998, purtroppo sconosciuto ai più, nel lontano 2005, e il Juggernaut era un’invocazione potentissima… e completamente inutile, dal momento che la possibilità di ottenerlo arrivava talmente tardi nel gioco e richiedeva di soddisfare requisiti così avanzati che ormai la totalità delle minacce del titolo era debellata, l’unico motivo per ottenerlo era la pura e semplice gloria digitale.
È inutile negarlo, ma il gaming è cambiato negli anni e sta cambiando sempre più rapidamente, e con lui anche i giocatori vecchi e nuovi e questi cambiamenti comportano sicuramente pro e contro. Se da un lato l’innovazione tecnologica ci consente di vivere esperienze sempre più spettacolari dal punto di vista grafico, sonoro e di gameplay, dall’altro l’industria videoludica e le software house si sono sempre più abituati a scendere a compromessi col fatto che gran parte dei giocatori al giorno d’oggi ha bisogno di un’esperienza immediata e, se possibile, anche usa e getta.
Ovviamente ci sono sempre le voci fuori dal coro, mi viene da pensare a Square Enix e Nintendo che hanno ancora il “coraggio” (supportato da brand solidissimi ovviamente) di proporre esperienze complesse e stratificate capaci di tenere impegnati i giocatori per giornate intere in mondi di fantasia, e non cito a caso quei due produttori, dal momento che richiamano istantaneamente alla memoria gli eccellenti Dragon Quest XII e The Legend of Zelda: Breath of the Wild, una coppia di titoli che rientra alla perfezione nel discorso appena affrontato.
Per quanto non manchino determinate eccezioni, si sta puntando sempre più spesso al tutto e subito, e non faccio questo discorso a caso o solamente perché va di moda dirlo negli ultimi anni, ma sempre più esempi nelle ultime settimane mi hanno fatto riflettere su quanto in realtà questi cambiamenti siano estremamente concreti e profondi, diamoci un’occhiata assieme!
Catturali tutti… o fatteli consegnare tutti!
Pokémon Rosso Fuoco mi ha letteralmente stregato da piccolo (piccolo… alla veneranda età di dodici anni) e mi ha portato a esplorare per intero il brand dei mostriciattoli tascabili di cui sono ancora un grande fan: recuperato retroattivamente Pokémon Cristallo, Pokémon Giallo, Pokémon Smeraldo, e non ho mancato un singolo appuntamento, generazione dopo generazione, dalla quarta in poi.
La quarta generazione Pokémon, che è prepotentemente tornata ad affacciarsi sulle console di nuova generazione coi remake Pokémon Diamante Lucente e Perla e Splendente (trovi qui la nostra recensione) in un groviglio di passato e futuro sicuramente nostalgico, ma in cui si notano i difetti che contraddistinguono le avventure Pokémon dalla sesta generazione in poi: l’immediatezza, la TROPPA immediatezza.
Catturare un mostriciattolo tascabile leggendario da bambino era una vera e propria impresa, trovare questi imponenti Pokémon, trattati al pari di divinità e molto spesso temuti dagli NPC del mondo di gioco, alla fine di dungeon tortuosi e complessi infondeva un senso di riverenza verso queste creature misteriose e… fatte di una manciata di pixel! Le battaglie contro i Leggendari diventavano vere e proprie boss fight da affrontare con un metodo e con tutti gli accorgimenti del caso per evitare di far scendere i suoi Punti Salute a 0. Per non parlare dei Pokémon Misteriosi! Ottenibili esclusivamente tramite eventi fisici che raramente toccavano il suolo nostrano, e questo contribuiva ad amplificarne in maniera esponenziale il fascino!
2016, Pokémon X e Y sono usciti in contemporanea in tutto il mondo tre anni prima, l’evento del Pokémon Misterioso Volcanion è finalmente disponibile a livello globale. L’hype e l’emozione degli Allenatori di tutto il mondo schizzano alle stelle, dopo anni di attese un vero evento disponibile per tutti! Inserisco il codice nella sezione Dono Segreto del mio fidato Nintendo 3DS XL, Download in corso, apro il gioco, mi preparo a esplorare una nuova zona o quantomeno a uno scontro epico che mi porterà alla cattura e… Volcanion mi viene affidato da un postino. Fine.
Game Freak ha preso questa terribile abitudine negli ultimi anni di andare a svuotare completamente Pokémon Misteriosi e Leggendari del proprio significato, privando così i giocatori di una vera e propria sfida, dal momento che “Pokémon deve essere accessibile a tutti”, il problema è che quel “tutti” non comprende i giocatori più giovani e inesperti, quanto piuttosto coloro che vogliono un Pokédex completo per il puro gusto di averlo, senza perdersi in 300 e passa ore di gioco in Pokémon Rosso Fuoco tra scambi e contrattazioni per recarsi poi ad Azzuropoli e ottenere… un Diploma, non Mew come era lecito pensare, purtroppo…
Quando scaricai Volcanion in Pokémon Y non ci pensai, ma era un campanello d’allarme non solo di una software house come Game Freak che si stava impigrendo, ma anche di una nuova tendenza videoludica che si è mossa in sordina, ma che sta venendo a galla sempre più rapidamente.
Roster completo… minimo sforzo!
Sono da sempre un appassionato della serie Tekken, lo storico terzo capitolo della serie di picchiaduro targata Bandai Namco è stato letteralmente il mio primo contatto con il genere e, al netto di alti e bassi, l’epopea della famiglia Mishima continua a rivelarsi, generazione dopo generazione, una vera e propria icona e sinonima del picchiaduro stesso.
Tekken 7, attualmente l’ultimo capitolo della serie, ha ormai fatto il proprio debutto su console quattro anni fa, ma il costante supporto post lancio ha fatto sì che il gioco fosse sempre sulla cresta dell’onda per gli appassionati del genere. Ogni nuovo ingresso nel roster, parliamo di ben 15 personaggi DLC, ha letteralmente rivoluzionato gli equilibri del gioco stesso (un po’ come è successo con il clamoroso Super Smash Bros. Ultimate) senza però far trovare disorientati i giocatori impegnati nel competitivo.
Il punto quindi qual è? Il come. Ricordo gli interi pomeriggi passati su Tekken 3 a tirare pugni in modalità Arcade, e run dopo run era sempre una soddisfazione sbloccare Kuma, Bryan e tutti i personaggi bonus non presenti nel roster base. Per non parlare della modalità Dark Resurrection di Tekken 5, un intero gioco nel gioco (dal momento che chiamarlo minigioco sarebbe riduttivo) composto da ben 5 livelli con tanto di boss fight al termine del quale era possibile sbloccare il combattente Devil Jin.
Tekken 7 è un titolo ricchissimo, ma che ha adottato l’ormai consolidata filosofia dei DLC a pagamento per rendere disponibili sempre più personaggi giocabili, ma questo è ormai un discorso che si è talmente consolidato nel mercato videoludico che sarebbe inutile e anacronistico andarci contro. Ciò che mi ha davvero stupito però è la Definitive Edition, un’edizione lanciata lo scorso 23 novembre che contiene letteralmente tutto ciò che il gioco ha avuto da offrire negli ultimi quattro anni.
Viene così a mancare l’attesa spasmodica per il nuovo contenuto, ormai Tekken 7 ha già dato tutto ciò che doveva dare, si parte dall’endgame e non più da un’esperienza in divenire che appassiona i fan e fa sì che i lottatori di tutto il mondo aspettino un nuovo personaggio per tentare nuovi approcci inediti: è già tutto sbloccato.
“Già tutto sbloccato” una frase che mi è rimbombata in testa dopo l’annuncio di Tekken 7 Definitive Edition e che è letteralmente esplosa con il reveal dei titoli PlayStation Plus di dicembre 2021…
Il gioco completo? No, solo l’endgame!
Godfall: Challenger Edition, ovvero il paradosso del gioco… senza il gioco. Di base, Godfall non è nemmeno un brutto prodotto, è stato il primo titolo per PlayStation 5 rivelato ufficialmente, un Action GDR con una forte componente looter slasher che ha avuto soltanto il demerito di attirare troppe aspettative proprio per le circostanze del suo reveal e che si è dimostrato il solito gioco usa e getta per il lancio di una nuova generazione, adatto più a mostrare i muscoli dell’hardware che a rappresentare una vera e propria valenza ludica.
Il problema allora qual è? A poco più di un anno dal suo lancio, Godfall viene incluso nella line up di titoli gratuiti del servizio PlayStation Plus di dicembre 2021 in un’edizione rivelata ufficialmente proprio per l’occasione: la tanto discussa Challenger Edition. Questa edizione sarà giocabile su PlayStation 4, PlayStation 5 e, come annunciato in seguito, anche su PC in maniera gratuita, il vero problema e ciò che ha scatenato le polemiche sono i contenuti proposti da questa edizione.
La campagna principale infatti sarà completamente assente, e per permettere ai nuovi giocatori di essere al pari coi veterani, che magari hanno deciso di affrontare per intero la sfida di Godfall fin dal lancio tutte le armature (che funzionano come veri e propri personaggi avendo statistiche completamente differenti tra loro) al livello massimo, con tanto di equipaggiamento anch’esso maxato, così da poter avere delle build già complete e affrontare le sfide dell’endgame.
Sfide, ma dov’è finita la sfida? Nessuno mette in dubbio che le modalità di endgame siano comunque impegnative e divertenti, ma se io giocatore non devo in primis costruire una build e impegnarmi per ottenere l’esperienza necessaria a sbloccare abilità e materiali per potenziare le varie armi e armature sono davvero sicuro di stare giocando il vero Godfall per come inizialmente Gearbox Software ha pensato il gioco? Per quanto, ovviamente, siano stati gli stessi a strutturare questa Challenger Edition, magari spinti dalla voglia di far rivivere il gioco e attirare nuovi giocatori.
Siamo passati da un estremo costituito da titoli come Xenoblade Chronicles X in cui, nonostante la totale mancanza di una qualsiasi forma di modalità online o cooperativa, costruire una qualsiasi build per affrontare uno specifico boss o un semplice mob particolarmente ostico richiedeva decine di ore (e per gli scontri successivi si doveva poi ripensare il tutto da zero e ricominciare), a un titolo nel quale con due semplici clic siamo pronti ad affrontare i massimi gradi di sfida previsti dall’esperienza.
Queste due realtà potrebbero anche coesistere, eppure se ci sono operazioni commerciali come Godfall: Challenger Edition, o Apex Legends Champion Edition è perché la bilancia protende verso le esperienze già complete. Stanno nascendo videogiochi letteralmente già completati e non dobbiamo chiederci il perché, la vera domanda da farci, se tutto questo sta accadendo, è: abbiamo ancora voglia di giocare?