Ricordi quando ti abbiamo parlato di videogiochi venduti a collezionisti a prezzi esorbitanti? Abbiamo scritto parecchie notizie a riguardo: dalla copia del primo Super Mario Bros per NES venduta a 660.000 dollari, a quella di The Legend of Zelda venduta a 870.000 dollari; aumentiamo le cifre e arriviamo alla copia di Super Mario 64 venduta a 1.56 milioni di dollari, per arrivare ad un’altra copia del primo Super Mario Bros battuta all’asta a 2 milioni di dollari.
Sono tutte cifre assurde e paradossali se si pensa che si tratta “solamente” di videogiochi, tuttavia la mente di un vero collezionista trascende il limite del budget spendibile per una copia immacolata. Eppure a qualcuno, questi enormi numeri hanno cominciato a puzzare e sospettando di possibili imbrogli a riguardo, è iniziata una vera e propria indagine.
Si tratta del giornalista Karl Jobst, che il 23 agosto ha pubblicato un video di oltre 50 minuti riguardo due aziende interessate in queste maxi vendite: Wata Games e Heritage Auctions. Mentre la prima è specializzata nella valutazione della qualità dei videogiochi venduti, la seconda si occupa di mettere all’asta i titoli in vendita. Ma cosa c’entrano queste due aziende nell’indagine di Jobst?
Una cospirazione fraudolenta coinvolge il mercato dei videogiochi messi all’asta?
Secondo Karl Jobst i dirigenti di Wata Games assegnavano punteggi più alti di quanto in realtà valessero ai videogiochi che già possedevano, ciò permetteva quindi una vendita con un prezzo di partenza relativamente alto nella piattaforma Heritage Auctions. Inoltre, viene affermato da Jobst che i dirigenti di Heritage erano co-cospiratori nella suddetta frode e facevano in modo che il prezzo dell’articolo potesse attirare l’attenzione al mercato del collezionismo.
Stando a quanto dice il giornalista, questa cospirazione fraudolenta sarebbe iniziata già nel 2019, quando venne venduta all’asta una copia di Super Mario Bros a 100.000 dollari. Nulla di strano se non fosse che gli acquirenti erano tre persone, di cui uno era il co-fondatore di Heritage Auctions, e un altro era il fondatore del rivenditore affiliato a Wata Games: Just Press Play. I media ovviamente ne hanno approfittato per parlare dell’evento, e questo era proprio ciò che le due aziende volevano: far sì che venisse annunciata la prima asta di giochi retrò.
“Quindi abbiamo il presidente della casa d’aste che compra un gioco per un prezzo record e poi crea un comunicato stampa sul suo stesso acquisto, in cui lui stesso e il presidente della società di valutazione stanno affermando che il valore dei giochi sta aumentando” dice Jobst.
Nonostante sia innegabile che le due aziende abbiano tratto un enorme profitto dalla vendita all’asta di videogiochi come quelli poco prima citati, sia Wata che Heritage negano ogni accusa definendole “infondate e diffamatorie“.
Vedremo come il mercato delle vendite all’asta dei videogiochi procederà nei prossimi mesi e se le parole di Karl Jobst si riveleranno veritiere.