Control, titolo del quale è da poco disponibile la Ultimate Edition, è stato per me un videogioco rivelazione, ottimo esempio di come il media possa essere utilizzato per qualcosa di più del semplice intrattenimento. In questo articolo faccio riferimento alla storia principale, anche se entrambi i dlc aggiungono spunti interessanti
Control, di nome e di fatto
Nel titolo ho parlato di allegoria – termine il cui significato letterale potrebbe riassumersi in “parlare d’altro” – non a caso. Infatti, nel videogioco sono presenti situazioni, dialoghi e gameplay che ci parlano d’altro. I diversi elementi infatti contribuiscono a veicolare un sotto-testo completo, solido e coerente. Non manca nemmeno la chiave di lettura con cui decifrare il tutto: ed è proprio nel nome, Control, controllo, quello che la protagonista sta cercando di riprendere su sé stessa e sulla propria vita.
Niente spoiler, ma opere di consapevolezza
Essendo membro onorario della IASU (Interplanetary Anti-Spoiler Union), voglio subito chiarire che non ti spoilererò nessun evento particolare della trama, anche se analizzerò le caratteristiche del gioco, della sua storia e della sua conclusione per portare a galla gli aspetti allegorici in essi contenuti. Ma ripeto, parlerò delle caratteristiche, magari a grandi linee della parte conclusiva, ma non entrerò mai nei dettagli circa storia ed eventi. Sentiti comunque libero di stoppare la lettura nel caso in cui, in qualsiasi momento della lettura, tu non voglia rischiare che qualche riferimento, seppur lontano e sfumato, possa condizionare la tua esperienza di gioco… tanto questo articolo non va a male, puoi sempre aggiungerlo ai preferiti e leggerlo più in là.
Ho queste attenzioni nei tuoi confronti perché la battaglia contro gli spoiler è un atto di civiltà. Al contrario di quello che alcuni critici sostengono, si può e si deve parlare di un’opera pur non menzionando puntualmente gli accadimenti presenti nella vicenda: l’effetto voluto dagli autori è comprensivo anche del combinato di sensazioni che investono il fruitore la prima volta che “vive” gli sviluppi della vicenda.
Tanto, se hai giocato il gioco, questo articolo potrà comunque aiutarti a vedere aspetti che non avevi colto – o magari che hai colti anche tu! – se invece non l’hai ancora giocato, oltre a invogliarti potrebbe fornirti qualche nozione in più per “leggerlo” meglio.
Control, la psicologia e il percorso dai pensieri disfunzionali ai pensieri funzionali
Jesse, la protagonista di Control, è una persona che ha perso il controllo della sua vita, vivendo senza certezza se non quella di dover continuamente fuggire, e che finalmente ha trovato la forza di affrontare questioni irrisolte che affondano le radici nel suo passato. Basta vedere il trailer, in cui gli edifici cambiano forma, per avere percezione di quanto Jesse debba affrontare situazioni in cui le sicurezze – le mura, il soffitto, il pavimento – cessino di esistere: non resta che trovare nuovi punti di riferimento e ricrearsele.
Jesse fronteggerà una forza malevola, l’Hiss, che entra in possesso delle persone, a volte paralizzandole, a volte rendendole aggressive, addirittura corrompendole fino a tramutarle in mostri. Dalla sua parte avrà una forza benevola, una forza capace di farle compiere scelte costruttive, accrescere la propria forza e la consapevolezza circa i propri poteri, una vera e propria stella polare.
In psicologia si indica come ristrutturazione cognitiva una tecnica propria della psicoterapia cognitiva che si prefigge di portare un soggetto ad abbandonare i pensieri disfunzionali – capaci di imprigionare l’individuo allo stesso modo dell’Hiss – a favore dei pensieri funzionali – un percorso molto simile a quello che Jesse viene aiutata a intraprendere dalla stella polare di cui sopra.
E se tu, man mano che riprendi Control, ehmn, il controllo, capissi di poter fare meglio di come pensavi? O pensare meglio di come facevi?
Nella fase finale della ristrutturazione cognitiva si aggiunge un passaggio ulteriore nel modo di pensare la realtà da parte del soggetto: il pensiero funzionale.
Anche in Control, una volta superati gli schemi che la inchiodavano, Jesse riuscirà a guardare le sfide che la attendono con un altro atteggiamento, a pensare diversamente appunto, e potrà affrontare i livelli di gioco e gli avversari sfruttando tutto il suo potenziale. Ma non solo: grazie alla stratificazione dei poteri, ci saranno più modi di superare un ostacolo.
Questo è un altro nodo importante, perché avere maggiore libertà circa la via da seguire per andare avanti, porta a usare e quindi allenare il pensiero laterale, cioè la capacita di analizzare i problemi da più angolazioni.
Jesse, una volta coltivate le proprie potenzialità, sviluppati i propri poteri e, in parallelo, interiorizzato pensiero funzionale e pensiero laterale, arriva alla fine di un percorso di guarigione che la porta a riprendere il controllo di sé e della sua vita (o meglio, delle parti di essa che dipendono da lei).
Control, l’anticlimax del finale? Ma veramente il finale c’è già stato prima!
Gli sviluppatori di Control si sono presi una libertà che spesso lascia perplessi i fruitori di un’opera, un rischio che secondo me è ancora più alto quando parliamo di videogiocatori: l’anticlimax.
Sempre fedele al giuramento no spoiler, descriverò alcune caratteristiche dell’epilogo (ovvero la “scena conclusiva”, che in alcuni casi è cosa diversa dal finale in senso stretto…) senza descrivere puntualmente la trama, tranquillo.
Molti giocatori hanno trovato la parte conclusiva del gioco “facile”, forse troppo – per loro.
Una sorta di anticlimax per qualcuno difficile da digerire, perché, appunto, un picco nel livello di difficoltà è spesso il modo più comune (e più facile a livello di game design) per rendere il finale intenso. Allora perché quei bricconi di Remedy hanno scelto l’anticlimax? Perché il finale di questa allegoria di un percorso di guarigione chiamata Control, c’è già stato: Jesse ritrova sé stessa, concretizza le proprie proprie potenzialità e riesce a centrarsi, in una fase precedente all’epilogo, durante una missione dalla colonna sonora davvero fenomenale che contribuisce a un crescendo epico.
Quello che succede dopo, indipendentemente da come la parte scriptata si concluda, è normale che venga percepito come “facile” dal giocatore: è proprio quello che succede a chi guarisce grazie a un percorso di ristrutturazione psicologica, le cose che prima sembravano impossibili diventano cose che invece si possono fare, e anche con facilità.
Insomma, anche l’anticlimax finale, non è che l’ennesimo elemento utile e idoneo a costruire un’allegoria solidissima sulla “guarigione psicologica”.
Insomma, ho speso questo fiume di parole (e se sei arrivato fino qui, ti ringrazio e spero di essermi meritato il tuo tempo) perché Control è uno di quei titoli che, se ancora ce ne fosse bisogno, dimostrano che il videogioco è un media maturo capace di veicolare contenuti importanti e complessi rispetto.