Sviluppato da Sad Owl Studios e pubblicato da Thunderful Group, Viewfinder è un puzzle game (qui trovi la nostra anteprima) in prima persona interamente basato sulla manipolazione delle immagini e soprattutto delle foto. Si tratta di un’avventura che gioca moltissimo con lo spazio, tra profondità e prospettive diverse e in modo anche decisamente originale. Noi abbiamo affrontato questa misteriosa avventura su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione.
Viewfinder – un mondo morente e uno spazio digitale fiorente
La narrazione è forse uno dei pochi punti deboli di Viewfinder in quanto, potenzialmente, poteva essere sfruttata in modo decisamente migliore. Ma procediamo con calma. Viewfinder è un gioco in prima persona che ci vede impegnati a navigare in una serie di hub digitali interconnessi tra loro alla ricerca di alcuni risultati scientifici – sempre digitali. In poche parole, una serie di menti particolarmente brillanti, hanno sperimentato in un mondo digitale alcune trovate di vario genere.
Noi siamo alla ricerca – almeno all’apparenza – di questi esperimenti, spostandoci di hub in hub dove, ogni hub, combacia con uno di questi “creativi digitali”. Lo scopo nostro è semplice: cercare di trovare un modo, attraverso il digitale, per salvare il reale. Perché sì, a quanto pare il mondo reale non se la sta passando bene. Perfino l’ossigeno è un problema. L’incipit narrativo, seppur caotico e un po’ frammentato, ci mette subito in chiaro il dualismo distopico che, a essere onesti, affascina.
Il problema è che il titolo elemosina i dettagli, sparpagliando la propria lore in giro per il mondo di gioco in modo forse eccessivamente confusionario e pieno di detti e non detti da dover ricordare ed eventualmente ricollegare tra loro. Nel dettaglio, le aree di gioco sono pieni di post-it multicolore (che dovrai imparare a capire chi è l’autore) oltre a dei particolari grammofoni che fungono da registratori audio dove potrai ascoltare audio o riflessioni. Presenti anche dei quaderni di appunti con note e ricerche varie. Bisogna poi citare il pacioccoso (e accarezzabile) micione digitale che ci accompagnerà per buona parte dell’avventura.
In effetti la narrazione del titolo si focalizza molto sul trascorso e le relazioni di questi particolari creativi digitali e delle loro scoperte e modifiche nel mondo in cui, a conti fatti, si svolge la gran parte dell’avventura di Viewfinder. Un’avventura dalla durata modesta (seppur perfettamente adeguata agli standard del genere) e che saprà regalare più soddisfazioni prevalentemente nelle fasi finali dove, grossomodo, sarai in grado di avere una panoramica generale più completa (sempre se avrai comunque prestato una buona attenzione alle briciole narrative sparse qua e là.).
Modifica la realtà per superare gli enigmi
Il vero fulcro di Viewfinder è il gameplay e questo non sorprende. In quanto puzzle game in prima persona, va a infilarsi nel pericoloso catalogo con titoli del calibro di Portal Qui però i puzzle sono estremamente ben curati, ingegnosi e a loro modo originali. Nel dettaglio parliamo di puzzle visivi con grande importanza alla prospettiva e alle dimensioni 3D degli ambienti (con le dovute intersecazioni, duplicazioni, aggiunte e quant’altro).
Ma procediamo con ordine. Il mondo di Viewfinder è diviso in vari hub tematici interconnessi tra loro da una sorta di “metrò”. Ogni hub ha al suo interno una serie di console che fungono da teletrasporto nei vari livelli. Ogni livello è composto da una serie di aree circoscritte. Ogni area inizia in un punto e si conclude al raggiungimento o riattivamente del relativo teletrasporto. In ogni hub, inoltre, sono presenti alcuni livelli extra e non obbligatori.
Il titolo, inoltre, presenta una serie di collezionabili separati per area. La prima, ad esempio, ha delle paperelle di gomma mentre la terza ha dei tasselli del mahjong. Questi oggetti li troverai sparpagliati in giro per i vari livelli e richiederanno un occhio attento. Ma scopriamo ora come sono i puzzle di Viewfinder. Prevalentemente, si tratta di modificare la realtà sommando a questa ulteriori elementi visivi estrapolati da foto istantanee. Ogni foto (raccolta o scattata) può essere infatti fusa con l’ambiente che ci circonda.
Questa fusione (immediata e dall’impatto estetico notevole) va a penetrare nell’area di gioco in modo totale. Questo significa che non si aggiunge solo l’elemento fotografato ma anche il suo sfondo in una sorta di “cono” 3D che vede lo sfondo aggiuntivo perforare completamente la realtà tagliandola e fondendosi con essa. Banalmente, se devi raggiungere una determinata altura, ti basterà utilizzare la foto di una pedana o un percorso (ma anche di un palazzo) inclinare la foto e attivarne la fusione per vedere apparire la pedana nel mondo reale.
Ma questo è solo un piccolissimo esempio di quello che Viewfinder ha in sé. Parliamo di tantissime sfumature che vedono alla base il medesimo concetto: fondere la realtà con altri elementi in modo praticamente libero. Potrai, ad esempio, utilizzare una foto anche ai propri piedi, ritrovandoti a precipitare nella foto stessa. O anche unire più foto a catena, magari facendo la copia della stessa istantanea (utilizzando le apposite fotocopiatrici). E a tal proposito, fotocopiando una foto, fotocopierai anche gli oggetti al suo interno. E questa è una regola che dovrai tenere a mente.
Il motivo è semplice: per attivare alcuni teletrasporti e procedere alle aree successive, dovrai posizionare su un’apposita pedana un numero variabile di batterie (da recuperare in giro per l’area). Inoltre, se all’inizio ti troverai delle foto già scattate o da scattare con macchine fotografiche fisse, presto otterrai una sorta di polaroid che ti donerà una libertà di scatto e riproduzione decisamente ampia e sorprendente. Tale libertà garantisce uno sfogo di pensiero laterale e creativo estremamente soddisfacente.
Da premiare anche come le novità vengono introdotte durante l’avventura di Viewfinder, ossia in modo graduale e appagante, senza mai stravolgere troppo la formula base ed evitando, sapientemente, di risultare monotono. Da segnalare, forse, il fatto che non si è molto guidati durante la risoluzione dell’enigma e alcuni potrebbero trovarsi un po’ spaesati ma parliamo di un titolo dove bisogna mettere alla prova la propria creatività e sinceramente abbiamo apprezzato il livello di sfida e l’assenza di eccessive linee guida.
Oltre alle foto, comunque, sono visibili anche altre tipologie di enigma come il dover creare delle immagini posizionando la propria visuale in un determinato modo (enigma, questo, già visto in altri titoli ma comunque ben riprodotto e la cui “risoluzione” porterà comunque a un effetto simile all’utilizzo delle foto). Da segnalare infine la possibilità di riavvolgere il tempo a nostro totale piacimento per tornare indietro sui propri passi, riottenendo foto utilizzando e così via.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, seppur nei dettagli non brilli e nonostante alcune ripetizioni di elementi ambientali, oltre che fondali abbastanza anonimi, Viewfinder brilla in modo assurdo. Questo grazie all’enorme potenziale creativo che offre al giocatore. Potrai davvero fotografare e fondere di tutto, plasmando, spezzando, fondendo elementi dello scenario in modi incredibili e istantanei.
Certo, non sempre si ha un’idea chiara dell’effettivo posizionamento degli elementi fotografici (ossia dal passaggio dal 2D al 3D) ma presto ci si fa l’abitudine e il risultato finale è comunque egregio. Senza contare la possibilità di porre filtri alla propria macchina fotografica e a tutte le variazione estetiche che il gioco stesso propone (da momenti cartoon, ad altri che sembrano uscire da quaderni scolastici, passando per immancabili richiami videoludici estremamente graditi).
Anche il sonoro si mostra molto curato, con effetti che indicano accuratamente l’andamento positivo o negativo di alcune nostre scelte (fondere una foto potrebbe distruggere il teletrasporto di fine livello ed ecco quindi una nota “stonata” a indicarcelo). Infine, il titolo presenta i sottotitoli in lingua italiana, sicuramente una gradita presenza.