Nel 1996, Shinji Mikami terrorizza il mondo videoludico grazie al primo capitolo di Resident Evil, una delle serie survival horror più importanti e prolifiche (tutt’oggi siamo in attesa di Resident Evil Village, in uscita per console next-gen e PC nel 2021) di sempre. Mikami cambia le carte in tavola per quanto riguarda il genere inserendo nel titolo un impianto action che diventa sempre più marcato man mano che si avanza nel titolo (e man mano che si avanza coi capitoli, tanto che nel pessimo Resident Evil 6 sono ormai gli infetti ad aver paura di Leon e compagnia bella).
Tre anni dopo però, nel 1999 un’altra serie horror riporta il genere ai suoi stilemi classici, Konami lancia sul mercato il primo Silent Hill, un vero e proprio survival horror che riprendeva gli elementi di serie come Alone in The Dark e Clock Tower. A differenza di Resident Evil, in cui i protagonisti sono spesso e volentieri soldati addestrati e armati fino ai denti, in Silent Hill (come nelle altre serie citate) si impersona gente comune, che spesso deve confrontarsi con mostri partoriti dalla propria coscienza, andando a rendere la cittadina spettrale che dà il nome alla serie una sorta di personale Purgatorio per il malcapitato di turno.
Per capire e apprezzare a fondo Visage, l’oggetto di questa recensione, è importantissimo conoscere Silent Hill, una serie che, purtroppo, ha chiuso i battenti (finora) nel 2012 con Silent Hill: Downpour. In realtà, come molto probabilmente già saprai nel 2014 su PlayStation Store è apparsa una demo, P.T., inizialmente un progetto avvolto nel mistero più totale, che si è poi rivelato essere un Playable Teaser per quello che sarebbe dovuto essere Silent Hills.
Questo nuovo capitolo della serie sarebbe stato diretto dal maestro Hideo Kojima in collaborazione con Guillermo del Toro, Norman Reedus avrebbe invece prestato le fattezze al protagonista del titolo. Purtroppo, nel 2015 i rapporti tra Konami (detentrice dei diritti della serie) e il game designer giapponese si deteriorarono al punto da dover cancellare ufficialmente il progetto. Il papà di Metal Gear ha poi trasportato gran parte del cast su Death Stranding, ma il mai nato Silent Hills rimane uno dei più grandi rimpianti per i videogiocatori di tutto il mondo.
P.T., per quanto avesse una durata estremamente limitata a causa della sua natura di teaser, ha comunque stregato migliaia di giocatori, tanto da ispirare un gruppo di giovani sviluppatori a fondare Sadsquare Studio, una software house nata nel 2015 il cui primo titolo, Visage per l’appunto, ha il preciso scopo di omaggiare le atmosfere e la tensione che pervadevano la casa spettrale in cui l’avatar col volto di Norman Reedus muoveva i propri passi… e cercava di sfuggire disperatamente al gelido abbraccio di una certa Lisa…
Casa, dolce casa…
Per stessa ammissione degli sviluppatori, Visage non trae ispirazione solo da P.T., pesca a piene mani anche dalla serie Amnesia e da pellicole del calibro di The Grudge. Tutte queste produzioni hanno in comune delle ambientazioni claustrofobiche architettate appositamente per aumentare la tensione del giocatore e diventare un vero e proprio nemico, tanto per l’avatar del giocatore che per la sua psiche (sia in game, come vedremo più avanti, che nella vita reale).
Al contrario della serie Amnesia però, l’ambientazione gotica del castello viene sostituita da una nettamente più urbana, una casa misteriosa costantemente immersa nel buio, durante una tempesta che renderà inquietanti anche quei pochi scorci esterni che si possono intravedere attraverso le tapparelle. Proprio l’ambientazione sarà il riferimento più palese a P.T., alcuni corridoi saranno un vero e proprio copia incolla della claustrofobica casa ideata da Hideo Kojima, un toccasana per chi, come me, ancora non chiude occhio per la cancellazione di Silent Hills… perché non sono l’unico… vero?
Visage non vive però solo di atmosfera, per quanto sia comunque una componente essenziale per l’intera esperienza, anche la trama, nel suo essere estremamente criptica, si rivela disturbante e capace di mettere costantemente a disagio il giocatore. Un filmato iniziale ci metterà nei panni di un uomo che, armato di pistola, fa fuoco su tre persone legate davanti a lui, prima di usare l’arma per togliersi la vita.
Appena conclusa la cinematica in questione, ci ritroveremo nella casa in cui avrà luogo l’intera vicenda; inizialmente, ci saranno solo pochi e lievi eventi paranormali a far correre un brivido dietro la schiena (luci che si spengono, elettrodomestici che si accendono, porte che sbattono…), andando avanti però ci renderemo conto che la casa nasconde misteri e presenze ben più terrificanti, che difficilmente saremo in grado di contrastare. L’iconografia religiosa diventerà sempre più massiccia e le immagini disturbanti (feti e viscere per citarne due) inizieranno a diventare sempre più frequenti e bizzarre, ben presto qualsiasi giocatore sarà molto al di fuori della propria confort zone, anche il più coraggioso.
Non voglio anticipare nulla della trama in sé per due motivi fondamentali: il primo è che Visage è talmente ricco e articolato a livello di lore che rivelare anche un singolo dettaglio significherebbe privarti di una scoperta che ti farà sentire soddisfatto, dal momento che il titolo presenta una difficoltà tendente decisamente verso l’alto ogni piccolo progresso sarà in realtà una grande conquista; il secondo motivo è che la trama di Visage, più che in altri giochi, nasconde una storia tragica, ma che secondo me ogni giocatore dovrebbe interpretare come meglio crede, traendone le proprie conclusioni e decidendo chi è davvero vittima e chi carnefice.
A livello strutturale, ti basti sapere che inizialmente ti troverai in totale free roaming nella casa, raccogliendo degli specifici oggetti potrai avviare un determinato capitolo che narrerà la storia di un personaggio. I primi due capitoli sono “intercambiabili” tra loro, mentre gli ultimi due seguiranno un filo logico che ci porterà, tragicamente e inesorabilmente, verso un inquietante finale che darà delle risposte, ma lascerà anche molte domande.
Voglio fare un gioco con te…
Il gameplay è senza dubbio il punto più debole dell’intera produzione. In sé si tratta di un sistema di gioco estremamente semplice e lineare, le atmosfere tipiche del survival horror infatti si fondono con le basi del punta e clicca, come nella serie Amnesia, il vero problema si presenta quando si devono fare i conti con la gestione dell’inventario: a dir poco pessima.
Anzitutto, saremo in grado di raccogliere una gran quantità di oggetti sparsi per la mappa, non tutti però saranno effettivamente utili all’avanzamento e saranno posizionati (giustamente) solo per arricchire l’atmosfera. Gli oggetti che ci aiuteranno effettivamente nell’avanzamento invece potranno essere riposti nell’inventario o tenuti in mano (al massimo uno per mano contemporaneamente).
Le difficoltà partono nel momento in cui vorremo mettere un oggetto che abbiamo in mano nell’inventario e viceversa, in quanto non potremo fare dei cambi rapidi tra mani e inventario, ma dovremo sempre avere almeno una mano libera. Anche lasciar andare un consumabile ormai inutile (per esempio un accendino scarico) si rivelerà un’impresa tutt’altro che semplice, in quanto dovremo utilizzare una combo di tasti estremamente controintuitiva e scomoda da eseguire.
Se a tutte queste complicazioni e lungaggini si aggiunge il fatto che mentre saremo nell’inventario il titolo non andrà in pausa, e saremo quindi alla mercé delle presenze che proprio non ci vogliono in casa, è facile intuire come il livello di stress del giocatore tenda a schizzare rapidamente alle stelle, specialmente in determinate fasi di gioco più serrate e meno permissive delle altre. Questo è sì un grande difetto, ma a onor del vero va anche considerato che la versione da me provata è quella per PlayStation 4, penso che su PC la situazione risulti nettamente migliore, dal momento che l’inventario e la sua gestione sembrano studiati appositamente per mouse e tastiera.
E, sempre a proposito di stress, è il momento di considerare anche l’aspetto survival horror del titolo. Se a livello di punta e clicca Visage risulta solo ed esclusivamente frustrante per il giocatore, la paura e la tensione provate nel gameplay sono a mani basse tra le migliori esperienze horror attualmente disponibili in campo videoludico. Nella parte dello schermo inferiore sarà sempre visibile la sagoma di un cervello che mostra il nostro livello di stress, che aumenterà quando ci troveremo di fronte a situazioni paranormali.
Come un serpente che si morde la coda, le situazioni paranormali aumenteranno il livello di stress, e maggiore sarà lo stress, più frequenti saranno gli eventi paranormali che si verificheranno in casa, andando così a rendere alcune fasi del titolo una corsa senza sosta contra una follia sempre più vicina e stringente. Certo, Visage non inventa niente di nuovo da questo punto di vista, ma riesce a copiare bene (e anche in maniera crudelmente difficile) la meccanica della sanità mentale, inserendola in un contesto decisamente poco sano.
Ombre e… ombre del comparto tecnico
Al netto di un piccolo difetto che vedremo a breve, Visage si rivela una sorpresa stupefacente e graditissima anche dal punto di vista del comparto tecnico. A livello grafico, ci troviamo davanti a un ambiente davvero ristretto (una casa che conta in tutto quattro piani compresi scantinato e soffitta) quindi i ragazzi di Sadsquare Studio hanno avuto la possibilità di curare in maniera estremamente minuziosa un numero impressionante di dettagli.
Certo, parliamo pur sempre di uno studio indipendente alle prese col primo titolo, quindi qualche compenetrazione di troppo non manca, ma va detto che i pregi sovrastano di gran lunga i difetti. Anche lo stile grafico di Visage è invidiabile, il realismo scelto dagli sviluppatori viene accompagnato da una grana fotografica spessa che ricorda molto da vicino quella dei vari Silent Hill (Origins e Homecoming in particolare) e accresce il senso di angoscia e di lugubre che era nelle intenzioni del team.
Purtroppo, a livello sonoro, il titolo presenta un problema che ne compromette seriamente la godibilità. In un horror il suono gioca un ruolo talmente centrale nell’esperienza da risultare, spesso e volentieri, addirittura più importante della grafica stessa. Visage presenta un grave difetto col rumore dei passi: questi ultimi infatti saranno costantemente in ritardo rispetto al movimento del giocatore, dandoci sempre l’impressione che ci sia qualcuno che ci segue.
Per quanto questo difetto non faccia altro che accrescere il costante senso d’ansia su cui il titolo punta tutto, non può allo stesso tempo non essere etichettato come un errore. Infatti, nel caso in cui fosse voluto dagli sviluppatori, sarebbe come barare nei confronti del giocatore, andando ad accrescere la tensione del giocatore in maniera “artificiale” e rovinando l’equilibrio di un gioco che, a prescindere, riesce a mettere costantemente alla prova il giocatore.
In conclusione, resta davvero poco da dire. Visage è, senza ombra di dubbio, una delle migliori esperienze horror della generazione appena conclusa a cui un giocatore potrebbe affacciarsi. In futuro potrebbe facilmente risultare troppo old school se si pensa all’attesissimo The Medium o se qualche titolo appartenente al genere inizierà a sfruttare feedback aptico e trigger adattivi del DualSense di PlayStation 5, fino ad allora però quest’opera prima di SadSquare Studio rimarrà a mani basse un degno palliativo al compianto P.T., sempre che i rumor sul ritorno di una certa saga non risultino veritieri…