Leggere, lo sappiamo, è qualcosa sempre meno diffuso. Leggere un libro, almeno. O meglio, volendo seguire la ricerca AIE (Associazione Italiana Editori) e Centro per il Libro e la Lettura: leggere libri, manuali o ebook. Secondo questa ricerca, a settembre 2021, i lettori italiani sono il 56% in costante calo. Questi lettori, però, leggono di più rispetto a prima. Però c’è qualcosa da tenere in considerazione: quanto legge un videogiocatore in un gioco? Questo capitolo vuole approfondire l’incontro, se non fusione, del “libro” con il “videogioco”. Perché forse il libro non si è indebolito ha solo trovato un’altra via dove esprimersi.
In principio era il libro game
Il “libro game” è un genere di letterature che ha fatto la gioia degli appassionati e che forse, in Italia, non ha mai avuto il “boom” che si merita. Trattasi di libri in cui il lettore viene posto dinanzi a diverse scelte del tipo: “Jim trova una chiave. Cosa vuoi far fare a Jim? Se vuoi fargliela prendere, vai a pagina 45. Se vuoi ignorarla e procedere oltre, gira la pagina.” (per informazione, quste frasi sono inventate. Non esiste alcun “Jim” che trova chiavi… per ora). Ti ricorda qualcosa questo procedimento? Esatto: i videogiochi, oggi, sono stracolmi di scelte del genere. Ma non basiamoci solamente sulla struttura tecnica delle scelte, perché il videogioco, come tanti altri medium, può raccontare una storia.
Se è vero che esistono videogiochi che utilizzano poche linee di testo per raccontare la propria storia basandosi su artwork, filmati, eventi in game e quant’altro, esistono giochi dove la mole di contenuti di testo scritti e condivisi con gli utenti sono decisamente generosi. Dying Light 2 ha una sceneggiatura di circa 350mila parole e oltre 40mila linee di diaologo. Non è forse come leggere uno – o due – romanzi? E Dying Light 2 non è il solo. The Witcher, la saga di Elder Scroll e tante, tante altre sono stracolme di contenuti testuali e hanno dietro veri e propri sceneggiatori.
Scrivere per un videogioco non è esattamente come scrivere un romanzo. Non basta la stesura della trama e, se si tiene conto delle possibili scelte, offerte al giocatore, come in un libro game, il contenuto testuale si moltiplica. Ma i giochi citati per ora sono giochi dove la parte ludica è viva e pulsante, c’è azione su schermo e i testi, seppur copiosi, accompagnano l’avventura senza mai sovrastarla. C’è chi ignora i dialoghi secondari, chi non vede l’ora di passare all’azione… ma c’è anche chi è lì a raccogliere la lore, a seguire tracce, a immaginare un puzzle letterario da unire per dare senso alla trama di fondo – sì, un saluto ai fan di Dark Souls e non solo. E poi ci sono loro, giochi che sono dei veri e propri libri, dove il contenuto testuale domina incontrastato. Un genere di gioco dove il giocatore deve principalmente leggere: i visual game.
Visual game: più libro che gioco
Sono su schermo ma non si basano esclusivamente sul testo come elemento visivo, accompagnando spesso le vicende – rigorosamente scritte – con artwork e intermezzandole da brevi fasi d’azione (ma spesso neanche quelle). “Visual game” è un genere di videogioco che sopravvive con una certa prepotenza e che sta allevando una nicchia da non sottovalutare soprattutto se si tiene conto del valore narrativo di alcune opere appartenenti al genere. La serie di Danganronpa, ad esempio, è imprescindibile. Ideata da Kazutaka Kodaka e sviluppata da Spike Chunsoft, Danganronpa è un gioiello dalla narrativa così potente da far invidia a innumerevoli romanzi. Tra un cast sempre deliziosamente approfondito – nonostante stereotipi – la storia trascina il giocatore in storie lunghe oltre 20 ore. Venti ore di lettura alternate a fasi ludiche, sì presenti, ma comunque secondarie. Tra colpi di scena inaspettati e il peso delle “decisioni” che penzolano sul capo dell’utente, la struttura della serie è semplicemente inattaccabile. Ma ecco, ironicamente, i punti deboli risiedono proprio lì: troppa lettura e, per noi italiani, tutta in inglese.
Se è vero che chi s’approccia al videogioco lo fa per videogiocare, interagire col testo, con la storia, fare scelte e vederne gli errori, non è forse anche quello videogiocare? Scoprire linee di testo tragiche – nella serie di Danganronpa anche tragicomiche – non è forse gioco? Svelare e unire i pezzi di una trama surreale mentre fiumi di parole scorrono sullo schermo trasformando gli eventi di continuo fa parte di questo genere di gioco. Un genere consapevole dei propri limiti e delle proprie richieste. Sa di essere più un libro e sa che viaggia al limite eppure non si può escluderlo dal mondo dei videogiochi.
Nine Hours, Nine Persons, Nine Doors, ideato da Kotaro Uchikoshi, è il primo capitolo di una trilogia fantascientifica che, come Danganronpa, è tra i capisaldi delle visual novel. Una storia fantascientifica dai toni molto più cupi rispetto a quella ideata da Kazutaka e che prova un approccio ludico diverso. Tra capitoli e capitoli di testo, l’opera di Uchikoshi ci richiede di risolvere degli enigmi dalla difficoltà decisamente elevata. Esatto, si usa la logica qui. Siamo lontano dalla serie del Professor Layton dove lì gli enigmi superano di gran lungo le linee narrative e l’anima da visual novel rimane viva e pulsante da inizio alla fine.
999 è un’altro piccolo capolavoro narrativo che riesce ad ancorare allo schermo dall’inizio alla fine in un susseguirsi di eventi ben scritti. E qui – come anche e soprattutto nei due sequel: Virtue’s Last Reward e Zero Time Dilemma – più che in altre visual novel “passive”, le scelte del giocatore, gli errori del giocatore, sono necessari. Bisogna leggere le conseguenze negative per sbloccare quelle positive in diramazioni ad albero che compongono un puzzle di eventi – scritto a priori – dal fascino indiscutibile (per gli amanti del genere, specialmente).
Ed è ancora Giapponese il terzo e ultimo esempio di “cugino degli ebook” che andiamo a incontrare: Ace Attorney. Leggermente più “famoso” – ma mai giustamente considerato – rispetto ai primi due, le avventure di Phoenix Wright si presenta principalmente come avventura grafica, con elementi da raccogliere e indizi da collegare ma l’anima pulsante, nonché vera potenza della serie è la trama e struttura da visual novel. Quando ci si posiziona dietro al bancone, pronti a urlare “Obiezione!”, noi siamo lì a leggere un libro. Anzi, nel caso di Ace Attorney, quella è un’antologia composta da racconti, ognuno con un criminale da scoprire. E non negatelo, quanto è divertente leggere quelle storie?
Nei videogiochi si legge
Questo approfondimento ha come titolo una domanda: le visual novel sono le cugine degli ebook? Si potrebbe azzardare affermando di sì ma la realtà è che sono mezzi ancora diversi seppur in costante comunicazione tra loro. Se da una parte abbiamo un genere di videogiochi che fa delle linee scritte il suo cuore pulsante provando a ludicizzarlo – dall’altro gli ebook si stanno evolvendo provando a diventare più interattivi, inserendo nuovi elementi – grafici e video. Si stanno contaminando. Forse non sono cugini ma due amanti segreti? Qual che sia la loro natura, quello che preme evidenziare è che forse la lettura non è ancora morta (per fortuna). C’è ancora speranza nelle storie, nelle belle storie, anche nelle storie lunghe e complesse. Di quelle da cui non vorresti mai staccarti, di quelle che ti lasciano un vuoto quando arrivi alla parola “fine”. Di storie nuove – anche con qualche cliché che ci fanno sentire “a casa” – ma belle da leggere e – a loro modo – coraggiose.