Welcome to My Cave è uno dei pochi titoli che tentano di portare un gestionale valido su mobile, che non sia basato su pochi click e sul tempo reale ma, al contrario, su un’economia di gioco tutta sua, la quale comprende tempi e bilanciamenti ragionati in modo da non includere una forte monetizzazione.
In modo simile a Pocket City, quindi, siamo davanti a un gestionale più profondo rispetto alla media mobile, ma comunque abbastanza immediato da essere giocabile senza problemi su uno smartphone. Chiaramente, in questi casi, viene spontaneo chiedersi se vale la pena dare una possibilità all’esperienza finale. Vediamolo insieme.
Un piccolo pretesto
Nonostante Welcome to My Cave non abbia una vera e propria storia, siamo comunque davanti a una piccola contestualizzazione narrativa. Tutto comincia nell’età della pietra, quando il figlio del capo tribù sceglie di scappare dalla sua tribù d’origine per crearne una tutta sua. Fin dal primo giorno, l’uomo si mette al lavoro per far prosperare un nuovo villaggio, partendo letteralmente dal nulla.
Da qui in poi, tutto è nelle mani del giocatore, che nell’arco di dieci anni deve riuscire a creare una tribù degna di questo nome. Nonostante la storia finisca qui, è degna di nota l’atmosfera goliardica del titolo, data dalle innumerevoli descrizioni di strutture e oggetti. Ogni edificio è infatti accompagnato da poche righe di testo, che spesso citano altri videogiochi o semplicemente scherzano sull’assurdità di alcune meccaniche, per esempio sottolineando come i taglialegna taglino gli alberi senza aver inventato le accette.
Dalle stalle alle stelle?
Pur mantenendo semplici meccaniche, Welcome to My Cave permette di sviluppare una piccola civiltà, dando in mano al giocatore la gestione di un villaggio. Come sempre, il loop di gameplay consiste nel costruire edifici che producono un certo numero di risorse, aumentare le popolazione, in modo da costruire altri edifici, che a loro volta permettono di ottenere più risorse, con le quali proseguire questo ciclo di crescita perpetua.
Tutto ciò dura per dieci anni nel tempo di gioco, dopo i quali la nostra tribù viene valutata in base alle risorse, al progresso e alla popolazione. Ogni mese, peraltro, viene fatta una valutazione temporanea dello stato del nostro villaggio che, in caso di esito positivo, permette di ottenere premi e risorse.
Quindi, come si fa a creare un insediamento prospero? Tutto viene gestito da tre risorse principali: persone, cibo e tecnologia.
Ogni edificio, infatti, richiede un certo numero di cibo e di tecnologia per essere creato e, a sua volta, produce un certo numero di queste risorse e un bene materiale (funghi, legname, carne). Le persone, invece, servono per far funzionare le varie strutture, che senza un “impiegato” a gestire, non produrrebbero nulla.
Ognuna di esse, però, predilige una certa mansione, mentre ne odia un’altra tra le varie disponibili. Potremmo quindi trovarci con un cavernicolo che detesta tagliare legna, ma ama lavorare nel pollaio. Chiaramente, tenere conto delle preferenze ha il vantaggio di aumentare l’umore della persona in questione.
Questo viene aumentato anche con la produzione dei beni preferiti da quel cavernicolo, indicati nella sua scheda personale e creati dalle strutture stesse. Persone con un umore alto lavorano meglio e, soprattutto, possono persino inventare nuovi edifici, i quali a loro volta possono produrre più risorse.
Abbiamo quindi un ciclo decisamente interessante: le persone hanno certe preferenze (di lavori e risorse) da soddisfare, per ottenere un umore alto, che porta a nuovi edifici. Gli edifici creano poi le risorse base (cibo e tecnologia) e gli oggetti che aumentano l’umore della popolazione. In tutto questo, chiaramente, bisogna cercare di non far mancare mai le risorse basilari.
Siamo quindi davanti a un gameplay semplice e immediato, che però è strutturato molto bene. Soprattutto, siamo davanti a un gestionale i cui tempi di gioco sono gestiti e bilanciati internamente, senza dipendere da lunghi cooldown nel mondo reale. Un’esperienza premium, che con un solo acquisto permette di ottenere un gioco completo.
Chiaramente, però, questa immediatezza ha anche delle “controindicazioni”. Se da una parte Welcome to My cave è perfetto per la fruizione mobile e per partite brevi, dall’altro lato questo si traduce in una struttura di gioco che sul lungo periodo mostra tutte le sue debolezze. In particolare, per i veterani del genere è impossibile non notare una certa mancanza di profondità, data da un gameplay basato su poche meccaniche.
Si unisce poi un’evidente ripetitività, data in parte dal genere stesso, ma dovuta anche dallo strettissimo ciclo di gameplay. Welcome to My Cave, quindi, è un ottimo gestionale da avere sul proprio smartphone, che però non può essere paragonato ai classici del genere e a titoli come Pocket City.
Gestire i quadrati
Il comparto tecnico di Welcome to My Cave è davvero sopra la media, per essere un gioco mobile. Gli ambienti, le strutture, e i vari omini sono decisamente piacevoli da vedere, anche grazie alle animazioni ben fatte. Questo è reso possibile anche dal comparto artistico, che privilegia un’estetica cartoon davvero stilosa e colorata, che valorizza pochi dettagli e crea uno stile subito riconoscibile.
Il comparto sonoro è altrettanto soddisfacente, grazie a delle musiche piacevoli da ascoltare, affiancate da pochi effetti sonori, ma che si rivelano comunque adatti alle varie occasioni.