Werewolf: The Apocalypse Earthblood è stato seguito con interesse da molti appassionati sin dalla sua prima presentazione, nell’ormai lontano 2017.
L’idea di vedere un titolo che portasse nel mondo dei videogiochi l’omonimo RPG da tavolo, insieme alla fama positiva degli ex Ubisoft di Cyanide, già autori dell’interessante Styx, sembrava garantire a Werewolf una buona riuscita globale.
Purtroppo non è così, ed è un peccato vedere un titolo che tradisce le aspettative e non riesce a cogliere nel segno in tanti aspetti che lo avrebbero potuto rendere un bel titolo.
La prima cosa che mi sarei aspettato di trovare in Werewolf era un comparto narrativo solido, con una storia stratificata, uno dei marchi di fabbrica di Cyanide Studio. Purtroppo non è così.
Werewolf ha tanto potenziale in ogni aspetto, dal gameplay alla storia, ma ci lascia costantemente perplessi per via di una realizzazione troppo “leggera”, quasi frettolosa.
Questo aspetto emerge chiaramente cominciando a giocare: si ha la sensazione che gli sviluppatori di Werewolf abbiano creato la prima mezz’ora di gioco, per poi clonarla all’infinito.
Sensazione rafforzata anche dallo svolgersi degli eventi, dal momento che ogni capitolo termina con la stessa scena persino al termine del gioco.
Anche volendo ignorare l’importanza della storia all’interno di un videogame, il level design ripetitivo ci farà stufare ad un certo punto.
I Garou
Riprendendo parte dell’ambientazione dal già citato Werewolf: Apocalypse, indosseremo i panni di un Garou (lupo mannaro in francese) Cahal in una storia in cui un branco di lupi mannari si erge a paladino di Gaia contro la misteriosa Endron.
Si tratta di un’organizzazione paramilitare che dietro una facciata da paladini della Terra, distrugge l’ecosistema, sacrificandolo sull’altare del progresso.
Quella che inizia come la lotta tra un gruppo di ecoterroristi e un’azienda malvagia, diventa una storia di vendetta personale per Cahal.
Purtroppo nonostante le premesse, che pur non essendo particolarmente originali potrebbero comunque essere interessanti, l’avvio lento del gioco unito ad un level design rivedibile, fallisce nel coinvolgere il giocatore.
Niente di strano quindi, se qualcuno si ritrova ad abbandonare subito il gioco a causa di missioni e scenari ripetitivi.
E’ vero, un inizio lento è comune a molti giochi, almeno fino al momento in cui subentrano nuove meccaniche di gioco o abilità. In Werewolf accade molto raramente e tutto, dalle location ai boss che affrontiamo, è un eterno ripetersi.
Dal 3 capitolo in poi lo schema è sempre lo stesso: cercheremo di infiltrarci in un complesso di qualche tipo, ad un certo punto verremo inevitabilmente scoperti e inizieremo un combattimento a viso aperto per arrivare all’antagonista principale, che fuggirà lasciandoci con un altro lupo mannaro da combattere per finire la missione.
Uno schema destinato a ripetersi ancora e ancora fino alla fine del gioco. Addirittura, a seconda delle nostre scelte, anche il finale potrebbe essere una scena analoga. Un incubo.
Il gameplay di Werewolf: The Apocalypse Earthblood
Tutti i capitoli sono un clone delle prime missioni, lo story telling è un disastro e lo stesso vale per il gameplay.
La componente stealth del gioco è banalissima e sembra provenire dritta dagli anni ’90: dovremo nasconderci (talvolta ricorrendo alla nostra forma di lupo) alla vista dei nemici ed eliminarli silenziosamente da dietro oppure colpendoli con le frecce di una balestra.
Il tutto richiede una buona dose di pazienza e di tempo, per cui spesso ci ritroveremo a preferire un bagno di sangue, più rapido e soddisfacente.
All’atto pratico, forse un approccio stealth ci semplifica la vita, ma non c’è un vero motivo per preferirlo.
Più soddisfacente invece il combattimento, che affrontiamo sotto forma di lupo antropomorfo che consente a Cahal di esprimersi al massimo della forza. Potremo scegliere tra due tipologie di approccio alla lotta: un approccio più dinamico, che ci farà muovere più velocemente e balzare sui nemici dalla lunga distanza oppure potremo scegliere di prediligere la forza bruta, muovendoci più lentamente ed infliggendo colpi più forti agli avversari.
Come da prassi avremo a disposizione un attacco leggero, un attacco pesante e la schivata; inoltre potremo guarire dalle nostre ferite e, accumulando la necessaria dose di furia, scatenarci in tutta la nostra rabbia infliggendo il massimo danno possibile a chiunque ci circondi.
In linea di massima i combattimenti sono la parte migliore del gioco, al netto di alcuni problemi con la telecamera. E’ uno di quei pochi elementi che ci invoglia a continuare il gioco, tenuto anche conto di come migliorando le abilità di combattimento, gli scontri diventeranno sempre più coinvolgenti e divertenti.
Si tratta del punto più alto raggiunto da un titolo che naviga in un mare di mediocrità.
Per quanto riguarda la componente GDR, abbiamo due diversi alberi delle abilità. Uno dedicato alle abilità di combattimento e l’altro che sviluppa la nostra capacità di infiltrazione.
Non c’è bisogno di dire che ci troveremo più spesso a migliorare le abilità di combattimento, che sono più interessanti delle altre. Anche perchè sappiamo già che alla fine di ogni livello dovremo combattere contro il boss di turno, contro cui le capacità stealth di Cahal sono del tutto inutili.
Segnali di Stile
Anche dal punto di vista grafico Werewolf: The Apocalypse Earthblood è una totale delusine: animazioni, texture e illuminazioni sembrano provenire da un titolo di epoca PlayStation 3/Xbox 360.
Non parliamo di un titolo tripla A, ci mancherebbe, ma in questi casi gli sviluppatori ci hanno abituato alla scelta di stili più personali, meno realistici ma più artistici.
Al contrario Cyanide prova a fornirci una grafica realistica, fallendo completamente nel compito.
Anche il sonoro è piuttosto anonimo, con un discreto doppiaggio (solo in inglese) e poco altro.