Da piccoli, non sempre (o meglio, quasi mai) capitava di non avere a disposizione il giocattolo all’ultimo grido, e ci toccava lavorare di fantasia con quel poco che si aveva. Non che fosse una situazione spiacevole, anzi! In questo modo abbiamo imparato a fare di necessità virtù e creare storie e personaggi degni di Tolkien con quel poco che si recuperava in casa.
Con l’avvento del medium videoludico ci siamo ritrovati davanti a mondi e situazioni già “confezionati” da qualcun altro e anche questo non è un male, basti pensare ai vari Final Fantasy, i primi in particolare, o ai più recenti God of War e The Last of Us Part II, entrambi titoli con una narrazione dal forte taglio cinematografico che hanno il vanto di portare su schermo personaggi decisamente profondi e umani.
Per ogni gioco che punta all’iperrealismo e fa leva sulla maturità emotiva del videogiocatore però ce n’è sempre uno che vuole riportarci bambini con contenuti spensierati e leggeri che puntano all’intrattenimento. In questo senso, Nintendo è riuscita a fare anche di più, proponendo di tanto in tanto titoli ed esperienze che, per quanto perfettamente a proprio agio nel medium videoludico, si rifanno a un’estetica e un gameplay tipico dei nostri giochi infantili realizzati con “mezzi di fortuna”.
Nasce in questo modo la serie Paper Mario, che propone deliziosi e riuscitissimi GDR impostati però come classici diorama o teatri dei burattini realizzati con figurine di carta, oppure alcuni titoli dedicati a Yoshi, in particolare Yoshi’s Woolly World e Yoshi’s Crafted World, che rispettivamente ci immergeranno in un soffice mondo fatto di lana e in un curatissimo e gradevolissimo mondo fatto in carta e cartone.
Where’s Samantha?, l’oggetto di questa recensione, ripropone un po’ questo filone di videogiochi ambientati in mondi di fantasia creati con materiali semplici, allo stesso tempo, allestisce una trama semplice, palesemente riferita alle storie lineari che inventavamo da bambini con tutto ciò che avevamo a disposizione. Il risultato è un titolo che non fa certamente gridare al miracolo, ma che intrattiene e, di tanto in tanto, strappa anche qualche risata.
Tu la conosci Samantha?
Dopo un menù iniziale a dir poco spartano, il titolo parte in quarta con la trama, presentata tramite delle illustrazioni presenti in un libro, accompagnate da didascalie molto esplicative di ciò che sta succedendo a schermo.
Ci vengono subito presentati i due protagonisti della nostra storia: George e Samantha, senza alcuni dubbio personaggi unici dal momento che si tratterà di due pezzi di… stoffa. In un mondo di gioco creato con materiali “semplici”, come quelli a cui facevo riferimento nell’introduzione, si devono realizzare personaggi che non sembrino fuori contesto e Where’s Samantha? segue pedissequamente questa filosofia, tanto che i due protagonisti della vicenda sembreranno letteralmente pezzi del mondo di gioco.
Nella primissima parte della narrazione, Samantha, la moglie di George, verrà rapita, e starà proprio al nostro protagonista lanciarsi in un’avventura spericolata per salvarla. Avanzando con la narrazione, trama e gameplay inizieranno a essere sempre più connessi tra loro, George, pensando alle sue abilità apprese nel corso dei livelli, si ritroverà a riflettere su ciò che gli sta succedendo e su cosa sta diventando, toccando temi anche molto seri e attuali a volte.
Naturalmente il titolo non vuole mai prendersi sul serio, non ha nemmeno per un momento questa intenzione, e il tirare in ballo argomenti come la clonazione serve solo a dare un taglio leggermente fantascientifico al tutto, e allo stesso tempo anche a dare un leggera profondità al protagonista, che risulterà lievemente più profondo e sfaccettato di quanto si potrebbe pensare.
Alla ricerca di Samantha
Il gameplay è la parte dolente di un titolo che, nonostante qualche idea davvero carina, va riconosciuto, purtroppo non riesce a spiccare pressoché in nessun aspetto, sguazzando ampiamente nella mediocrità.
Where’s Samantha? infatti propone il più classico dei gameplay da puzzle game. Nel mercato odierno, con un mare di produzioni di qualsiasi genere che sommerge i giocatori, ogni titolo, per quanto classico, dovrebbe proporre almeno un dettaglio che lo renda memorabile, e che faccia andare gli utenti proprio alla ricerca di quel gioco e non di un altro.
Invece, il titolo preferisce rimanere in una comfort zone che, per quanto rodata per anni e indubbiamente gradevole, ormai non ha nulla di nuovo da raccontare se resta uguale a sé stessa. Nascono quindi puzzle game come Portal, The Witness (attualmente gratuito grazie all’iniziativa di Sony Play at Home), Little Nightmares II, tutti titoli che, ognuno a modo suo, introducono un’unicità che li fa spiccare.
Where’s Samantha? invece si limita a proporre enigmi molto lineari, che di rado metteranno alla prova la logica e il pensiero laterale del giocatore, piuttosto, in qualche rara occasione, potrebbero richiedere prontezza di riflessi e concentrazione, ma nulla di più.
Il gameplay viene arricchito dalla possibilità di George di dividersi in più pezzi o raggrupparsi in un unico pezzo più pesante degli altri, ma anche questo non si rivela particolarmente incisivo. Il vero problema sta nel fatto che tutti gli enigmi saranno davvero troppo lineari e la loro risoluzione sempre evidente al primo sguardo, in un puzzle game una gestione del gameplay simile è capace di far venir meno tutto l’interesse all’istante, e purtroppo in questo caso ci riesce.
Tecnicamente potrebbe, ma non si impegna
Where’s Samantha? tenta di essere interessante quantomento dal punto di vista tecnico, ma anche in questo caso credo che non riesca a far scaturire più di tanto entusiamo nel giocatore. Per quanto riguarda la grafica, come detto in apertura, si è voluto puntare sulla riproposizione in digitale di un materiale come la stoffa.
Per quanto il primo colpo d’occhio sia gradevole e contribuisca a creare un’ambientazione che dia l’impressione di trovarci in un mondo in miniatura, dopo lo stupore iniziale ci si rende conto che in realtà questo mondo è sostanzialmente vuoto, tra fondali anonimi e ambientazioni sempre uguali a loro stesse. Se a questo si aggiunge il fatto che alcuni elementi, come le trappole ambientali, sembrano indietro di una generazione (cosa che li porta a essere ancora più fuori contesto), si capisce subito che siamo davanti a un quadro non così gradevole da guardare.
Nemmeno il comparto sonoro poi fa gridare al miracolo, con un accompagnamento musicale ben contestualizzato, ma anche in questo caso niente di eclatante. Anzi, ci troviamo piuttosto davanti a un tema davvero anonimo, tanto che saremo presto portati ad azzerare l’audio di gioco e ascoltare altro.
In definitiva, Where’s Samantha? non è un bruttto gioco, ma non riesce a dare al giocatore un motivo valido per essere giocato. Una trama non necessaria per il genere, una realizzazione tecnica che stanca ben presto e un gameplay che non aggiunge nulla di nuovo rispetto a tante altre produzioni portano il titolo in direzione dell’anonimato più totale. Nulla di eclatante, ma i completisti del genere troveranno un altro titolo da godersi volentieri e che scivola via in una manciata di ore.