Cosa è la fine del mondo? Molti la associano a un evento catastrofico: il sole che si spegne cancellando la vita come la conosciamo, oppure una guerra nucleare su larga scala che spazza via l’intera umanità. Si trattano di eventi su cui non abbiamo controllo, troppo grandi e troppo terribili per avere una qualche influenza sul loro corso. Per altri invece, la fine del mondo è qualcosa di più sottile e intimo: un licenziamento inaspettato, la morte di un caro, la fine di un amore, oppure un brutto voto a scuola.
While We Wait Here, ultima fatica del team italiano Bad Vices Games, ci propone la sua fine del mondo attraverso un’esperienza videoludica atipica, che nasconde un’anima profonda e commovente sotto quello che potrebbe sembrare un semplice gestionale.
While We Wait Here: un crocevia di vite
In While We Wait Here ci troveremo impegnati nel gestire un diner sulla West Coast degli Stati Uniti, uno di quelli che vediamo sempre nei film o nelle serie tv, dove il caffè viene versato ogni qual volta abbiamo la tazza vuota; solo che al posto di avere il cuoco scorbutico e la cameriera con il suo “che ti porto dolcezza?”, abbiamo Cliff e Nora, in quella che a tutti gli effetti è un’attività a conduzione familiare.
Cliff ama Nora e viceversa, ed entrambi condividono un sogno: lasciarsi quella vita alle spalle e partire per qualcosa di ignoto, che sia un appartamento in città o una villetta in campagna poco importa, quello che conta è rimanere insieme, il resto si vedrà.
Oltre ai clienti che vanno e vengono, diretti verso chissà quale meta, il diner ha le sue facce note, i clienti abituali che col passare del tempo sono diventati più amici che altro, ognuno con la propria storia e con le proprie difficoltà. While We Wait Here utilizza il diner come un crocevia, un posto in cui anime diverse capitano per caso oppure decidono di andarci, solo per trovare un posto in cui raccontare sé stessi, una specie di Taverna dei Destini Incrociati senza tarocchi e in salsa videoludica.
Il titolo di Bad Vices Games ci ricorda uno degli aspetti più importanti della vita che molto spesso ci scordiamo: non importa quanto siano brevi e fugaci i nostri rapporti con gli altri, in un modo o nell’altro faremo per sempre parte della vita di chi abbiamo incontrato e di chi incontreremo; anche se si trattasse solamente di un cenno per strada con uno sconosciuto, non dobbiamo mai sottovalutare il nostro impatto sulle vite delle persone che ci circondano.
While We Wait Here sottolinea questo aspetto mettendo su schermo una serie di interazioni con un cast vario e ben caratterizzato, complice anche l’ottimo doppiaggio, dandoci poche ma incisive scelte proprio sulle persone che verranno a rifugiarsi nel nostro diner aspettando la fine del mondo.
Ah giusto! Dovevo cucinare
Bad Vices Games ha dimostrato molto bene di saper costruire una storia interattiva, e non intendo perché a noi giocatori viene data la possibilità di prendere delle scelte nel senso più classico del termine, ma ciò lo si nota dal modo in cui hanno curato la parte gestionale di While We Wait Here. Il semplice gameplay dei titoli in cui dobbiamo gestire un’attività è una delle forme più gratificanti di feedback loop che ci possano essere, ossia eseguire semplici task che in qualche modo premino il giocatore: il cliente vuole un hamburger, lo prepariamo – stando attenti a non bruciarlo – e lo serviamo, prendiamo i soldi e la nostra attività migliora.
In While We Wait Here servire i clienti non ci darà nessuna ricompensa. Si è vero, tutti pagheranno dopo essere stati serviti, ma quello non è l’obbiettivo di Bad Vices Games. Portare un milkshake o un pancake ai personaggi presenti nel diner ci darà la scusa di avvicinarci e scoprire di più su di loro: come mai quella ragazza sta guardando fuori dalla finestra con fare sognante? Perché quell’uomo ha quello strambo cappello in testa?
Perciò riformulo la frase di apertura del paragrafo precedente: While We Wait Here non ci darà una ricompensa nel classico dei modi, ma lo fa a modo suo, fregandosene delle statistiche e dei miglioramenti, ma offrendoci uno spiraglio sempre più ampio all’interno delle vite di altre persone e la cosa funziona perfettamente.
Il design dietro questa scelta risulta ancor più vincente visto il lavoro incredibile che Bad Vices Games ha eseguito sulle animazioni di gioco. Nonostante il titolo voglia riprendere l’estetica a cavallo tra PS1 e PS2, le animazioni di ogni azione eseguita dietro il bancone del diner lasciano a bocca aperta; e ciò è ancora più sorprendente visto che il team è composto solo da due persone (e un gatto).
Qualche nota negativa
Nonostante io abbia apprezzato moltissimo il titolo di Elenora Vecchi e Cristian Gambadori, non posso esentarmi nell’elencare quelli che a mio avviso risultano essere i difetti che While We Wait Here mette in mostra durante le sue due ore di gameplay e inizierei proprio da questo aspetto: la durata. Non fraintendetemi, a mio avviso la durata del gioco è perfetta, visto che ci sono più finali (che vi invito a portare a termine), il problema è come questo tempo viene gestito.
Ad alcuni personaggi che popolano il diner non viene dato il giusto tempo per poter sviluppare la loro storia al pari degli altri; in questo modo, quando saremo chiamati in causa per aiutarli, la nostra scelta non avrà lo stesso impatto emotivo che ha avuto con quelle fatte per gli altri comprimari, dando una sensazione di “sbrigativo” che mal si addice all’ottimo ritmo tenuto dal titolo fino alla parte finale.
Altra nota negativa, seppur minore e poco influente, è la presenza di qualche bug: nonostante la buona ottimizzazione di While We Wait Here, mi sono capitati dei momenti nei quali il trigger dei vari utensili in cucina non fosse attivabile; altre volte, invece, ci sono stati dei problemi legati all’illuminazione, come ad esempio il riflesso dei bicchieri che ogni tanto pareva fossero una supernova all’interno del diner. Ripeto, sono cose di poco conto e facilmente risolvibili, ma mi è parso comunque giusto portarli all’attenzione di chi leggerà questa recensione.