Witchfire è un titolo che sembra promettere davvero bene, grazie a un’atmosfera eccezionale, unita a meccaniche da roguelite, a loro volta unite a meccaniche da sparatutto che sembrano uscite da una fusione tra Doom e Destiny. Vediamo quindi se vale la pena giocarlo nella nostra recensione.
Streghe contro chiesa!
La storia di Witchfire non è troppo elaborata e serve da mero pretesto per gettare il giocatore nella mischia. Il mondo è in crisi per via di una guerra tra streghe e chiesa. Nonostante quest’ultima abbia la superiorità numerica, le prime stanno vincendo per via della loro magia. Vi è però un artefatto che potrebbe cambiare le sorti del conflitto, proveniente da una sorta di arca…ritrovata nel territorio delle streghe.
La chiesa si serve quindi di veri e propri cacciatori di streghe, esseri dai poteri sovrannaturali che possono affrontare il male incarnato e uscirne vivi. Neanche a dirlo, tu sei uno di questi.
La storia, di base, è tutta qui. Witchfire, però, riesce comunque a coinvolgere il giocatore, grazie a un’atmosfera riuscitissima, delineata dal comparto estetico e dalle varie descrizioni sparse tra i menù.
Le sparatorie di Witchfire
Il loop di gameplay di Witchfire è semplice ma efficace. Si inizia da un HUB da cui è possibile potenziare e personalizzare il personaggio. Si avvia una spedizione e si cerca di ottenere più potenziamenti e oggetti possibili, prima di provare a sconfiggere un boss, oppure tentare la fuga attraverso dei portali. In caso di fuga riuscita, si tiene tutto ciò che si raccoglie, in caso di morte, si perde tutto.
Non siamo però davanti a un roguelite. Tanto per cominciare, le mappe del titolo sono statiche e non mutevoli. Le uniche differenze sono nelle location di nemici e loot. Inoltre, il titolo propone una progressione che sembra quasi rifarsi a quella degli extraction shooter, dove le singole partite si inseriscono in una vasta metaprogressione che caratterizza lo sviluppo e la personalizzazione del personaggio.
Durante le partite, infatti, si raccoglie principalmente Witchfire, ovvero una sorta di essenza che i nemici rilasciano dopo l’uccisione. Questa è una vera e propria valuta da spendere una volta tornati all’HUB per potenziare il personaggio. E’ infatti possibile aumentare varie statistiche, che corrispondono ad caratteristiche come la salute, la stamina, la magia e così via.
Inoltre, nell’HUB è possibile avviare la “ricerca” di armi e magie, che poi vengono sbloccate giocando. Semplicemente, si avvia una ricerca, si parte per una spedizione e, partita dopo partita, si osserva una percentuale che sale, fino allo sblocco dell’arma, della magia o dell’oggetto selezionato. Infine, è possibile potenziare questi strumenti di morte, sbloccando abilità passive che vanno a delineare meccaniche simili a quelle delle armi esotiche in Destiny (come creare colpi potenziati dopo la ricarica, in caso di colpi critici del precedente caricatore). Questi potenziamenti avvengono soprattutto tramite sfide da svolgere durante le spedizioni – come uccidi tot nemici – e di conseguenza si uniscono nel loop generale di gameplay.
In pratica, ogni missione di Witchfire è inserita in un ecosistema più ampio, che stabilisce una progressione lenta ma costante. Durante una spedizione, semplicemente giocando, si ottengono punti esperienza, materiali, e si mandano avanti le ricerche avviate alla base. Più obiettivi si completano, meglio è. Un sistema, questo, che funziona, ma tristemente appesantito da un grinding eccessivo nelle prime ore di gioco. Inizialmente, infatti, il personaggio si dimostra eccessivamente “debole”, per via di una carenza di armi, magie e di una generale lentezza data dalle statistiche basse.
Per fortuna, partita dopo partita, la situazione cambia. Ma quindi, come funziona una spedizione? Molto semplicemente, si entra in una delle mappe disponibili che, come detto, sono sempre uguali. Ogni volta, però, vengono sparsi casualmente obiettivi da completare, che vanno dalla raccolta di forzieri, all’uccisione di gruppi di nemici più o meno pericolosi, passando per eventi poco complessi (come seguire uno spiritello o sopravvivere a ondate di nemici).
Ogni partita è sempre nelle mani del giocatore, che può scegliere quali nemici ingaggiare, quali forzieri raggiungere e quando tentare la fuga attraverso i portali sparsi nello scenario. Molto, chiaramente, dipende dalle prestazioni in combattimento, visto che perdere poca salute permette di esplorare più a lungo. Così come molto dipende dallo sfruttare la mappa, a volte sviluppata anche in verticale e spesso in grado di proporre situazioni tattiche interessanti.
E sono proprio gli scontri il cavallo di battaglia di Witchfire. Questi si basano su un gunplay simile a quello di Destiny, me meno fluido (ad esempio non si può ricaricare in salto). Il cacciatore ha a disposizione due armi – divise tra corto, medio e lungo raggio – e un’arma demoniaca dalle munizioni ridotte, ma devastante negli effetti. A questi strumenti di morte si aggiungono le magie, a loro volta divise in pesanti e leggere.
Chiaramente solo le armi a essere il perno attorno a cui ruota il combattimento. Queste, oltre a presentare una discreta varietà, propongono meccaniche uniche da prendere in considerazione. Anche in questo caso, va detto che le prime ore di gioco si dimostrano tediose, per via di un arsenale ridotto al solo revolver…da ricaricare continuamente ogni sei colpi (che con buona pace di Ocelot, non sono “più che sufficienti a uccidere qualunque cosa si muova”). La situazione diventa invece più interessante quando si iniziano a sbloccare le altre bocche da fuoco, dato che tutto diventa più dinamico.
Si aggiungono poi le magie, leggere e veloci – come uno stun AoE di breve durata – oppure pesanti e devastanti – come un campana spettrale che stunna ripetutamente i nemici intorno – che però sono limitate da un cooldown inizialmente molto lungo. Per guarirsi, invece, si consumano pozioni da creare una volta tornati nell’HUB. Queste funzionano in modo simile alle fiaschette dei soulslike, ma vanno craftate da zero dopo ogni consumo. Una scelta, condivisibile, ma rovinata dall’assenza di indicatori per la raccolta di materiali necessari al crafting.
Infine, vanno spese due parole per la barra della stamina. Questa gestisce movimenti come la corsa, il doppio salto e il dash. Quest’ultimo particolare consente di schivare praticamente tutti gli attacchi, consumando però moltissima stamina. Uccidendo nemici, però, è possibile aumentare la barra oltre il limite massimo, fino al raggiungimento di una certa soglia. Al contrario, subendo danni la stamina torna alla sua grandezza consueta. Si crea quindi una meccanica interessante, che costringe il giocatore a essere cauto, non solo per gli enormi danni subiti, ma anche per mantenere una buona mobilità.
Da parte loro, invece, i nemici si dimostrano coriacei e duri da mandare giù, soprattutto quando si tratta di alcune tipologie. Oltre ai semplici mostriciattoli base armati di lancia, infatti, si trovano anche fucilieri, arcieri, demoni in grado di scattare e molto altro. Una buona varietà, quindi, almeno nelle prime ore di gioco. Proseguendo nell’avventura, infatti, si inizia ad avvertire una certa ripetitività, anche per via di nemici troppo simili tra loro.
In pratica, Witchfire parte davvero bene, proponendo al giocatore un loop di gameplay solido, affiancato da un sistema di combattimento interessante e divertente, che spinge a giocare anche una o due partite al gioco, per vedere quale sarà lo sblocco successivo. Purtroppo, però, questo sistema è un’arma a doppio taglio, dato che si basa almeno in parte sull’abilità degli sviluppatori di garantire varietà alla formula base. In questo momento, invece, il gioco ospita poche mappe, pochi nemici e un numero limitato di sblocchi.
Per avere vita lunga, quindi, sono necessarie novità che possano rendere tutto più “vivo”, come eventi all’interno delle mappe (ad esempio nemici coriacei, ostacoli ambientali, loop raro a tempo), nuove mappe, nuovi nemici e un numero praticamente costante di oggetti da sbloccare. In altre parole, il titolo avrà bisogno di essere supportato a dovere per durare a lungo.
Tecnicamente buono
Il comparto tecnico di Witchfire è ottimo, ma non eccelso. Il titolo vanta infatti un ottimo colpo d’occhio generale, grazie a modelli discretamente dettagliati, armi belle da vedere e paesaggi evocativi e ricchi di dettagli. All0 stesso modo, i nemici sono animati in modo soddisfacente. Restano però incertezze quando si osservano da vicino oggetti e scenari, che mostrano il fianco a texture poco dettagliate.
Il comparto artistico del titolo, però, riesce comunque a creare un’atmosfera ricca di fascino, grazie a richiami che a tratti ricordano quelli di Blasphemous, al design interessante di armi e nemici al carattere cupo dell’estetica generale.
Infine, il comparto sonoro è eccellente, con musiche orecchiabili ed effetti perfetti per accompagnare creature e armi.