Sviluppato da Moonless Formless e pubblicato in sinergia con Perp Games, Withering Rooms è un action RPG survival horror in 2.5D con elementi procedurali e una spruzzata da roguelike. Noi abbiamo provato l’intrigante mix di generi su PlayStation 5 e questa è la nostra recensione. Pronto ad affrontare un lungo incubo?
Withering Rooms e l’incubo senza fine
La narrazione di Withering Rooms o la si ama o la si odia. Non ci sono mezze misure. La motivazione è riscontrabile nel fatto che il titolo Perp Games punta tutto sul mistero. Vuole essere così misterioso dal risultare, in alcuni momenti, eccessivamente e inutilmente criptico. Sforza nel non detto, affidandosi a personaggi deliranti e che si fatica a inserire idoneamente nel vasto mosaico narrativo.
Il titolo strizza palesemente l’occhio a Bloodborne, con personaggi che comunicano in preda a vaneggiamenti vari e appoggiandosi a sua volta alla raccolta di testi, documenti e a dialoghi lineari e in alcuni casi anche sorprendentemente verbosi. Ma, a differenza del capolavoro From Software, Withering Rooms rischia di essere tutto fumo e niente arrosto, salvandosi comunque con le battute finali (questi ultimi sono anche multipli, favorendone la rigiocabilità).
Ma procediamo con ordine, in Withering Rooms indossiamo i panni della giovane Nightingale che si trova, suo malgrado, affidata alle cure di un manicomio: il Mostyn House. L’edificio è un perfetto co-protagonista oltre a essere un elemento ludico di tutto rispetto. Si tratta di una villa vittoriana piena zeppa di creature letali ed enigmi ambientali. Insomma: è una villa maledetta.
La maledizione è abbastanza singolare e vede chi la vive bloccato in un incubo senza fine. Incubo abitato dalle già citate creature mostruose e che vede la stessa villa come teatro di innumerevoli scempi e misteri irrisolti. Tra streghe, dottori malconci, appestati, esseri evanescenti, incantesimi, torture, sangue un po’ ovunque, ombre che si muovono e misteriosi specchi che conducono ad altri mondi, Withering Rooms è un horror a tutti gli effetti.
Chiariamoci, non è uno di quei titoli che non ti fa dormire la notte ma, d’altronde, non lo è neanche il recentissimo The Outlast Trials (di cui puoi leggere la nostra recensione). Parliamo però di un titolo dotato di una discreta dose d’ansia e dall’elevata imprevedibilità, oltre che dal “bestiario” discretamente variopinto. Inoltre, nonostante la protagonista possa menar fendenti e scagliare magie, si ha sempre la sensazione d’impotenza e il desiderio di nascondersi sperando di non esser stati visti.
Sopravvivere agli incubi
Withering Rooms è un action RPG in 2.5D con elementi sia da survival horror che da roguelike impiantato in una struttura ludica procedurale. Un mix che a prima vista può rendere perplessi ma che, pad alla mano, funziona decisamente bene in quasi ogni elemento. Il primo punto da analizzare è l’esplorazione dell’ambienta che, neanche a dirlo, è la villa stessa.
A ogni run inizieremo nella nostra stanza ma avremo la possibilità di salvare e uscire a nostro piacimento e in qualsiasi momento. La stanza iniziale come altre stanze da gioco con elementi specifici o personaggi non offensivi, sono caratterizzate da un simbolo a muro che indica che al suo interno sei al sicuro. I mostri non potranno inseguirti.
Le altre stanze, invece, collegate prevalentemente da un lungo corridoio, sia esso al chiuso o all’aperto, come il viale del giardino di siepi labirintiche, sono invece un mistero costante. La proceduralità di Withering Rooms, infatti, gioca nel rimescolare costantemente gli elementi di gioco. Chiariamoci, non cambia i nemici o il mobilio, sposta semplicemente le stanze mutandone di fatto la posizione.
Se i nemici e gli elementi chiave sono gli stessi, gli oggetti e gli enigmi stessi mutano a ogni run. Questo perché, come un roguelike, alla nostra morte perderemo ogni oggetto non permanente (come cure, equipaggiamenti, ecc.). Ogni run inizia quindi con la protagonista alla disperata ricerca di oggetti per equipaggiarsi in attesa dei primi e quasi inevitabili scontri.
Ma prima di affrontare il combat system di Withering Rooms è bene approfondirne gli enigmi. Questi sono ben riusciti e giocano con la proceduralità del titolo mutandone la loro stessa soluzione e costringendoci, di fatto, a non prendere la morte in gioco troppo alla leggera. Banalmente, un enigma ci richiederà di trovare dei numeri per sbloccare un lucchetto. Tali numeri sono nascosti in tre stanze. Ecco, a ogni run quei numeri cambiano.
Non ho paura, sono armata!
Ebbene sì, Withering Rooms ci mette in condizione tale da poter fronteggiare gli orrori della villa. Lo fa con un arsenale di armi decisamente vario e fortemente personalizzabile. Nel senso che potremo decidere con cosa equipaggiarsi e potenziare una o più caratteristiche della protagonista. Proprio come in un RPG seppur con meno profondità.
Piccola nota prima di approfondire le meccaniche da combat system e relativi upgrade: Withering Rooms rimane comunque un survival horror. Questo significa che non mancano luoghi in cui nascondersi e spesso e volentieri la fuga sarà la migliore delle scelte possibili. Tra l’altro, occhio agli inseguimenti. Alcune creature sono molto sveglie e se ti vedono mentre ti nascondi, verranno a tirarti fuori per malmenarti ancor di più.
Inoltre, in Withering Rooms si può morire velocemente. Basta davvero poco: un incantesimo che non si conosce, l’essere circondato da più nemici o soprattutto non avere l’arma giusta o avere un equipaggiamento difensivo troppo debole rispetto all’offensiva nemica. In ogni caso, per i meno pazienti, questo può essere un problema e portare velocemente alla frustrazione.
Quest’ultimo scaturisce soprattutto dalla più grande criticità di Withering Rooms: il combat system in sé. Il combattimento in Withering Rooms è lento, macchinoso, impreciso e scomodo. Essendo bidimensionale non dovrebbero esserci tanti problemi eppure, scagliare un fendente è estremamente faticoso. Alcune volte va a vuoto, altre, mentre noi stiamo quasi per raggiungere l’avversario, questi ci sovrasta con qualche mossa devastante.
Perché alcuni nemici sono semplicemente devastanti e quando scoprirai quelli in grado di scagliare magie, te ne renderai conto. Anche perché, oltre alla barra vitale, dovrai tenere d’occhio quella della maledizione che non deve mai riempirsi del tutto ma che, in alcuni enigmi, sarà invece necessario avere (altro momento discretamente frustrante). La situazione non migliora neanche con le armi a distanza il cui tutorial non è neanche esaustivo e che richiede un po’ di pratica in più.
Come avrai intuito, la tipologia di armi in Withering Rooms è abbastanza elevata e potrai reperirle dall’ambiente, acquistarle dai mendicanti stravaganti o ottenerle anche dai nemici sconfitti. Da questi, in realtà, potrai anche ottenere frammenti organici come dita, cuore e altro. Questi elementi sono essenziali per gli upgrade permanenti della protagonista.
Già nelle prime fasi di gioco, infatti, potrai, sacrificando i suddetti oggetti, decidere quale valore statistico aumentare in modo permanente facendo, altresì, salire di livello la protagonista. Inutile dire che, più sali di livello, più i sacrifici richiesti saranno esosi e difficili da ottenere. Ma non solo, tali oggetti servono anche in particolari “fontane” dove, col dovuto sacrificio, potrai scegliere quale oggetto in tuo possesso rendere permanente.
In chiave da roguelike, questa opzione è preziosissima in quanto, in caso di morte, ti ritroverai a ricominciare con l’oggetto reso permanente. Inutile dire che per ogni fontana si può “permanetizzare” un solo oggetto ma, in compenso, potrai cambiare la tua scelta ogni volta che ritroverai la rispettiva fontana.
Grafica e sonoro
Considerando che abbiamo a che fare con un indie, Withering Rooms sorprende per la cura grafica delle location laddove i personaggi umani non brillano per espressività e cura. La villa è l’elemento che spicca di più grazie al suo costante mutare senza però mai smarrire la sua identità. Forte di sculture, arnesi da tortura, biomi discretamente variegati e da un’attenzione al dettaglio molto apprezzabile, l’esplorazione dell’opera Perp Games ne esce vittoriosa.
Molto buoni anche gli effetti luce-ombra così come il sonoro, leggermente più pigro e meno coraggioso ma comunque complice nel dar vita a un’atmosfera cupa e misteriosa. Il senso d’ansia e inquietudine, d’altronde, è merito anche delle sonorità, di quei versi in lontananza e degli strascichi indecifrabili.
Nota dolente, invece, per l’assenza della lingua italiana. Non sono presenti neanche i sottotitoli e questo, considerando già la delicata tipologia di narrazione, può risultare un ostacolo non di poco conto per chi non mastica bene l’inglese.