Oggi parleremo di Worldend Syndrome, una visual novel con una forte componente story driven sviluppata da Arc System Works e pubblicata da PQube Games il 14 giugno 2019 su PlayStation 4, PlayStation Vita e Nintendo Switch. Il titolo è quindi già disponibile al prezzo di €49.99 sugli store. I dialoghi sono doppiati in giapponese e i sottotitoli sono esclusivamente in inglese, ma non temere: si tratta di un inglese spesso colloquiale e semplice da capire. Se però questa lingua non è il tuo forte ti sconsiglio vivamente di iniziare quest’avventura poiché le conversazioni e gli approfondimenti sono completamente necessari per vivere un’esperienza di gioco completa, proprio perché si tratta di una visual novel. Dopo queste brevi premesse, iniziamo insieme l’analisi di Worldend Syndrome!
La trama, componente principale della visual novel
Ti trovi nei panni di un giovane ragazzo che, dopo un lutto, si trasferisce a Mihate Town, una cittadina nota per i suoi misteri e le sue leggende. La più gettonata è quello dello Yomibito: ogni 100 anni un morto ritorna in vita rompendo la quiete della città marittima. Nella prima ora di narrazione introduttiva scoprirai la tua casa e farai le tue prime conoscenze grazie al tuo primo giorno nella nuova scuola. Nonostante la durata di questo incipit, si riescono già a riconoscere i temi principali che ti toccheranno nel corso del gioco: l’amore e il mistero. Questi si alterneranno senza mai prendere il sopravvento sulla controparte: dovrai organizzare le uscite e prepararti per gli appuntamenti, ma allo stesso tempo dovrai cercare indizi sul segreto nascosto dietro a questa città. Se preferisci una sola di queste due attività, l’altra non ti prenderà mai troppo tempo in modo da annoiarti.
Uno svolgimento interattivo della trama!
L’andamento della trama sarà una conseguenza delle tue scelte, ti anticipo che ci saranno diversi finali possibili che cambieranno in base alla partner che sceglierai alla fine. Non tutti ti permetteranno di comprendere a pieno il segreto di Mihate, e proprio per questo motivo sono disponibili molti slot di salvataggio. Il mio consiglio è quello di salvare i dati in uno slot differenteprima di una decisione che, a tuo avviso, potrebbe stravolgere completamente la storia. In questo modo portai tornare indietro per scoprire “cosa sarebbe successo se…“. Questa possibilità aumenta notevolmente il fattore rigiocabilità di Worldend Syndrome.
Il gameplay, minimale ma minuzioso
Se scegli di giocare una visual novel, sicuramente non ti aspetterai un gameplay vario, versatile e impegnativo. Questo discorso vale anche per Worldend Syndrome: i dialoghi e la narrazione predomineranno sempre, ed è giusto così! Tuttavia, nel suo piccolo, il gameplay riesce a bene nel suo scopo: farti prendere decisioni e darti la sensazione di guidare completamente la storia del gioco. Tramite la mappa puoi scegliere dove recarti e a che ora del giorno farlo (ci saranno circa 15 destinazioni selezionabili a Mihate Town) per incontrare chi ti interessa, o anche solamente per farti un giro in cerca di indizi. Alcuni dialoghi ovviamente avranno delle risposte a scelta multipla e gli appuntamenti con gli altri personaggi possono esser pianificati (orario, luogo, motivo ecc ecc…).
Il comparto grafico, ambientazioni mozzafiato
Worldend Syndrome, sin dal primo giorno a Mihate, offre scenari costruiti nel dettaglio e molto piacevoli alla vista. La prima alba sul mare all’inizio della storia è straordinaria. Gli sviluppatori sanno di questo punto forte, infatti hanno reso possibile l’occultamento dei dialoghi in alcuni casi, in modo da poter contemplare a schermo intero la bellezza delle immagini. Questa modalità è anche utile per analizzare attentamente gli scenari in cerca di possibili indizi o curiosità. Anche i personaggi sono realizzati minuziosamente in pose e animazioni che spesso li rendono caratteristici e ben riconoscibili. In fin dei conti, uno dei tuoi obiettivi in-game è quello di trovare la tua partner, perciò è indispensabile ritrovare personaggi particolari e ben differenziati.
I dialoghi e le musiche
Un altro asso nella manica di Worldend Syndrome sono i dialoghi: riescono spesso a coinvolgerti emotivamente strappandoti un sorriso o facendoti capire perfettamente lo stato emotivo di un personaggio. Insieme a essi, anche la narrazione in terza persona riesce a spezzare bene l’intensità delle conversazioni. Se ti piace leggere, questo titolo fa per te, giocando a Worldend Syndrome mi è sembrato realmente di avere davanti un libro illustrato. Un tasto dolente sono le musiche che non riescono nel tener testa ad ambientazioni e scene, queste appaiono sempre sottotono e anche poco azzeccate in certe condizioni. Lo stesso discorso vale per gli effetti sonori: i classici comuni rumori anonimo come il suono dei passi, la porta che si chiude e via dicendo.