Sviluppato da Noname Studios e pubblicato da Coatsink in sinergia con Thunderful, Worldless è un platform game in 2D con un sistema di combattimento a turni in tempo reale e interattivo con una trama evocativa tutta da interpretare. Dopo averne curato l’anteprima (che puoi recuperare qui), abbiamo affrontato la misteriosa opera di Noname Studios su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione!
Worldless – tutto da interpretare
Parlare della narrazione di Worldless non è così semplice. Si tratta, infatti, di uno di quei titoli che hanno una narrazione non lineare, un percorso quasi personale, che si lega all’utente, alla sua voglia di scoprire, al suo intuito, alle sue azioni. Ma andiamo all’inizio del tutto: al vuoto. Buio. Forse lo spazio. Forse non quello che conosciamo. All’improvviso un bagliore. Poi un altro. Nascono piccole luci. Bianche. Volteggiano.
E quel volteggiare tranquillo, sereno, silenzioso, viene ben presto sconvolto da un’altra, diversa ma ugualmente luminosa. Le due luci si scontrano. Ancora e ancora. Il quadro s’allarga. Altre luci, altri scontri. E quando andiamo a zoommare su una di queste luci appare lui: il protagonista. Definirlo non è facilissimo. Sembra Mysterio, il cattivo di Spiderman, ma più snello e atletico. Ne condivide la testa sferica e luminosa e una sorta di stravagante mantello anche se qui è un cenno leggero che può richiamare quasi una sciarpa.
Worldless non spiega niente. Non lo fa quasi mai, non direttamente. Anzi, ogni linea di dialogo, ogni evento a schermo, ogni scontro o piattaforma da scoprire, è un mistero. Un mosaico che non tutti riusciranno a tradurre e che non tutti avranno voglia di capire o di provare a capire. Questo perché le tracce sono troppe e fumose, la linea guida è quasi del tutto invisibile eppure… eppure Worldless ha un qualcosa di affascinante.
Sarà il suo mondo con leggi apparentemente proprie, sarà quello scontrarsi di luci costante, quell’inseguire l’opposto in aree che compongono una sorta di costellazioni. Costellazioni che fuoriescono dalla nostra stessa faccia di luce e che fungono anche da minimappa. C’è una strana coesione e coerenza in Worldless e tutto ciò o affascina o lascia indifferenti, non ci sono vie di mezzo.
Un metroidvania a turni
Worldless è un platform 2D con combattimenti a turni e un impianto da simil metroidvania che punta tutto sull’atmosfera e sullo stile. Fondamentalmente si divide in due fasi distinte: l’esplorazione e il combattimento. L’esplorazione è abbastanza standard e in linea coi metroidvania senza enormi stravolgimenti se non, appunto, legati all’ambientazione.
Nel dettaglio, Worldless spicca per uno stile molto particolare, minimalista, quasi monocromatico. Non è estremamente complessa nell’architettura eppure quel che c’è funziona in quanto risulta coerente con tutto ciò che il titolo condivide. Un’armonia di fondo che, come per la narrazione, può o catturare o respingere senza troppe vie di mezzo.
Entrando nel dettaglio, come da metroidvania, man mano che proseguiremo l’avventura sbloccheremo nuove abilità passive legate proprio all’esplorazione. Un esempio è il dash che ci garantisce di coprire distanze maggiori. Presto potremo anche utilizzare un “bagliore” per interagire con determinati oggetti dell’ambiente.
E se te lo stai chiedendo, sì, esiste una minimappa ed è anche esteticamente stupenda in quanto nasce proprio dal volto luminoso del protagonista diventando parte integrante del titolo e della sua atmosfera. Ma, ancora una volta, è un elemento che va interpretato, come l’intera esplorazione, affidata al giocatore quasi interamente. Il che, per alcuni, può risultare spaesante e l’assenza di linee guida può portare a girovagare un po’ a vuoto.
Si combatte con stile
La seconda anima di Worldless sono i combattimenti. Questi spiccano principalmente perché ogni nemico (alcuni sono opzionali) è un “mini mondo” a sé, con propri patter, bonus e malus. Non sono tantissimi i combattimenti ma quei pochi funzionano e offrono un livello di sfida crescente e che richiede sempre più pazienza, ritmo e attenzione. Questo perché se è vero che il sistema di gioco è a turni questi sono dinamici.
Partiamo dall’ossatura del combattimento in quanto esistono due tipi di attacco e di difesa: fisico e magico. Ogni mossa a sua volta può essere poi potenziata e appresa sia assorbendo i nemici sia evolvendo il nostro personale ramo delle abilità. Selezionare la tipologia d’attacco e di difesa non risolve comunque l’intero sviluppo del combattimento che, in quanto dinamico, ci chiede d’intervenire ulteriormente.
La difesa, ad esempio, non basta selezionare tra fisica o magica ma bisogna anche intervenire a tempo. Se anticipi la difesa, perdi stamina, se la posticipi ti farai tanto male. Sottovalutare i combattimenti può portare a un veloce game over che di contro non è un vero game over se non un ritorno al momento prima del combattimento. C’è da dire che più andrai avanti nell’avventura, più Worldless diventa veloce e punitivo ma mai frustrante o proibitivo.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando siamo davanti a un titolo molto minimalista e che, un po’ come tutto, o lo si ama o lo si odia. La scelta stilistica è funzionale al racconto e al gameplay e mostra una coerenza rara donando vita a un minimondo metaforico, astratto e completamente da interpretare. Un viaggio quasi magico accompagnato da sonorità efficaci e da una colonna sonora leggiadra e in linea con quanto condiviso su schermo.
Dispiace per la totale assenza della lingua italiana anche se i testi in Worldless sono pochi e non molto complessi, la trama di per sé è già abbastanza astratta e criptica e una traduzione avrebbe agevolato un pochino il percorso di personale traduzione e costruzione narrativa. Infine, il titolo si difende molto bene in entrambe le modalità dell’ibrida Nintendo con la versione portatile che offre una marcia in più per comodità e resa visiva complessiva.