Come ho già scritto in passato introducendo in un articolo proprio il gioco che sto per analizzare qui di seguito, esistono moltissimi titoli costruiti su riferimenti a miti e leggende di ogni tipo. I richiami a queste storie antiche rappresentano un bacino pressoché inestinguibile di spunti interessanti e con questa recensione, dopo aver avuto modo di giocare al progetto sviluppato da Breadcrumbs Interactive e pubblicato da Versus Evil, ti porterò alla scoperta delle favolistiche atmosfere tipiche del folklore russo e polacco, delle quali Yaga è pregno.
Che io sia maledetto se quella non è una normale vecchietta!
Come nella più classica delle fiabe, Yaga ci catapulta ben presto alla corte di un intransigente sovrano che, dall’alto del suo trono e noncurante di quelli che sono i bisogni del popolo, maltratta una povera vecchietta giunta al suo cospetto nella speranza di poter mendicare un po’ di pane. Purtroppo per lo zar però, l’anziana signora si rivela ben presto essere in realtà la strega Baba Yaga che, dopo essersi vista cacciare in malo modo dal monarca, decide di scatenare sul regno una terribile maledizione:
Oh, io me ne vado, ma tu sii attento come non mai. Il trattamento che riservi agli altri, è quel che riceverai. Il poveretto perseguitato dalla malasorte, sarà da queste parti quando il trono vedrà la morte! Ma se di ucciderlo tu ordini con rabbia, tutto il tuo zarato diventerà sabbia!
È proprio in seguito a un breve incipit in rima baciata che facciamo la conoscenza del fabbro Ivan, il nostro sventurato protagonista. Dopo aver cercato in lungo e in largo il misterioso soggetto descritto dalla fattucchiera infatti, l’esercito dello zar si imbatte in un uomo letteralmente perseguitato dalla sfortuna che, con un solo braccio rimasto, vive insieme alla sua cara nonnina in una sperduta capanna situata a… pochi passi da palazzo.
Tralasciando le a dir poco discutibili abilità di ricerca di questi soldati, il giocatore si vedrà quindi gettato in una serie di missioni improbabili, studiate per poter mantenere il povero fabbro il più lontano possibile dal regno. Inizia così l’avventura di Ivan che, oltre a portare lo stesso nome di uno dei principali eroi del folklore russo (Ivan Zarevic), ne condividerà alcune delle imprese a oggi narrate.
Eppure sembra esserci tutto…
Il gameplay di Yaga presenta le influenze dirette tipiche dei più classici giochi di ruolo isometrici, arricchite in questo caso (se così si può dire) dall’impiego di una componente procedurale che, seppur non particolarmente approfondita, contribuisce (o almeno ci prova) a rendere il titolo più coinvolgente.
La presenza di dialoghi a scelta multipla poi, strutturati attraverso l’utilizzo di menù radiali, influirà non solo sul futuro dello sventurato Ivan ma andrà a inficiare in modo diretto anche sul gameplay vero e proprio. Le scelte che dovrà affrontare il giocatore saranno svariate e, nonostante alcune conseguenze mi siano tutto sommato sembrate di poco conto, ognuna di esse avrà un effettivo peso all’interno dell’esperienza di gioco.
Proprio come già accade in molti giochi di ruolo, il gameplay di Yaga si compone di diverse sezioni ripetute più volte: il girovagare all’interno del classico villaggio di partenza (che rappresenta quello che potremmo definire l’HUB centrale di gioco visti i mercanti al suo interno, sempre pronti a “offrirci” il loro aiuto), la fase di preparazione prima della prossima missione e infine l’esplorazione di una mappa di gioco piena di nemici da sconfiggere, materiali da rastrellare, tesori da raccogliere e tanto altro ancora.
Guardandolo anche solo di sfuggita, Yaga sembrerebbe quindi essere un titolo capace di catturare (quantomeno) l’attenzione di tutti i fan dei GDR, grazie alle sue mappe procedurali ricche di battaglie contro mostri di ogni tipo e a un sistema di crafting effettivamente in grado di regalare soddisfazioni. Nonostante questo però, seppur io appartenga indiscutibilmente alla categoria di giocatori sopra citata, l’impressione è che manchi decisamente qualcosa.
Forse il problema principale che salta agli occhi di chi gioca Yaga per la prima volta, è proprio questo: una costante sensazione di profondità ricercata in più modi, mai davvero raggiunta fino in fondo. Andiamo allora ad analizzare più nello specifico alcune delle meccaniche di gioco, così da poter identificare al meglio quelli che sono i pregi e i difetti di questo titolo.
Ma proprio tutto!
Come ho già accennato, le missioni che andrai ad affrontare in Yaga si svolgeranno all’interno di mappe procedurali piuttosto spoglie, ravvivate però non solo dalla presenza di vari mostri ma anche dalla possibilità di conoscere NPC sempre pronti ad affibbiarti qualche strambo compito da portare a termine; come ad esempio quello di un pastore che, disperato, ti chiederà di risolvere tutti gli indovinelli che le sue pecore hanno in serbo per lui. Sì, hai capito bene: pecore che fanno indovinelli.
Questo è solamente uno dei tanti esempi di dialoghi assurdi e talvolta esilaranti che potresti incontrare nel gioco e che, uniti a un doppiaggio inglese capace di cogliere a pieno le sfumature di certi soggetti a dir poco sopra le righe, rappresentano senza ombra di dubbio uno dei punti forti del titolo.
Svolgendo questi incarichi il nostro Ivan avrà la possibilità di ricevere diversi premi utili all’avanzamento nelle mappe di gioco o, perché no, al miglioramento della propria dotazione che non si limita certo al semplice martello. Soffermandoci un istante proprio sull’acquisizione di potenziamenti e oggetti utili, è importante specificare che all’interno di Yaga sono presenti due diverse valute: le Copeche, classiche monete d’oro da scambiare con mercanti o NPC e le ben piú originali Parti del corpo, un bottino lasciato cadere dai mostri e indispensabile per ottenere Talismani, Oggetti magici e altro ancora.
Che dire poi dei vari Strumenti, utili sia in battaglia che durante le fasi di esplorazione, che il nostro caro fabbro potrà scegliere di indossare a mo’ di protesi? Dall’ingegnoso Forcafrusto alla possente Zampa d’orso, il numero di possibilità date al giocatore di trovare la miglior combinazione per il proprio stile di gioco è effettivamente inaspettato. Ancora una volta però, mi è impossibile non sottolineare quel costante senso di insufficiente profondità che inquinava le mie sessioni di gioco. Addentriamoci dunque ancor di più all’interno del gameplay vero e proprio di Yaga, curiosi di scoprire se stavolta saremo più… fortunati.
Me misero, me tapino, me derelitto!
Uno dei due aspetti più interessanti di tutto quanto il gameplay di Yaga, è sicuramente dato dal dover costantemente fare i conti con la malasorte del protagonista. Segnalata al giocatore attraverso una barra viola situata nella parte alta dello schermo, la Sfortuna influenzerà (e sarà influenzata da) praticamente ogni azione che sceglieremo di compiere all’interno del gioco.
Un chiaro esempio di tale persecuzione può essere quello legato al fatto che più alto sarà il nostro indicatore della Sfortuna e maggiore sarà l’Esperienza che guadagneremo giocando; un ottimo bonus, certamente, ma solo se saremo pronti ad affrontare le conseguenze delle nostre decisioni.
Una volta che quella maledetta barra viola si sarà riempita, infatti, Ivan verrà assalito dalla spettrale sciagura che, oltre a privarlo di diversi oggetti scelti casualmente dall’inventario, potrà rompere l’arma equipaggiata in quel momento lasciandoti così a mani nude. Inutile dire che questo capiterà puntualmente durante una battaglia, magari di quelle particolarmente frenetiche e possibilmente mentre stavi sfoggiando il tuo nuovo martello nel quale avevi ingenuamente deciso di investire i materiali più rari trovati fino a quel momento.
Oltretutto non sarà in alcun modo possibile sottrarsi a uno scontro se non uscendone vincitori o vinti. Nel primo caso potrai ovviamente proseguire con l’esplorazione della mappa, imboccando uno dei sentieri che fino a un attimo prima risultavano inagibili mentre, nella circostanza in cui venissi sconfitto, saresti posto dinanzi a una scelta: non arrenderti e tornare nel bel mezzo della battaglia (opzione sfruttabile una sola volta all’interno di ogni mappa) o abbandonare la missione e rincasare, non senza però aver prima perso parte del tuo equipaggiamento.
Esposta in questi termini mi rendo conto che la difficoltà di Yaga possa risultare vicina a quella di un titolo hardcore ma ti assicuro che, purtroppo, non è così. Infatti quel che rende il titolo complesso e a tratti frustrante non è né la difficoltà dei combattimenti, che anzi risultano essere complessivamente fin troppo semplici (anche durante i vari scontri con i boss), né il pensiero di quella barra viola in costante aumento capace di spaventare solamente perché talvolta ingestibile e, proprio parlando di gestione, eccoci pronti ad affrontare i veri difetti di questo gioco.
Due ottime idee mal realizzate
Ormai è chiaro che in Yaga la Sfortuna troverà sempre e comunque il modo di salire gradualmente; sia quando ci si troverà sotto l’effetto di benedizioni e maledizioni (bonus e malus passivi), sia mentre si combatteranno caotiche battaglie contro i nemici, sia in seguito a nostre particolari scelte di dialogo. I giocatori saranno quindi spinti a cercare di amministrare la cosa per evitare di essere colti alla sprovvista e, se arrivato fino a qui ti stai chiedendo quale sia il problema di tutto questo.
E’ presto detto: Ivan verrà spesso attaccato dalla Sfortuna senza alcun apparente motivo e senza che la barra sia nemmeno lontanamente prossima al riempimento, facendo dunque capitolare su sé stessa una meccanica che, se ben gestita dagli sviluppatori, avrebbe potuto essere davvero interessante. Non posso dirti con certezza assoluta se questo sia voluta o meno, sta di fatto che se anche l’intento fosse stato quello di non far avere ai giocatori il pieno controllo del proprio destino, è innegabile (visto anche quanto segue) che Yaga avrebbe tranquillamente potuto essere un gioco migliore di quel che è.
Un’altra interessante meccanica di gameplay che rischia purtroppo di crollare su sé stessa a causa della gestione poco lungimirante delle battaglie, è quella legata ad altre due barre a schermo non ancora citate in questa recensione: la Forza di volontà e la Resistenza. Gli attacchi nemici che andranno a segno sul povero Ivan svuoteranno in un primo momento la sua Resistenza e, solamente dopo averla esaurita, potranno intaccare la sua Forza di volontà fino a ucciderlo.
L’originalità alla base di questa funzione sta tutta nel fatto che anche il giocatore, per poter attaccare, schivare o pararsi durante uno scontro, dovrà fare ricorso alla Resistenza di Ivan, dando così vita a una sorta di strategia intrinseca a ogni battaglia che avrebbe potuto sicuramente aiutare nel raggiungimento di quella tanto agognata profondità di gioco; purtroppo però, l’aggiungersi a questo di una cattiva resa a schermo dei colpi subiti rende estremamente difficile (specie nelle battaglie più convulse) gestire adeguatamente la cosa e a volte, senza ben capirne il motivo, potresti di colpo ritrovarti a essere morto stecchito.
I dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio
Eccoci arrivati, prima di gettarci in un caldo abbraccio di suoi piccoli grandi pregi, all’ultimo paragrafo dedicato a quel che non funziona all’interno di Yaga. Nonostante il gioco sia uscito da meno di una settimana, è sicuramente doveroso da parte mia tener conto di tutto quel che ho potuto notare nel corso delle mie sessioni di gioco e quindi, a inficiare maggiormente sull’ottimo potenziale del titolo (già in parte sprecato), ecco alcuni particolari sicuramente degni di nota.
Partiamo dai bug. Come ho appena detto il gioco è uscito da pochissimo e per questo motivo la presenza di qualche errore è sicuramente perdonabile, d’altro canto non si può certo dire che quelli nei quali mi sono imbattuto io fossero problemi di poco conto: si va dall’impossibilità di interagire con un oggetto di missione a quella di colpire un particolare nemico divenuto inconsistente. Entrambi imprevisti che mi hanno costretto (oltre che a ricominciare la mappa dall’inizio) a chiudere e riaprire il gioco, dato che su Yaga non è possibile in alcun modo abbandonare una missione prima di averla completata.
Oltre a questo, la presenza di una maggiore accortezza da parte degli sviluppatori avrebbe sicuramente reso Yaga nel complesso piú piacevole, ne è un esempio il fatto che sia l’interazione con i vari NPC che la rotolata di Ivan sono assegnate alla semplice pressione del tasto croce; inutile dire che ciò, specie in zone ricche di personaggi non giocanti, porterá inevitabilmente a rotolate non volute e/o dialoghi indesiderati. Pensandoci bene sarebbe bastato adottare soluzioni tanto semplici quanto banali come quella di impiegare due diversi input dello stesso comando, permettendo quindi di avviare i dialoghi tenendo premuto il relativo tasto e rotolare schiacciandolo solamente.
Infine, un possibile ulteriore difetto di Yaga è sicuramente imputabile alla poca chiarezza di alcune meccaniche non sempre spiegate adeguatamente e che risultano quindi poco intuitive. Mi riferisco soprattutto al funzionamento dei diversi tratti che il giocatore potrà scegliere di seguire nei vari dialoghi (Folle, Aggressivo, Egoista, Onesto) e alle tre statistiche principali del protagonista: Corpo, Mente e la tuttora misteriosissima Destino.
E poi, all’improvviso, una speranza
C’era chi sosteneva che il risultato di un vero sforzo creativo fosse l’inaspettato e Yaga, di cose inaspettate, ne ha sicuramente più di una. Senza ancora discostarci del tutto dal gameplay di gioco, la prima idea davvero convincente del titolo è sicuramente quella che prende corpo nella meccanica di potenziamento del protagonista, eseguibile solo ed esclusivamente al completamento di una missione.
Come già introdotto, il giocatore potrà decidere di aumentare nel corso della propria avventura i quattro diversi tratti psicologici di Ivan, andando così a determinare quelli che saranno i tre bonus passivi casuali tra i quali poter scegliere durante il Level Up. Ogni tratto avrà quindi una sua colorazione e i suoi rispettivi bonus e più ne aumenteremo uno, più alta sarà la probabilità che ci escano abilità passive appartenenti alla lista di quel particolare colore. A conti fatti, più che la comunque inaspettata presenza di ben sei finali diversi, è proprio questa meccanica a donare a Yaga un’effettiva rigiocabilità.
Bello da vedere?
Passiamo infine, spostandoci verso il comparto tecnico del gioco, a quel che Yaga sa fare davvero bene. La prima cosa è senza dubbio quella di coinvolgere i giocatori grazie a forse una delle OST più azzeccate che io abbia mai sentito in un titolo indie, un mix vincente di musica folk rumena e beat hip-hop realizzata dai gruppi Subcarpați e Argatu’. Ti assicuro che a ritmo di questa stupenda colonna sonora, persino il veder stramazzare al suolo degli ignari polli risulterà essere un passatempo divertente.
Attraverso l’utilizzo di una grafica 2D interamente disegnata a mano (che si sposa perfettamente con l’ambientazione favolistica del gioco), Yaga riesce in un certo senso a riportare il giocatore alle magiche sensazioni di stupore tipiche delle storie d’infanzia, incuriosendolo. Personalmente mi sono ritrovato più volte a cercare su internet quanto di quel che vedevo su schermo fosse effettivamente preso da reali miti e leggende. Questo coinvolgimento, grazie anche al già elogiato doppiaggio fortemente caratteristico, è sicuramente un fattore positivo e per nulla scontato.
Buona tutto sommato anche la localizzazione italiana del titolo che, nonostante la presenza di alcuni errori, riesce a mantenere alto il livello dell’originale scrittura; un compito tutt’altro che semplice specie considerando che Yaga vanta la presenza di molti dialoghi in rima.