Eccoci tornati a parlare di Ys: Memories of Celceta, un JRPG vecchia scuola che è da poco tornato in auge grazie a un porting della versione PlayStation Vita. Il gioco viene ricordato per essere molto simile ai classici del genere e per un sistema di combattimento divertente, ma vale ancora la pena giocarlo sulle nuove generazioni di console? Vediamolo insieme.
Una semplice missione?
La storia di Ys: Memories of Celceta parte nel più classico dei modi. Il protagonista della serie, Adol, torna nella città di Casnan dopo una grande avventura di cui non vediamo nulla. Questo viaggio, a quanto pare, è stato così faticoso e difficile, che Adol è ormai esausto, nonché privo di tutti i suoi ricordi: non sa perché sia partito o cosa abbia fatto prima di arrivare a Casnan.
In preda a quest’amnesia, il nostro eroe incontra un suo vecchio amico, Duran, che lo aiuta a ricostruire qualche frammento della sua vita passata. Nello stesso giorno, i due scelgono di aiutare dei minatori che sono rimasti intrappolati in una miniera piena di mostri e, dopo il salvataggio, incontrano il generale Griselda.
Questa decide di affidare ai due il compito di mappare la vicina foresta di Celceta, un territorio inesplorato e pericoloso, che causa la morte di innumerevoli avventurieri. Adol e Duran accettano volentieri: il primo per recuperare i ricordi e il secondo per la ricompensa in denaro.
Da questo incipit la trama si evolve, presentando situazioni e personaggi più o meno interessanti. Tuttavia, nonostante ci siano alcuni momenti degni di nota, non si arriva mai alla profondità di tematiche vista in altri giochi del genere. La storia si lascia sicuramente seguire ma, detto in poche parole, non è niente di speciale.
Esplorando i vari luoghi, Adoro recupererà dei ricordi che, poco alla volta, approfondiscono il suo passato e delineano almeno in parte il suo carattere. Questi sono sicurmente interessanti per i fan della serie, dato che portano informazioni inedite, ma anche in questo caso non dobbiamo aspettarci rivelazioni travolgenti.
Il vero piatto forte
Il vero motivo per cui giocare Ys: Memories of Celceta è il gameplay vero e proprio. Questo, pur con qualche difetto di troppo, riesce comunuqe a essere divertente fino alla fine, grazie a tanti piccoli dettagli che caratterizzano il sistema di combattimento. Come in ogni JRPG che si rispetti, possiamo esplorare le varie aree di gioco con il nostro gruppo di eroi. Incontreremo nemici e alleati, scopriremo nuovi luoghi e diventeremo progressivamente più potenti.
L’esplorazione avviene in aree sviluppate principalmente in orizzontale e vista attraverso una telecamera fissa, che oggi risulta un po’ datata, dato che non può essere ruotata o spostata.
Esplorando i vari scenari possiamo ottenere risorse e oggetti, che come al solito ci tornano utili per potenziare il nostro gruppo. La foresta di Celceta è molto grande, divisa in varie aree collegate tra loro che contengono le diverse missioni principali e secondarie. Proseguendo nella trama ci imbattiamo spesso in zone opzionali, che solitamente contengono oggetti o obiettivi delle side quest. Peraltro, svolgere queste ultime è utile per aumentare la percentuale di completamento della mappa, ottenendo quindi soldi e ricompense extra.
In ogni villaggio, infatti, possiamo accedere a una serie di missioni secondarie, che spesso sono semplici incarichi di caccia o di ricerca. Portarli a termine, però, è utile sia per ricevere la ricompensa, sia per proseguire con la già accennata mappa di Celceta. In alcuni casi, poi, tornare nei luoghi già esplorati con personaggi nuovi (che magari abbiamo incontrato dopo), ci permette di accedere a nuove aree o oggetti. Un piccolo ciclo ben strutturato, che però soffre di una certa ripetitività delle missioni stesse.
Come accennato poco fa, l’esplorazione della foresta viene spesso interrotta da aree inaccessibili, che poi verranno sbloccate successivamente con l’ottenimento di abilità particolari. Questo però non è un difetto, dato che lascia sempre la curiosità di sapere che cosa siamo costretti a lasciarci indietro.
In ultimo, va detto che l’esplorazione dei dungeon è molto più divertente rispetto a quella delle semplici aree di gioco. Spesso, infatti, questi vantano un level design interessante, con piccoli enigmi da risolvere.
Tra spade e magie
Il sistema di combattimento di Ys: Memories of Celceta è la parte più riuscita del titolo. Nonostante all’inizio possa sembrare banale, con il proseguire dell’avventura sblocchiamo nuovi personaggi e abilità, che ci consentono di adottare uno stile di gioco personale.
Le basi sono semplici: abbimo un tasto per la combo base, uno per schivare e uno per parare. A questo si aggiungono delle abilità individuali, che vantano un danno maggiore o effetti aggiuntivi (come lanciare un nemico in aria per breve tempo). Queste possono essere “spammate” purché si abbiano abbastanza SP.
Questi ultimi possono essere ricaricati tramite i nostri attacchi base: se tra un fendente e l’altro della combo base lasciamo passare un po’ di tempo, otteniamo un potenziamento che ci permette di ricaricare gli SP per le skill. Utilizzando le skill, poi, possiamo caricare una barra che permette di utilizzare un potente attacco finale, in grado di causare ingenti danni. Abbiamo quindi un intelligente circolo vizioso che combina attacchi base, abilità e debolezze nemiche.
Di fatto, ogni mostro è debole o resistente a determinati tipi di attacchi: i nemici dai tessuti molli sono deboli ai fendenti, quelli coperti da dure corazze subiscono più danni da attacchi contundenti e quelli volanti (ma non solo) vanno affrontati con colpi penetranti. Un sistema semplice ed efficace, che costringe a cambiare continuamente personaggio per adattarsi alle varie situazioni.
Questo aggiunge tanta varietà agli scontri e, unitamente al sistema di skill, cancella il rischio di button mashing nudo e crudo. Tra debolezze nemiche, abilità e combo, abbiamo tanti modi per combattere. Infine, abbiamo anche la possibilità di ottenere dei bonus temporanei grazie alla prontezza di riflessi, parando o schivando all’ultimo momento.
Un ottimo sistema action quindi, che sicuramente è il piatto forte di Ys: Memories of Celceta. Anche in questo caso, però, c’è un difetto. La componente ruolistica del gioco è davvero limitata e raramente ci ritroviamo a spendere troppo tempo nei menù. La progressione dei personaggi si limita ai livelli, alle abilità e ai nuovi pezzi di equipaggiamento ottenuti.
In teoria è possibile potenziare le nostre armi con un interessante sistema di crafting, che consente di ottenere determinati bonus in base agli oggetti utilizzati. Una buona idea, che però diventa totalmente inutile data la facilità con cui è possibile ottenere nuovi pezzi di equipaggiamento. Perché perdere tempo a potenziare un’arma, quando poco tempo dopo ne posso ottenere una più potente?
Vecchia scuola anche nella grafica
Il comparto tecnico di Ys: Memories of Celceta è il punto più debole del gioco. La versione PlayStation 4, infatti, è praticamente un porting della versione PlayStation Vita. I miglioramenti tecnici sono davvero pochi e il risultato finale lascia molto a desiderare. La grafica, che già non era eccelsa sul piccolo schermo di Vita, ora risulta davvero difficile da digerire: le texture sono poco dettagliate, i modelli sono spigolosi, le animazioni sono datate e i paesaggi lasciano molto a desiderare sui grandi schermi dei salotti domestici.
Va menzionata anche l’interfaccia, che risente fin troppo della portatilità d’origine. I menù e i box di dialogo sono grandissimi, occupando praticamente tutto lo schermo. Questo aveva senso sulla versione PlayStation Vita, ma è meno piacevole sul grande schermo di una console domestica.
Il comparto artistico è accettabile, ma soffre di una certa mancanza di originalità. Personaggi, paesaggi e mostri sono belli, ma hanno anche una spiacevole sensazione di “già visto”. Gli stessi personaggi sono troppo simili ai classici archetipi nipponici.
Infine, il comparto sonoro è ottimo, grazie a musiche sempre orecchiabili e adatte a ogni situazione.